15/01/2022, 10.30
MONDO RUSSO
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La rinascita e la crisi del "mondo russo"

di Stefano Caprio

Le tensioni di tutta l'area ex-sovietica rimandano a un concetto che è più di una semplificazione linguistico-geografica. Il respiro universalista affonda le sue radici nella Rus' di Kiev e oggi incarna l'ambizione di Mosca a "vedere lontano". Ma deve fare sempre di più i conti con le reazioni dei "popoli fratelli".

Mosca (AsiaNews) - Gli avvenimenti degli ultimi anni, e anche quelli degli ultimi giorni, hanno portato alla ribalta tanti territori dell’ex-Unione Sovietica discioltasi 30 anni fa. In Georgia, Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Armenia, Azerbaigian e nei Paesi dell’Asia centrale (Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan, Turkmenistan e soprattutto nelle rivolte di oggi in Kazakistan) si sono susseguiti scontri interni ed esterni, disordini politici e sociali che hanno messo a dura prova i governi locali, e soprattutto il governo del “grande fratello” moscovita, garante della stabilità e della sicurezza dell’universo che viene chiamato anche il “Mondo Russo” (Russkij Mir).

Rimangono fuori dai movimenti tellurici dell’ex impero sovietico solo i tre Paesi baltici, Lituania, Lettonia ed Estonia, che da secolare tradizione appartengono più all’Europa che all’Eurasia. Gli altri sono ancora strettamente legati alla patria “russofona” per ragioni culturali, linguistiche, religiose, ma anche sociali, economiche e politiche. Ad essi, peraltro, si aggiungono Paesi diversamente dipendenti da Mosca, su tutti la Siria martoriata dalle guerre dello “stato islamico”, che nei decenni novecenteschi era spesso chiamata la “sedicesima repubblica” sovietica e oggi è parzialmente controllata dalle armate russe, che contendono i territori mediorientali e asiatici al sogno “neo-ottomano” della Turchia.

Il Mondo Russo è più di una semplificazione linguistico-geografica: è il titolo di un’ideologia e di un programma di azioni che travalica i confini dei Paesi coinvolti e pretende di descrivere un fenomeno universale, che nella coscienza dei russi è destinato a segnare i destini di tutti i popoli, non solo quelli che usano l’alfabeto cirillico. Il termine “mondo russo” non ha in sé alcuna definizione giuridica, il che permette a diversi autori di comprenderlo come un processo d’integrazione, una strategia diasporica, un centro civilizzatore, una tecnologia politica, un’ideologia o altro. Dall’inizio degli anni 2000 questo concetto è stato utilizzato dal governo della Federazione Russa principalmente per definire la dottrina di politica estera, e al di fuori dei confini della Russia viene spesso associato alle sue azioni di politica internazionale.

In realtà il titolo di Mondo Russo sembra avere radici storiche antiche. Nelle fonti medievali si usava per definire la civiltà della Rus’ di Kiev, che si sviluppò dal IX secolo fino al XV, attraversando la lunga notte del “giogo tartaro” (1240-1480). La dominante storica della formazione del Mondo Russo come civiltà era l’insieme dei valori spirituali e morali della Chiesa ortodossa russa, a partire dal Battesimo imposto al popolo kievano dal principe Vladimir nel 988. L’uso più antico del termine risale al Discorso per il rinnovamento della chiesa Desjatinnaja (XI secolo), monumento della letteratura russa antica: nella laudatio del gran principe di Kiev Izjaslav (nipote di Vladimir) per il martirio del papa Clemente di Roma si dice “... non solo a Roma, ma dappertutto; anche a Chersoneso, e pure nel mondo russo”, facendo riferimento alla deportazione di Clemente in Crimea alla fine del I secolo cristiano.

Dopo l’invasione mongola la Rus’ rimase divisa, generando i territori che hanno dato vita alle attuali nazioni di Russia, Bielorussia e Ucraina, insieme a diverse regioni ora appartenenti ad altri Stati. Dall’inizio degli anni ‘90 del XX secolo, il Mondo Russo viene spesso presentato come un’idea storico-culturale di una comunità internazionale, interstatale e intercontinentale finalizzata all’unione dei compatrioti russofoni dispersi, “una struttura reticolare di società grandi e piccole, che pensano e parlano nella lingua russa” per usare le parole dello storico Efim Ostrovskij. Per il politico Vladislav Surkov, uno degli ideologi di Putin, “il Mondo Russo sussiste in ogni Paese che ripone nella Russia le sue speranze per ottenere difesa e protezione; ce ne sono molti di questi Paesi, in Asia, in Europa, in Africa e in tutto il mondo”. Secondo Surkov la caratteristica più eclatante del carattere russo è la capacità di “vedere lontano”: “Questo ci ha portato perfino nello spazio, quando ancora metà della nostra popolazione viveva nelle baracche e non aveva la canalizzazione. L’espansione russa non è dettata dall’interesse... non siamo un impero commerciale, è questo che ci distingue dagli anglosassoni”.

La diaspora russa ha due facce, una più antica e una recente. Dopo la rivoluzione del 1917 si era formata in Occidente una comunità russa molto aristocratica ed intellettuale: i russi all’estero (zarubežnye) hanno dato vita nel ‘900 a centri culturali e istituti di ricerca, giurisdizioni ecclesiastiche e monasteri, associazioni sportive, militari ed educative, animando spesso il dibattito culturale a Parigi, Londra, Roma e New York.

