10/11/2009, 00.00
PAKISTAN - UE
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La blasfemia in Pakistan e l’attacco al crocefisso della Corte europea

di Bernardo Cervellera
Alcuni rappresentanti di Giustizia e Pace in Pakistan cominciano oggi da Roma una campagna in Europa (Francia, Olanda, Belgio, Germania) per sensibilizzare le Chiese e la società europea sulla piaga della blasfemia e l’oppressione delle minoranze in Pakistan, in particolare quella cristiana. Singolare unità di intenti tra i fondamentalisti islamici e i relativisti europei.
Roma (AsiaNews) - Alcuni rappresentanti di Giustizia e Pace in Pakistan cominciano oggi da Roma una campagna in Europa (Francia, Olanda, Belgio, Germania) per sensibilizzare le Chiese e la società europea sulla piaga della blasfemia e l’oppressione delle minoranze in Pakistan, in particolare quella cristiana.
 
AsiaNews ha deciso di sostenere la loro battaglia. Del resto, fin dalla sua nascita 6 anni fa la nostra agenzia ha nel sostegno alla libertà religiosa uno dei pilastri della sua informazione.
 
I cristiani del Pakistan sono circa 4 milioni in un mare di oltre 160 milioni di musulmani. Questa piccola minoranza di fedeli chiede dunque che venga cancellata dalla legislazione del Paese la famigerata legge sulla blasfemia. Questa legge, in vigore dal 1986, commina la prigione e la pena capitale per tutti coloro che offendono il Corano o Maometto. In questi 23 anni quasi mille persone sono state accusate di questo crimine e diverse centinaia sono state uccise. Negli ultimi anni, almeno 50 cristiani sono stati torturati ed eliminati per questo delitto e molti villaggi e chiese cristiane sono stati distrutti e bruciati. L’ultimo episodio in ordine di tempo è quello di Koriyan e Gojra, dove migliaia di musulmani hanno attaccato case dei cristiani e chiese per una falsa accusa di blasfemia e hanno ucciso 7 persone, fra cui donne e bambini arsi vivi. Queste uccisioni avvengono così, senza processo, con una giustizia sommaria da parte di folle inferocite, aizzate dai loro imam o da parte delle guardie carcerarie, conniventi nel fanatismo o corrotte.
 
Nel dossier di AsiaNews (Salvate i cristiani e il Pakistan dalla legge sulla blasfemia), riportato pure nel numero cartaceo di novembre, ci si può rendere conto che questa legge è in realtà uno strumento abusato per eliminare avversari politici, concorrenti nel commercio, vicini di casa e per mettere a tacere le minoranze cristiane, indù, sikh, ahmadi, e perfino la minoranza islamica sciita. Essa è di fatto una bomba ad orologeria che rischia di far deflagrare tutta la società pakistana dividendo gli uni dagli altri e tradendo gli ideali laici da cui è nato il Paese nel 1948, che escludeva ogni discriminazione religiosa, valorizzando l’apporto di ogni comunità.
 
La legge sulla blasfemia, come pure diverse leggi che si ispirano alla sharia in Pakistan, sono segno di una crescente islamizzazione del Paese, sottoposto alla pressione militare e culturale talebana, e alla chiusura verso la modernità degli imam che predicano e insegnano nelle pullulanti madrassah.
 
Questa campagna può suggerire qualcosa alla nostra Europa? Il mondo europeo e italiano, impegnato in Afghanistan in una sfibrante guerra, capisce sempre di più che non può vincere solo militarmente, ma accostando anche il problema culturale del rapporto fra Islam e modernità, islam e convivenza con altre religioni e minoranze.
 
Un Pakistan riconciliato potrebbe avere un benefico influsso anche sul vicino Afghanistan.
 
La campagna contro la blasfemia cade proprio a pochi giorni dalla curiosa sentenza della Corte europea per i diritti umani che proibisce l’esibizione dei crocefissi nelle scuole pubbliche, perché li considera offensivi verso bambini di altre religioni o atei.
 
C’è un legame fra queste due posizioni. Non per nulla, anni fa proprio un musulmano integralista ha domandato la stessa cosa all’Italia. Curiosamente la vuota tolleranza relativista e il fondamentalismo islamico tendono verso la stessa conclusione: eliminare i segni e le personalità cristiane: in Pakistan con la blasfemia; in Europa con una “blasfemia” contro le offese al credo relativista.
In entrambi i casi noi proponiamo una convivenza fra identità, senza dover nascondere il proprio volto; la garanzia di poter lavorare con la propria fede per il progresso dei popoli.
 
Noi crediamo ci sia in atto una strana connivenza fra il relativismo anti-cristiano e il fondamentalismo islamico, motivato forse dall’odio verso le radici cristiane e dagli interessi economici. Non si spiega altrimenti l’appoggio che viene da diversi Paesi occidentali ad accettare la possibilità della sharia fra le comunità islamiche in Europa, o l’appoggio verso risoluzioni Onu, volute in origine dai Paesi islamici, che vorrebbero attuare una legge contro la blasfemia a livello internazionale. Queste risoluzioni, se attuate, potrebbero scardinare la convivenza mondiale.
 
Ancora una volta bisogna affermare il valore profetico del discorso di Benedetto XVI a Regensburg. In esso egli chiedeva alle religioni (e all’Islam fondamentalista) di rinunciare alla violenza, come irrazionale e contraria a Dio; allo stesso tempo domandava al mondo occidentale di riprendere a guardare a Dio e alla religiosità non come a un impedimento della ragione, ma come la sua completezza.
 
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