08/05/2024, 09.35
TURCHIA
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Le basiliche del sultano: dopo Santa Sofia, anche Chora riapre come moschea

L’edificio accessibile al pubblico e ai fedeli dopo la cerimonia ufficiale di inaugurazione. L’antico luogo di culto cristiano è stato convertito con un decreto presidenziale nell’agosto 2020. Il presidente Erdogan esalta le migliaia di “siti del patrimonio ancestrale” cui avrebbe “ridato vita”, ma non fa alcun accenno all’origine come basilica. 

Istanbul (AsiaNews) - L’ex basilica cristiana (poi convertita in museo) di Chora, struttura storica di Istanbul al centro di una controversia politico religiosa sulla falsariga di quanto avvenuto con Santa Sofia, ha riaperto in questi giorni come moschea con una cerimonia ufficiale di inaugurazione. Il secolare edificio oggi di proprietà della Direzione generale delle fondazioni, ente governativo che gestisce e controlla i waqf risalenti all’impero ottomano e che esistono ancora oggi, è stato convertito da museo a luogo di culto musulmano con un decreto presidenziale dell’agosto 2020.

La secolare struttura è stata sottoposta a lavori di restauro dopo essere rimasta aperta al culto per un breve periodo. Costruita in origine come chiesa ai tempi dell’impero bizantino, poi convertita in moschea sotto quello ottomani, Chora è stata ed è tuttora un simbolo della ricchezza culturale e del patrimonio artistico della capitale economica e commerciale della Turchia.

L’edificio, noto per i suoi splendidi mosaici e affreschi, fu costruito per la prima volta come monastero nel 534 durante il regno dell’imperatore Giustiniano I e ha subito numerose ristrutturazioni nel corso dei secoli. La decisione di convertire Chora in moschea è arrivata poco dopo un’analoga trasformazione dell’iconica basilica di Santa Sofia, anch’essa trasformata in museo durante gli sforzi di secolarizzazione dei primi anni della Repubblica a inizio ‘900 sotto Mustafa Kemal Atatürk. 

La riapertura di Chora come moschea fa parte di un’iniziativa politico-religiosa più ampia del governo e del presidente Recep Tayyip Erdogan, che prevede il restauro e la riapertura di 201 strutture storiche in occasione della Settimana delle Fondazioni. Durante una cerimonia presso il Complesso Presidenziale, il capo dello Stato ha sottolineato l’importanza di questi restauri, affermando: “Negli ultimi 21 anni abbiamo ridato vita a 5.500 siti del patrimonio ancestrale all’interno del nostro Paese e nel territorio geografico della nostra madrepatria”. Nessun accenno, di contro, al fatto che la moschea, un tempo museo, sia nata in origine come basilica cristiana e sia stata oggetto di un cambio d’uso forzato. 

Situata nel quartiere di Edirnekapı, nel distretto Fatih di Istanbul, la “moschea di Chora” è il risultato di restauri effettuati durante l’epoca ottomana e nella seconda metà del XX secolo. Nel 1511, la struttura fu trasformata in moschea da Atik Ali Pasha, gran visir del sultano Bayezid II, e divenne nota come “Moschea di Atik Ali Pasha” o “Moschea di Chora (Kariye)”. Durante questo periodo, i mosaici e gli affreschi della chiesa originale furono intonacati. 

In Turchia vi è libertà di culto, tuttavia negli ultimi 20 anni si sono registrate violazioni alla pratica religiosa, cambi d’uso di ex basiliche cristiane e fatti di sangue a sfondo confessionale come l’assassinio di don Andrea Santoro nel 2006 e mons. Luigi Padovese nel 2010. In particolare, la conversione in moschee delle antiche basiliche cristiane - poi musei a inizio ‘900 sotto Ataturk - di Santa Sofia e Chora rientra nella politica nazionalista e islamica impressa da Erdogan per nascondere la crisi economica e mantenere il potere.

A seguito del decreto che ne ha sancito la trasformazione, le autorità musulmane hanno coperto con una tenda bianca le immagini di Gesù, affreschi e icone che testimoniano la radice cristiana di Hagia Sophia, millenaria struttura dedicata alla sapienza di Dio e risalente al sesto secolo. La trasformazione dei due edifici - patrimoni Unesco dell’umanità - è avvenuta nel 2020 nella prima fase della pandemia di Covid-19, all’interno di una controversia politico-religiosa che ha varcato i confini nazionali. 

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