La seconda ondata della diaspora si è aperta dopo la fine dell’Unione Sovietica nel 1991, e negli ultimi trent’anni ha variamente colonizzato Paesi di ogni latitudine. Dopo la prima fuga di chi voleva mettersi quanto prima alle spalle il totalitarismo sovietico, non fidandosi delle riforme di Gorbačev e poi di Eltsyn, sono cominciati ad arrivare ovunque i “nuovi russi”, quanti hanno saputo approfittare del brusco passaggio all’economia di mercato per accumulare ingenti fortune. Questi russi “arricchiti” si sono poi maggiormente adattati agli agi e alle dinamiche dei Paesi capitalisti, ma sempre portando nel cuore un intimo senso di superiorità morale e “profetica”, mostrando al mondo il volto superbo e impetuoso della Russia.

Oggi il Mondo Russo appare piuttosto una chimera, dilaniato e vituperato al suo stesso interno dalle opposizioni che fin dal 2012, l’anno del “ritorno di Putin” alla presidenza, fanno sentire periodicamente il proprio scontento e l’insofferenza verso la casta al potere. Le reazioni a questi rigurgiti, provenienti dalle fasce giovanili e dagli strati più poveri della popolazione, sono state le repressioni sempre più capillari e sistematiche, tanto da giungere nel 2021 alla chiusura della storica associazione dei dissidenti “Memorial e a spedire nei lager di staliniana memoria i principali eroi delle piazze, a cominciare dal blogger anti-corruzione Aleksej Naval’nyj.

La repressione è peraltro solo una delle conseguenze della crisi di questa “idea russa”. Il principale fattore di contraddizione è costituito dalle reazioni dei popoli “fratelli”, quelli che dovrebbero armonizzarsi naturalmente con il Mondo Russo. A partire dai “piccoli russi” dell’Ucraina dove il confronto iniziato con la rivolta dell’Euromaidan di Kiev dell’inverno 2013/14 ora minaccia di trascinare l’Europa e il mondo intero in una nuova catastrofe di imprevedibili dimensioni. Anche i “russi bianchi” della Bielorussia hanno lasciato esplodere la loro insofferenza nel 2020, contro la sfacciataggine del “padrino” Aleksandr Lukašenko, al potere a Minsk dagli anni ‘90. E il 2022 si è aperto con le folle del Kazakistan, altro Paese considerato da Putin “naturalmente russo”, che gridavano “Vattene vecchietto” all’indirizzo del “sultano” Nazarbaev. Sentimenti simili si registrano in quasi tutte le ex-repubbliche sovietiche, con le varianti “europee” di Moldavia, Armenia e Georgia e quelle “centrasiatiche” dei Paesi al di là degli Urali.

Alla crescita e alla crisi dell’idea del Mondo Russo non è rimasta estranea la Chiesa ortodossa, che anzi si può considerare come la maggiore ispiratrice dell’ideale universale. Il patriarcato di Mosca, creato a fine ‘500 per esaltare l’unico regno cristiano ortodosso libero dal dominio ottomano, si è sempre ritenuto chiamato dalla storia a salvare il mondo dall’assalto demoniaco degli eretici, degli infedeli e dei depravati, come nella teoria politico-religiosa di “Mosca-Terza Roma” del primo zar Ivan il Terribile. Nel Sinodo giubilare del Duemila, che inaugurava anche il regno di Putin, venne consacrata la nuova “dottrina sociale” della Chiesa russa, che delineava proprio le caratteristiche del Mondo Russo da realizzare con l’unione di Chiesa e Stato. A redigere quel testo fu l’allora metropolita Kirill (Gundjaev), attuale patriarca in carica dal 2009, che ha poi cercato di mostrare la via “ecclesiastica” dell’espansione russa nel mondo.

Il conflitto con gli ucraini ha portato addirittura allo scisma con Costantinopoli, che rende ancora più evidente il piano di Kirill: oggi il patriarcato moscovita estende la sua autorità ad ogni latitudine, con esarcati in Europa, Asia, Africa e nelle Americhe, dove può anche contare su una Chiesa russa autocefala negli Stati Uniti creata addirittura ai tempi sovietici. La Chiesa russa cerca di imporre un modello ecclesiale “post-ecumenico”, in cui non si perde tempo nelle discussioni dogmatiche e si collabora per difendere e promuovere ovunque i grandi ideali morali, culturali e umanitari del cristianesimo storico, lasciando ad ogni Chiesa la propria tradizione, la propria definizione canonica e il proprio ruolo nel mondo, a partire dalla sintonia della Prima e della Terza Roma, senza più preoccuparsi della Seconda.

La sede costantinopolitana, del resto, non è mai stata riconosciuta da Mosca come la propria “Chiesa-madre”. Conquistata dagli islamici a fine Medioevo, oggi è doppiamente squalificata agli occhi dei russi, in quanto “patriarcato turco” soggetto al dominio del nuovo imperialismo di Erdogan, e come “agente occidentale”. La Turchia, del resto, è uno dei grandi avversari, storici e attuali, del Mondo Russo a cui vuole contrapporre una grande Unione Turca dal Bosforo ai monti Altaj. E altrettanto classico è il “gioco di guerra” tra Russia e Stati Uniti. All’orizzonte si intravede, però, il vero grande ostacolo alla realizzazione del sogno del Mondo Russo: l’incontenibile amico-nemico della Cina di Xi Jinping, che lo sovrasta con i numeri della sua grandezza economica, etnica e geopolitica. La conquista del mondo era un sogno dei grandi imperatori dei tempi arcaici; forse siamo giunti davvero al Nuovo Medioevo. 

 

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