01/08/2025, 08.45
ASIA CENTRALE
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La corsa ai droni dilaga anche in Asia Centrale

di Vladimir Rozanskij

I cinque Paesi della regione moltiplicano gli acquisti dalla Turchia, dalla Cina, dalla Russia e dall’Iran di questi dispositivi sempre più utilizzati anche nei conflitti e stanno aprendo linee di produzione propria in accordo con i partner stranieri. I sospetti sulle triangolazione che permetterebbero di rifornire la Russia aggirando le sanzioni.

Astana (AsiaNews) - I Paesi dell’Asia centrale stanno acquisendo con grande intensità le tecnologie dei velivoli senza pilota, importando droni militari e a doppia destinazione dalla Turchia, dalla Cina, dalla Russia e dall’Iran, e aprendo linee di produzione propria in accordo con i partner stranieri. La maggior parte di questi progetti si trova ancora ad uno stadio iniziale, ma gli esperti avvertono che si tratta di una svolta molto significativa per il potenziale bellico della regione, che possono trasformare l’Asia centrale in uno snodo strategico per l’aggiramento delle sanzioni e i grandi giochi della geopolitica.

Fino a dieci anni fa, l’uso dei droni nelle azioni militari era proprio di un gruppo limitato di Paesi. come Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele. Oggi questi apparecchi sono diventati un elemento cruciale dei conflitti armati in tutto il mondo, giocando un ruolo decisivo negli scontri della striscia di Gaza, in Libano e in Siria, per non parlare della guerra tra Russia e Ucraina, dove i droni hanno provocato più vittime di qualsiasi altro tipo di arma. La maggior parte dei droni è manovrata dagli operatori, ma spesso la liquidazione degli obiettivi viene decisa dall’intelligenza artificiale, e si discute sulla necessità di vietare queste varianti a livello internazionale.

Come afferma il direttore della Oxus Society, il centro di analisi militari per la sezione dell’Asia centrale, Michael Hilliard, fino ai recenti conflitti solo tre dei cinque Paesi centrasiatici avevano le risorse necessarie per l’utilizzo di velivoli con ali fisse, dipendendo in gran parte dagli avanzi dei vecchi elicotteri sovietici, considerando che “gli aerei sono estremamente costosi, mentre i droni hanno modificato totalmente il quadro della situazione”. Il parco più ampio di questi apparecchi è quello del Kazakistan, che è ormai in grado di costruire droni di produzione propria, oltre ai mezzi d’importazione. Un arsenale significativo è anche quello del Kirghizistan, mentre il Tagikistan possiede droni russi, cinesi, iraniani e anche americani.

Le maggiori ambizioni in questo campo sono quelle dichiarate dall’Uzbekistan, con grandi importazioni di droni negli ultimi tempi da tutti i mercati disponibili, per lo più a doppia destinazione civile e militare, alcuni su contratto commerciale, altri in seguito ad accordi di cooperazione internazionale. Taškent non possiede le infrastrutture al livello del Kazakistan, ma esprime una volontà politica e strategica molto decisa nel cercare di creare un ramo specifico per i velivoli senza pilota, come assicura Hilliard.

L’analista del commercio e produzione militare Derek Bisaccio ritiene che il maggior successo in questo mercato vada attribuito alla Turchia, che rifornisce di droni Bayraktar TB2 il Turkmenistan, il Kirghizistan e l’Uzbekistan, mentre in Kazakistan esporta principalmente gli Anka a scopo variabile, prodotti dalla compagnia Turkish Aerospace Industries. Solo il Tagikistan non acquista droni dalla Turchia, tra i cinque Paesi della regione, e comunque è difficile determinare con precisione i dati di questi affari e i volumi degli arsenali, che non vengono comunicati dai vari governi.

Per la produzione interna, i centrasiatici prendono esempio dalla Russia, che ha acquistato la tecnologia dei droni-kamikaze Shahed-136 dell’Iran, aprendo intense linee di produzione con una nuova denominazione di Geran-2, ampiamente usati negli attacchi contro gli obiettivi dell’Ucraina. L’accordo per questi modelli tra il Kazakistan e la Turchia risale al 2022, e dopo l’addestramento necessario la produzione è iniziata nel 2024 nella città di Taraz, nel sud del Paese, ma secondo gli scarsi dati a disposizione finora non si è ancora giunti a risultati effettivi.

A gennaio 2025 è stato comunicato che la compagnia cinese Yesil Technology ha investito in Kazakistan 12 milioni di dollari per la produzione di droni per lavori agricoli, in cambio di acquisti di materie prime per creare “un ecosistema circolare”, sviluppato dall’attività di 300 droni al mese. Secondo Hilliard, questo “sistema” potrebbe essere uno degli espedienti per far arrivare in Russia altri droni evitando le sanzioni, alimentando la “circolazione della guerra”.

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