La crisi dei docenti nelle scuole russe
Tra i diplomati degli istituti pedagogici solo il 42% va a lavorare nella scuola e sono numerosi anche gli insegnanti che abbandonano la professione. Pesano le disparità nelle retribuzioni tra Mosca e le periferie del Paese ma anche l'impostazione sempre più ideologica dell'intero ordinamento.
Mosca (AsiaNews) - Gli istituti pedagogici sono in grave crisi in Russia: un quarto degli studenti abbandona gli studi prima di concludere il percorso, e anche tra quelli che si diplomano soltanto il 42% va a lavorare nella scuola, come ha dichiarato il ministro del lavoro Anton Kotjakov. Secondo i suoi calcoli, è necessario formare o restituire alla professione almeno 200 mila docenti entro il 2030.
L’agenzia Novaja Gazeta Evropa ha cercato di ascoltare la voce degli insegnanti, per capire i motivi delle difficoltà attuali. La giovane Aljona, 26 anni, lavora in una scuola della provincia di Mosca, mentre ancora cerca di laurearsi alla facoltà di arte figurativa, e pur di non farsela sfuggire la scuola le ha dato due giorni liberi in più alla settimana, insegnando quindi disegno ai ragazzi. Lei riesce a svolgere il suo compito con soddisfazione, “la mia materia piace ai ragazzi e non fa parte di quelle da portare poi alla maturità, è un modo per evadere da tutte le cose brutte del mondo che ci circonda”. Molto meno divertente è la parte burocratica, con tutta la programmazione e i consigli obbligatori, e la cosa più fastidiosa “è la necessità di filtrare tutti i contenuti dei social, per evitare qualunque malinteso”.
Alla fine Aljona ha comunque lasciato la scuola, che oltre all’ansia di non cadere in qualche problema, finiva per essere troppo poco remunerativa. Gli stipendi vengono aumentati solo per chi insegna nelle scuole di Mosca, oppure accetta di andare a lavorare “nelle campagne più sperdute della Russia”. Quest’anno il corpo docente si aspettava un adeguamento di oltre il 13% degli stipendi, come era stato promesso; ma l’impegno non è stato mantenuto a fronte della grande inflazione e dell’impossibilità di contenerla con misure finanziarie, visto anche che l’amministrazione scolastica viene gestita dalle regioni.
Anche Irina, 28 anni, si era messa a insegnare lingua e letteratura russa mentre ancora preparava la tesi all’università, pur di rendersi autonoma dai genitori e andare a vivere per conto suo. Inizialmente il rapporto con gli alunni le piaceva molto, ma già da quelli di più di 10 anni ha cominciato ad avere delusioni, per volgarità e atteggiamenti aggressivi, certo tipici dell’età, ma anche come conseguenza delle martellanti “esercitazioni patriottiche” e addestramenti paramilitari. Su consiglio dei dirigenti della scuola ha cercato di far venire i genitori a controllare i loro figli direttamente in classe, ma neanche questo ha funzionato, tanto più che alcuni di essi, soprattutto i padri, si schieravano dalla parte dei figli. Dopo tre mesi Irina non ce l’ha più fatta, e ha lasciato il lavoro prima della fine dell’anno.
Gli stipendi degli insegnanti sono comunque molto vari, dai 1.500 euro mensili nelle scuole di Mosca ai 250 della regione di Ivanovo, a soli 300 km da Mosca. Anche in Siberia ci sono disparità evidenti, come i 400 euro della regione dell’Altaj a confronto dei 1.300 di quelle vicine di Magadan e della Čukotka, che godono di sussidi statali più consistenti. Nel servizio si riportano esperienze simili di molti altri giovani insegnanti, delusi dal salario insufficiente o dall’impostazione ideologica dell’intero ordinamento, che obbliga spesso gli insegnanti a controllare i messenger e social network dei ragazzi.
I manuali per le varie materie sono unici e obbligatori, a differenza di qualche anno fa, quando c’era un’ampia scelta, e questo riguarda perfino le materie scientifiche che non dovrebbero assumere contenuti imposti dall’alto, come è molto evidente per la storia e la letteratura. Per la matematica si deve insegnare anche una materia come “probabilità e statistica”, ma solo per usarla in chiave di verifica del consenso ai “grandi valori”. E non si possono saltare i “discorsi sulle cose importanti”, ripetendo all’infinito i principi fondamentali della retorica di Stato. Alcuni docenti usano quest’ora di “educazione patriottica” per fare ripetizioni, concerti o concorsi, cercando di presentarli come “utili per lo stato d’animo” dei ragazzi, ma su di essi poi si abbatte la scure degli ordini superiori, e finisce quasi sempre con l’abbandono o il licenziamento, lasciando le scuole russe in balia della più trita e deprimente istruzione di massa.
26/04/2019 10:58
27/10/2018 08:00