26/08/2022, 10.53
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Le discariche dei rifiuti indiane inquinano l'aria quanto centinaia di migliaia di auto

di Alessandra De Poli

Alte quanto palazzi di 15 piani sono potenti fonti di metano, che riscalda l'aria 84 volte di più dell'anidride carbonica. Il governo Modi ha lanciato una campagna per ripulirne almeno 600 in diverse città entro il 2026. Ma per affrontare realmente il problema è essenziale valorizzare davvero il lavoro Safai Saathis, i raccoglitori informali di scarti, che quasi sempre appartengono alle caste più basse.

Milano (AsiaNews) - Le discariche di rifiuti in Asia meridionale sono potenti fonti di metano, un gas che nei primi 20 anni di emissione nell’atmosfera ha una capacità di riscaldare l’aria 84 volte maggiore rispetto all’anidride carbonica. Secondo alcuni studi, quasi un quarto delle emissioni globali provengono dall’India. Il 22 marzo la discarica di Ghazipur alla periferia di Delhi ha emesso circa 2,17 tonnellate di metano all'ora, un impatto che se mantenuto per un anno corrisponderebbe alle emissioni annuali di 350mila auto americane. La discarica di Ghazipur è una delle più grandi - i rifiuti raggiungono altezze di 15 piani - e pericolose al mondo per la facilità con cui scoppiano incendi e attraverso cui possono essere diffuse malattie come la tubercolosi: secondo alcuni testimoni la popolazione nei dintorni della discarica non supera i 50 anni.

Il governo del primo ministro Narendra Modi ha lanciato la campagna “Clean India”, che prevede di ripulire almeno 600 discariche in diverse città entro il 2026. L’India genera 62 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno, di cui la metà vengono raccolti nelle discariche. Secondo le previsioni di rapida urbanizzazione e crescita demografica, il Paese potrebbe arrivare a generare 165 milioni di rifiuti entro il 2030.

In base alle regole vigenti le famiglie indiane sono tenute a separare i rifiuti biodegradabili da quelli secchi e dai rifiuti domestici pericolosi. Tuttavia, in mancanza di controlli, questi ultimi spesso finiscono nelle discariche insieme alla maggior parte dei rifiuti organici.

Con una crescita annua del 7%, l’economia della raccolta dei rifiuti dovrebbe valere circa 15 miliardi di dollari entro il 2025. Nel 2017 l’India per la prima volta ha imposto a comuni ed enti locali di inserire i raccoglitori di rifiuti informali (chiamati Safai Saathis) nel processo di gestione dei rifiuti. Si tratta di almeno 4 milioni di persone che nelle discariche selezionano e suddividono gli scarti riciclabili che poi vendono ad aziende che si occupano di riciclaggio. Il 90% sono donne costrette a questo lavoro in mancanza di alternative, ma anche bambini, migranti e membri delle caste più basse si dedicano a questa attività. Grazie a questa catena informale l’India ha uno dei migliori tassi di riciclaggio al mondo: per esempio, vengono riciclate il 70% delle bottiglie di plastica contro il 31% degli Stati Uniti. Tuttavia questi “spazzini”, non solo sono privi di qualunque tipo di tutela sociale, ma vengono anche molestati e accusati dalla polizia di furto quando vengono fermati con borse cariche di rifiuti. Molti soffrono di malattie croniche come tosse e malformazioni muscolo-scheletriche a causa dei carichi pesanti che sono costretti a trasportare. Eppure il loro lavoro ha un valore economico ed ambientale altissimo.

Tuttavia la strada per la formalizzazione del loro lavoro è ancora lunga e la costruzione di termovalorizzatori, per esempio, anche se potrebbe aiutare l’India a ridurre le emissioni, priverebbe questi lavoratori della loro unica fonte di reddito. In base a una recente indagine basate su un campione di 9mila Safai Saathis di 14 città indiane, solo il 20% aveva un conto in banca collegato al Jan Dhan Yojana, il programma di inclusione finanziaria del governo, mentre la metà degli intervistati ha dichiarato di possedere e utilizzare una tessera annonaria. Il primo passo per includere gli spazzini indiani nel sistema di welfare del governo sarebbe di rilasciare delle carte di identità che certifichino che sono lavoratori municipali ai quali deve poi essere garantita una retribuzione minima.

 

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