09/06/2017, 11.24
ARABIA SAUDITA - AUSTRALIA
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Le scuse dei sauditi per il mancato minuto di silenzio per le vittime di Londra

In una nota la Federcalcio del Paese arabo esprime “profondo rammarico” per l’atteggiamento dei giocatori in campo. Il fatto è avvenuto durante un match di qualificazione in Australia per i mondiali del 2018. La vicenda ha fatto il giro del web e sollevato indignazione. Ma un calciatore saudita si è distinto rispetto ai compagni.

 

Riyadh (AsiaNews) - La Federazione calcistica saudita esprime “profondo rammarico” e chiede “scusa” ai parenti dei caduti nell’attacco a Londra della notte fra il 3 e il 4 giugno, perché la propria compagine non ha osservato il minuto di silenzio in occasione del match con l’Australia. In una nota diffusa in queste ore sul proprio sito ufficiale, la federcalcio sottolinea che “i giocatori non intendevano mancare di rispetto” alla memoria delle vittime o ferire i sentimenti “delle loro famiglie”. Inoltre viene espressa la condanna “di tutti gli atti di terrorismo ed estremismo”.

Nei giorni scorsi, la squadra nazionale era impegnata ad Adelaide in una partita valida per le qualificazioni ai mondiali di calcio del 2018 in Russia. Prima dell’inizio della partita, l’arbitro ha fatto osservare un minuto di silenzio - su richiesta della Federazione calcistica australiana (Ffa) - in memoria del recente attentato al London Bridge.

La compagine locale si è stretta in un abbraccio a metà campo; diverso l’atteggiamento dei giocatori sauditi, che hanno preso posizione sul rettangolo di gioco per iniziare il match.

La vicenda è presto diventata un caso internazionale, con le immagini dei calciatori del Paese arabo a passeggio per il campo rilanciate dai principali siti di informazione (anche non sportivi) e sui social network. Duri i commenti della maggior parte degli internauti, che accusano i sauditi di insensibilità, mancato rispetto delle vittime e disinteresse verso il dolore dei parenti. Condanna anche da parte del mondo politico. Un parlamentare australiano ha definito il comportamento dei calciatori “vergognoso”. Anthony Albanese, del Partito laburista australiano, ha dichiarato che “qui non si tratta di cultura”, ma di una “mancanza di rispetto”. Fra gli otto morti dell’attentato vi sono anche due giovani australiane, Sara Zelenak e Kirsty Boden.

La Federazione calcistica internazionale interviene nella polemica per precisare che i delegati di Riyadh avevano avvisato in anticipo che i giocatori non avrebbero osservato il minuto di silenzio. La giustificazione è che “questa tradizione non è in linea con la cultura saudita”.

A distanza di alcune ore, vista la portata della polemica, le massime istituzioni calcistiche dell’Arabia Saudita hanno deciso di pubblicare una nota di scuse “senza riserve”. Tuttavia, anche in questa vicenda dolorosa e triste emerge l’intelligenza [o il coraggio] di un singolo individuo che spezza la maschera di indifferenza o di relativismo culturale dietro il quale si sono celate le istituzioni - calcistiche e non - di Riyadh. Un giocatore della compagine saudita, infatti, ha preso posizione nei pressi del cerchio di centrocampo e, abbassando il capo, ha voluto unirsi al cordoglio e alla commemorazione dei giocatori rivali, dello stadio e di un intero Paese.

Il calciatore in questione (nella foto) è il numero sette Salman al-Faraj, che si è distinto rispetto al resto dei suoi compagni. Certo, si tratta solo di un singolo ma secondo alcuni commentatori egli rappresenta la forza dell’individuo che fa da contraltare all’indifferenza, alla disciplina, alle “tradizioni culturali” del resto della squadra. L’uomo che si oppone alle regole del gruppo, alle direttive dello Stato o della religione, come -fatte le debite proporzioni - il celebre “rivoltoso sconosciuto” di piazza Tiananmen in Cina.

 

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