La plastica indiana soffoca il Ram Setu, il 'ponte di Adamo'
Una nuova emergenza ambientale ha colpito lo stretto che separa le coste indiane dallo Sri Lanka, rischiando di affossare turismo e pesca. Cumuli di plastica spesso trasportate dalle correnti dal gigante indiano nella regione di Mannar. Ad alimentare il problema le correnti monsoniche che trasportano le polveri, più difficili da raccogliere. A livello globale pesa la mancata ratifica o applicazione di accordi e trattati.
Colombo (AsiaNews) - Un’emergenza ambientale ha colpito lo Sri Lanka rischiando di assestare un durissimo colpo tanto al turismo quanto alla pesca, due fra le risorse primarie dell’economia della nazione asiatica. Attualmente, le coste di Mannar (nella Northen Province) sono infatti sepolte da consistenti cumuli e ondate di plastica provenienti non solo dall’interno del Paese, ma anche e soprattutto dalla vicina India per un “inquinamento trans-frontaliero”. Secondo le stime degli ambientalisti, quest’anno il fenomeno è persino peggiore del recente passato. Di conseguenza, la costa meridionale che conduce al ponte di Adamo - noto anche come Ram Setu, catena calcarea lunga 48 km che collega l’isola di Pamban o quella di Rameswaram, la più grande tra il gruppo del Tamil Nadu situata tra l’India peninsulare e lo Sri Lanka, a Mannar - è coperta di rifiuti di plastica.
Sebbene l’Autorità per la protezione dell’ambiente marino (Mepa) abbia condotto regolarmente operazioni di pulizia per rimuovere i granuli di plastica (nurdles), la polvere di plastica dispersa dai venti monsonici è più difficile da raccogliere. Il problema che si trova ad affrontare la comunità locale peggiora a ogni stagione. Gli ambientalisti Kithsiri Ramanayaka e Anuradha Paranawithana hanno spiegato ad AsiaNews che “anche se durante la stagione delle piogge alcuni detriti di plastica vengono lavati via, le correnti monsoniche di solito spingono i detriti verso lo Sri Lanka. Poiché la maggior parte dei Paesi non risolve i propri problemi interni di gestione dei rifiuti, la plastica continuerà a circolare attraverso le correnti oceaniche”.
“L’inquinamento da plastica a Mannar - proseguono - ha conseguenze ecologiche disastrose” soprattutto per la fauna marina che ”finisce per ingerire o rimanere intrappolata”. Inoltre, il degrado dell’habitat e l’interruzione dei cicli produttivi causeranno il “declino della popolazione ittica potenziale e rischi per la salute dei pescatori locali che dipendono dalle risorse marine per il loro sostentamento”. “Affrontare questo problema - avvertono gli esperti - richiede un approccio intersettoriale che coinvolga la collaborazione tra diversi comparti tra cui l’industria della pesca, i settori della gestione dei rifiuti e le autorità locali. È necessario un campionamento adeguato per accertare le conseguenze della ‘polvere di plastica’, che finora non è stato effettuato. Secondo i dati disponibili, le coste dello Sri Lanka ricevono plastica dal Sud e dal Sud-Est asiatico”.
Preoccupazioni condivise dagli studiosi di ambiente ed ecologia Ravihari Alwis e Nishantha Gamlath, i quali ritengono che “la questione debba essere affrontata immediatamente”. Nel 2022 i 193 Stati membri delle Nazioni Unite hanno concordato di sviluppare un accordo internazionale, giuridicamente vincolante, per porre fine all’inquinamento da plastica, affrontandone l’intero ciclo di vita dalla produzione all’uso e alla gestione dei rifiuti. Nonostante si siano tenuti cinque cicli di negoziati, l’ultimo dei quali ad aprile in Kenya, non è stato possibile raggiungere un accordo, mentre anche la sessione di follow-up a Ginevra è fallita.
Al contempo, anche il sesto ciclo di negoziati del Trattato globale sulla plastica (giuridicamente vincolante per affrontare il problema dei rifiuti di plastica) è fallito. Tuttavia esso è considerato ancora fondamentale, poiché attribuirebbe una maggiore responsabilità alle nazioni più ricche produttrici di plastica. Vi sono, spiegano gli esperti, due divisioni chiave: se debba essere coperto l’intero ciclo di vita della plastica, a partire dalla produzione, e se le implicazioni per la salute, comprese le sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino, debbano essere incluse nel quadro. I paesi produttori di petrolio si oppongono a queste misure. “Di conseguenza Stati insulari come lo Sri Lanka, rispetto ai produttori e agli utenti, subiscono il peso maggiore dell’inquinamento da plastica. Chiediamo - concludono - con urgenza che venga incluso l’intero ciclo”.
Arjun Pathmarajah (46 anni) e Neelan Ravichandrarajah (39 anni), attivisti sociali e ambientali di Mannar ricordano anche altre problematiche presenti, le cui implicazioni non sono secondarie: “A parte l’inquinamento da plastica, vi è anche - accusano - polvere di plastica nell’aria, trasportata dai venti. Ipotizziamo che la spazzatura arrivi dall’India. L’inquinamento ha un impatto estremamente negativo sull’ambiente e sui nostri ecosistemi, comprese le acque sotterranee e i pesci, principale fonte di reddito della comunità, unitamente alle conseguenze per la salute”. La Marine Environment Protection Authority (Mepa) ha coordinato le operazioni di pulizia in collaborazione con i militari, le autorità governative, tra cui la Central Environment Authority, le ong locali e le comunità in diverse regioni costiere. Nel frattempo, diverse squadre sono state schierate a Mannar per affrontare i detriti che sono stati lavati a terra.