20/10/2025, 08.46
ASIA CENTRALE
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La crisi dei rifiuti nell'Asia Centrale

di Vladimir Rozanskij

La rapida urbanizzazione ha tra le conseguenze il pullulare di enormi discariche in contesti in cui solo una piccola percentuale di rifiuti viene riciclata. Nel solo Tagikistan ogni anno si accumulano oltre 2 milioni di materiali di scarto, che occupano nell’insieme oltre 300 ettari di territorio.

Dušanbe (AsiaNews) - L’improvvisa crescita dell’edilizia e la rapida urbanizzazione dei Paesi dell’Asia centrale, nel contesto di un notevole aumento demografico, hanno tra le conseguenze negative la quasi totale assenza di sistemi di smaltimento dei rifiuti. Ne viene riciclata solo una piccola percentuale, il resto viene ammassato in enormi discariche, dove i rifiuti vengono sotterrati o bruciati inquinando l’aria, l’acqua, il terreno e trasformando le zone limitrofe in lande desolate di disastro ecologico.

Nel più povero dei cinque Paesi dell’Asia centrale, il Tagikistan, i container e i mucchi di rifiuti sono da tempo una parte abituale del paesaggio urbano. Non esiste di fatto la selezione dei rifiuti, e la lavorazione si limita a sporadiche iniziative private, mentre il grosso degli scarti marcisce nelle discariche. Secondo i dati ufficiali, in Tagikistan si contano almeno 70 grandi spazi di raccolta. Come afferma l’eco-attivista indipendente Timur Idrisov, abitante di Dušanbe, “nessuno di questi corrisponde agli standard contemporanei”. Non esiste alcun tipo di raccolta differenziata, e tutto viene buttato in bidoni unici, e solo qualche decina di piccole aziende cerca di dare una seconda vita alla plastica, al metallo e ad altre categorie di rifiuti. Come assicura Idrisov, il problema si trascina nel Paese fin dalla sua indipendenza e discende anche da pratiche del periodo sovietico, nonostante le dichiarazioni delle autorità di volerlo finalmente affrontare.

In un recente incontro del presidente tagico Emomali Rakhmon con i rappresentanti del Comitato per la difesa dell’ambiente, è stato dichiarato che ogni anno si accumulano nel Paese oltre 2 milioni di tonnellate di rifiuti solidi, che occupano nell’insieme oltre 300 ettari di territorio, creando l’urgente necessità di costruire aziende di lavorazione dei rifiuti in tutte le regioni del Tagikistan. È stata quindi redatta una strategia nazionale per la gestione dei rifiuti fino al 2040, che dovrebbe essere a breve concretizzata dal governo. Una delle possibili decisioni sarebbe l’applicazione di una tassa sui rifiuti secondo il principio “paghi secondo il volume di quanto accumuli”, o del principio della responsabilità estesa dei produttori (Rop), obbligando le aziende a riutilizzare i propri articoli e confezioni.

Il meccanismo del Rop è stato istituito in Kazakistan nel 2016, per lo smaltimento di alcune categorie di rifiuti, creando un utile che viene indirizzato all’ulteriore raccolta e lavorazione degli stessi. Secondo la presidente dell’Associazione degli ecologisti kazachi, Laura Malikova, lo schema ha mostrato una certa efficacia, aumentando la quota di sfruttamento delle confezioni dal 2,6% del 2016 al 21% del 2021, grazie all’azione del programma specifico EcoQolday. Purtroppo, dopo i tragici fatti del gennaio 2022 l’intero sistema è stato annullato, anche per l’emarginazione dell’ex-presidente Nursultan Nazarbaev e dei membri della sua famiglia, che erano i più attivi nell’installazione del Rop. Ad Almaty nei giorni scorsi un enorme incendio dei rifiuti si è protratto per diversi giorni, intossicando l’intera popolazione della zona.

Anche in Kirghizistan negli ultimi tempi si sono moltiplicati gli incendi e le nubi di fumo tossico in diverse zone, ripresi dal fotografo ed eco-attivista Vladislav Ušakov, uno degli iniziatori della mappa interattiva ecomap.kg in cui vengono fissati gli obbiettivi ecologici e di custodia ambientale del Paese. Egli esprime il suo scetticismo sulle possibilità del recupero della plastica, che a suo parere, a differenza della carta o dell’alluminio, non consente rielaborazioni ripetute, finendo per “lasciare in giro la stessa spazzatura in varie forme”. A dicembre 2025 è prevista l’apertura a Biškek del primo grande inceneritore, che dovrà smaltire fino a mille tonnellate di rifiuti al giorno, per produrre 30 megawatt all’ora di energia elettrica. Altri progetti sono previsti a Oš, Balyčka e Aj-Sujsk nella provincia di Issyk-Kul, dove alcune compagnie cinesi stanno progettando inceneritori e stazioni differenzianti.

Progetti simili sulla carta dovrebbero partire anche in Uzbekistan, secondo la tecnologia Waste to Energy in 11 regioni, sempre con finanziamenti cinesi e degli Emirati arabi uniti, uno dei quali è già stato inaugurato e prevede un investimento da 1,28 miliardi di dollari. Per ora si parla principalmente di incenerimento e distruzione dei rifiuti, mentre in Europa e altrove la prima urgenza è la differenziazione, con i contenitori di diversi colori nei cortili e sulle strade, che in Asia centrale nessuno ha mai visto.

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