23/09/2025, 23.43
RUSSIA-CINA
Invia ad un amico

La Forza della Siberia non prende forza

di Vladimir Rozanskij

Nonostante gli annunci Pechino continua a prendere tempo per la realizzazione del gasdotto che rappresenterebbe l'ancora di salvezza per Gazprom. Considerazioni politiche e finanziarie rendono piuttosto complicato l’accordo sui parametri del contratto da concludere. Mentre per soddisfare il suo fabbisogno che crescerà dopo il 2030 la Cina guarda anche ad altri fornitori.

Mosca (AsiaNews) - Il gas russo è molto necessario alla Cina, ma Pechino continua a prendere tempo per la realizzazione del gasdotto “Forza della Siberia – 2”, che Vladimir Putin sta chiedendo ormai da anni e che sarebbe l’ancora di salvezza di Gazprom, il colosso gas-petrolifero russo ridotto ai minimi dopo quattro anni di guerra e di sanzioni occidentali.

Eppure, le trattative a Pechino lo scorso 2 settembre tra Putin, Xi Jinping e il presidente della Mongolia, Ukhnaagiin Khürelsükh, avevano fatto ben sperare ai russi, tanto più nello splendore della parata militare del “fronte orientale” del 3 settembre in piazza Tiananmen. Dall’analisi delle necessità dell’economia cinese si capisce che le forniture del nuovo impianto sarebbero quanto mai necessarie entro il 2030, e alla realizzazione del progetto servono giusto cinque anni. La Cina deve selezionare accuratamente le consegne dall’estero in previsione di varie crisi geopolitiche, la Russia deve in qualche modo compensare le sempre minori esportazioni verso l’Europa.

Le considerazioni politiche e finanziarie rendono peraltro piuttosto complicato l’accordo sui parametri del contratto da concludere, come spiega anche un’analisi di Carnegie Politika ad opera dello specialista di Berlino Sergej Vakulenko, riportata su Meduza. Attualmente la Cina è per la Russia l’unico acquirente in grado di assorbire le quantità di gas che la Russia è in grado di produrre, e la questione non riguarda soltanto il mercato europeo, in quanto neanche l’Europa sarebbe in grado di smaltire tutte le riserve della Jamalja siberiana, e garantire alla Russia i rispettivi guadagni.

Anche prima della guerra in Ucraina, Gazprom insisteva per nuovi progetti di consegne al mercato cinese a prezzi molto convenienti, considerando che la geologia dei giacimenti in Jamalja permettono di mantenere la produzione con spese molto contenute. Questa zona era già stata messa a produzione intensiva fin dal 2010, con l’apertura della fonte estrattiva di Bovanenkov, che aveva aggiunto miliardi di metri cubi con costi davvero convenienti. Il gasdotto dalla Jamalja alla Cina, il progetto “Forza della Siberia – 2”, è apparso fin da subito molto ambizioso, e anche piuttosto costoso: la distanza dalla fonte di Urengoj fino alla frontiera mongola è pari a quella con la frontiera dell’Ucraina, a cui si aggiungono quasi mille chilometri sul territorio mongolo. E comunque, a conti fatti, le consegne risulterebbero più economiche di quelle verso l’Europa, attraverso l’Ucraina, a prescindere dalla guerra.

La Cina utilizza attualmente oltre 400 miliardi di metri cubi di gas all’anno, il 60% provenienti da estrazioni proprie, e il 40% dall’importazione, di cui circa la metà arriva dai gasdotti provenienti dalla Russia e dal Turkmenistan, mentre l’altra metà dell’export è costituita da gas liquido naturale. Allo stesso tempo, la Cina è già oggi uno dei leader nel campo delle energie rinnovabili, destinate a crescere di molto nell’immediato futuro. La quota del gas nella fornitura di energia elettrica del Paese è ancora piuttosto bassa, mentre la parte carbonifera rimane al di sopra del 50%, e la sostituzione del carbone con il gas sarebbe fondamentale per ridurre le percentuali di CO2 di quasi la metà, migliorando di molto la qualità dell’aria soprattutto nelle grandi metropoli, un compito prioritario per la Cina di oggi.

Secondo le previsioni degli specialisti della Cnpc, la principale compagnia petrolifera cinese, la richiesta di gas in Cina si alzerà fino a 600-670 miliardi di metri cubi entro il 2040, e l’industria patriottica potrà spingersi al massimo alla produzione di 310 miliardi, per cui nella seconda metà degli anni ’30 i cinesi avranno la necessità assoluta di importare il gas dall’estero. Oggi questo avviene anche dal Qatar, dall’Australia, dalla Russia e dalla Malaysia, con un 15% di esportatori minori; e la Cina li cerca a tutte le latitudini, come in Tanzania e altre nazioni. Ma la gara è aperta, e i russi devono dimostrare di essere più convenienti e più rapidi, senza perdere troppo tempo a lanciare missili sull’Ucraina.

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Non solo affari dietro la visita di Putin in Italia
14/03/2007
Mosca e Pechino si accordano: 400 miliardi di dollari per 30 anni di gas naturale
21/05/2014
L’arroganza di Mosca umiliata dal gas turkmeno a Pechino
17/12/2009
Hu a Mosca per rinsaldare i rapporti politici ed economici
26/03/2007
In crisi il ruolo leader della Gazprom nell’energia
12/06/2009


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”