17/10/2007, 00.00
MYANMAR
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La giunta “elimina” i soldati che hanno sparato sui monaci

I generali cercano così di cncellare prove e testimoni della repressione di fine settembre, qualora fossero chiamati a risponderne in futuro. Continuano gli arresti e le manifestazioni filo-governative inscenate dal regime: alcuni birmani vengono fatti vestire con abiti delle minoranze etniche per far credere che anche queste sostengano il governo contro l’Occidente. L’Onu ottiene solo l’“appoggio” dell’Asean, che esclude sanzioni contro la giunta.

Yangon (AsiaNews) – La repressione in Myanmar si ritorce contro lo stesso esercito che l’ha attuata. Secondo fonti attendibili di AsiaNews nel Paese, a Mandalay e Yangon circolano voci che la giunta stia “eliminando” fisicamente i militari, che hanno sparato sui monaci e i manifestanti nelle dimostrazioni anti-regime di fine settembre. In questo modo - spiegano le fonti - i generali vogliono cancellare prove e testimoni, qualora in futuro fossero chiamati a rispondere delle violenze ordinate.

Ieri sera, in un breve annuncio sulla Tv di Stato, la giunta ha fatto sapere che continuano gli arresti di chi ha partecipato alle dimostrazioni innescate dal caro benzina deciso ad agosto: delle 2.927 persone arrestate, 468 sono ancora in carcere. I dati riguardano gli arresti effettuati il 26 e 27 settembre, giorni in cui la tensione è stata più alta. Ma da allora i militari hanno continuato ad incarcerare gli oppositori, basandosi sulle foto dei cortei. Secondo stime non ufficiali i detenuti superano i 6mila.

Di pari passo con arresti e torture, i generali portano avanti la loro campagna di propaganda interna. Inscenando manifestazioni a loro favore, tentano di unire la popolazione contro i Paesi occidentali - primi responsabili, a loro dire, della crisi - ed il movimento guidato dai monaci buddisti. “Le autorità – raccontano alcuni contadini nella regione di Sagayng, nord di Mandalay - costringono ogni villaggio a mandare 400-500 persone a questi cortei; chi non aderisce rischia mesi di carcere o una multa molto salata. Ieri è successo proprio a noi, ma rifiutiamo di gridare gli slogan imposti dai militari”. A volte la gente viene convocata in stadi o ampi spazi pubblici alle 5 di mattina, si aspetta poi fino alle 8, quando “arrivano alcuni funzionari a leggere discorsi infarciti di condanne all’Europa e agli attivisti per la democrazia, per educare i partecipanti”. Nella città di Monywa, durante queste manifestazioni alcuni birmani, inoltre, sono stati costretti ad indossare gli abiti tradizionali di alcune minoranze etniche, così da dimostrare che anche questi gruppi appoggiano il governo.

I villaggi sono pieni di monaci fuggiti dai grandi monasteri, messi sotto assedio dai militari che li controllano giorno e notte. “Alcuni dei religiosi scelgono di vestire abiti civili per non dare nell’occhio – raccontano abitanti della zona di Mandalay – ma lasciano appeso al braccio il tipico cordoncino giallo a testimoniare che non abbandonano il loro ruolo”.

Non si ferma neppure il pressing della comunità internazionale per convincere i generali ad interrompere gli arresti, rilasciare i prigionieri politici e dare il via al dialogo con l’opposizione. Il Giappone ha tagliato gli aiuti (pari a 4,7 milioni di dollari) al Myanmar, mentre l'Unione Europea ha inasprito le sanzioni e il presidente Usa, George W. Bush, minaccia l'adozione di nuove misure contro la giunta. La Thailandia, da cui è iniziato il nuovo tour asiatico dell’inviato Onu Ibrahim Gambari, ha proposto un forum regionale che includa Cina e India, per spingere il governo birmano a compiere riforme democratiche. Ieri in Malaysia Gambari ha ottenuto solo l’ “appoggio” dell’Associazione dei Paesi del sud-est asiatico (Asean) alla missione Onu per uscire dalla crisi in Myanmar. Il ministro degli Esteri, Syed Hamid Albar, ha però ribadito che l’Asean, di cui l’ex Birmania è membro, non sospenderà, né varerà sanzioni contro la giunta.

 

 

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