08/11/2011, 00.00
INDIA – MEDIO ORIENTE
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La vita dei lavoratori migranti indiani sfruttati e resi schiavi nei Paesi arabi

Secondo le stime oltre un milione di indiani vive nei Paesi del Golfo. Spesso i datori di lavoro sequestrano loro documenti e permesso di soggiorno, facendoli vivere come clandestini. Ogni anno migliaia di migranti vengono dati per dispersi. Televisione del Kerala denuncia i casi di sfruttamento e aiuta le famiglie a ricongiungersi con i parenti.
Mumbai (AsiaNews/ Agenzie) – Oltre un milione di indiani vive e lavora nei Paesi del Golfo. Fra loro molti sono sfruttati o costretti a vivere in condizioni di schiavitù e senza documenti. Secondo un recente reportage di Al-Jazeera, ogni anno sarebbero migliaia i lavoratori migranti che vengono dati per dispersi dopo la scadenza del visto. Spesso i datori di lavoro sequestrano loro il passaporto costringendoli a lavorare in clandestinità, senza la possibilità di tornare in patria e con il rischio di essere arrestati dalle autorità.

Da circa 11 anni, Rafeek Ravuther, indiano del Kerala, produce ogni settimana un programma in lingua locale, ma in onda anche nei Paesi del Golfo, dal titolo Pravasi Lokam (Mondo dei migranti). Esso racconta e denuncia la grave situazione dei lavoratori indiani nei Paesi arabi, ma soprattutto aiuta le famiglie a rimettersi in contatto con i parenti. Nel corso degli anni lo spettacolo è diventato un appuntamento per milioni di migranti del Kerala che vivono e lavorano in Kuwait, Arabia Saudita, Qatar, Bahrain, Emirati Arabi Uniti e Oman.

La maggior parte delle storie racconta di mariti e figli scomparsi. In 30 anni, gli enormi flussi migratori provenienti dal sud dell'India hanno lasciato sole milioni di donne che in patria vengono definite "mogli del Golfo". Esse devono spesso badare ai figli e dipendono in toto dalle rimesse dei mariti e in caso di scomparsa o arresto del coniuge non hanno nessuno a cui rivolgersi.

Fra le storie andate in onda spicca quella di Govindan Gopalakrishnan scomparso 23 anni fa. Nel 1983 l’uomo lascia il Kerala e si reca in Bahrain per lavorare come carpentiere. Al suo arrivo scopre che in realtà dovrà servire come domestico in una famiglia. Dopo due anni di sfruttamento, il suo datore di lavoro fugge, tenendo per sé il passaporto. L’uomo diventa di fatto un clandestino. Per sopravvivere, Govindan trova un impiego in un allevamento di cammelli in mezzo al deserto, ma dopo due anni il suo ex principale lo denuncia e finisce in carcere. Il nuovo datore di lavoro riesce a farlo uscire e a riportarlo alla fattoria. Per anni Govindan lavora con ritmi massacranti e con uno stipendio così basso che non gli permette di inviare soldi in patria o di mettersi in contatto con la famiglia. Un giorno l’uomo chiede di poter tornare in patria almeno per un periodo, ma scopre che in tutto questo tempo il datore di lavoro non aveva mai pagato la tassa per il rinnovo del visto, intascandosi la detrazione periodica del già magro salario. Nel 2006, a 60 anni, Govindan non riesce più a lavorare come un tempo e il suo principale lo lascia libero. In questo periodo Pravasi Lokam lo trova e riesce a mettersi in contatto con la famiglia.

Dopo circa cinque anni, in questi mesi, la famiglia è riuscita a trattare con le autorità e grazie all’aiuto della comunità indiana in Barahain ha raccolto i 4.370 dollari necessari per la multa corrispondente agli di mancato rinnovo del visto. Gli amici e il pubblico di Pravasi Lokam stanno invece raccogliendo il denaro per il biglietto aereo.

A tutt’oggi il programma ha 17 corrispondenti nel Golfo, che indagano sui vari casi di sparizione. Dal 2000 Pravasi Lokam ha mandato in onda più di 1.300 casi, ma ha riunito solo 320 famiglie, a causa delle restrizioni presenti nei Paesi musulmani.
 
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