07/09/2023, 08.41
TAGIKISTAN
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Le trame oscure del Tagikistan

di Vladimir Rozanskij

A Dušanbe l'arresto eccellente del fondatore di una clinica tagiko-iraniana legato ai vertici della sicurezza nazionale ha fatto gridare i sostenitori del presidente Rakhmon a una congiura per cambiare il corso della politica locale. Alla base del provvedimento un libro che contiene critiche nei confronti di diverse autorità regionali, ma anche tesi sulla superiorità di alcuni cittadini sugli altri in base a caratteristiche etnico-religiose.

Dušanbe (AsiaNews) - Si infittisce il mistero in Tagikistan sul caso di Abdukhalil Kholikzoda, fondatore e proprietario della clinica tagico-iraniana Ibn Sino, che potrebbe addirittura nascondere un piano per prendere il potere e cambiare il corso della politica tagica. Il suo arresto dello scorso 7 agosto era legato ad alcune sue riflessioni pubblicate nel libro da lui scritto “Le vicende della mia vita”, uscito lo scorso marzo. La Corte suprema del Tagikistan aveva confermato l’ordine di arresto, per cui la procura aveva avanzato accuse di “istigazione all’ostilità sociale, razziale, nazionale, regionale e religiosa (confessionale)” e perfino di “complotto organizzato preventivamente a scopo di conflitto interno nella repubblica”.

Il libro di Kholikzoda aveva suscitato molte reazioni emotive, sostenendo la superiorità di alcuni cittadini sugli altri in base alle caratteristiche etnico-religiose, tesi ribadita in diversi interventi pubblici, su internet e sui media nazionali, e l’autore rischia ora una condanna da due a cinque anni. Il carcere preventivo indica secondo molti osservatori una valutazione molto elevata dei rischi legati alla personalità del padrone della clinica.

Le persone vicine ad Abdukhalil lo ritengono un “vero patriota”, assicurando che egli non ha mai neanche pensato di lasciare il Paese, dopo le forti reazioni al suo libro e le minacce di arresto diffuse fin dai primi giorni. Kholikzoda, del resto, è un amico del presidente del Comitato nazionale per la sicurezza (Gknb) Saidmumin Jatimov, e del ministro degi Interni Ramazon Rakhimzoda. Nel libro si esprimono critiche nei confronti di diverse autorità regionali del Tagikistan, con forti preoccupazioni per l’atmosfera riguardante le attività commerciali nel Paese, e l’autore garantisce di avere scritto tutto da solo, senza “complotti esterni, anzi in buona parte mentre ero all’estero”. Insieme a lui è però stato arrestato anche il giornalista Abdukodir Rustam, che ha affiancato Kholikzoda nella redazione del testo.

Secondo fonti vicine al governo e alla presidenza, rimaste anonime nelle confidenze con Radio Ozody, i sospetti di una congiura ai danni dello Stato sono alimentate proprio dalle amicizie di Kholikzoda con i vertici della sicurezza nazionale. Diverse vicende narrate nel testo provengono infatti da confidenze di Jatimov e Rakhimzoda, pubblicate con il loro consenso. La procura generale avrebbe quindi colto l’occasione di screditare dei nemici interni alle strutture di potere agli occhi del presidente Emomali Rakhmon, con il sostegno della Corte suprema, il cui intervento nella questione è apparso a tutti decisamente esagerato.

La discussione su “Le vicende della mia vita” era inoltre stata rilanciata da un gruppo di persone su Facebook, accusando l’autore di offendere gli abitanti di determinate regioni del Tagikistan, e questo aveva attirato l’interesse della procura, soprattutto dopo che alcune pagine erano state eliminate per ordine del Gknb. Tre utenti di Facebook hanno ammesso di essere stati contattati da agenti della sicurezza, con la pretesa di rinunciare alle critiche contro Kholikzoda. A metà luglio la questione era stata presentata dal procuratore generale Yusuf Rakhmon (cognato del presidente) alla riunione dell’amministrazione presidenziale, chiedendo l’arresto dell’autore del libro e scagliandosi contro i suoi “protettori”, presenti alla seduta.

Il 30 agosto sul giornale Džumkhuriat, organo ufficiale del governo del Tagikistan, è stata pubblicata una critica di un autorevole critico letterario, Abdudžabbor Rakhmonzodi, ambasciatore di Dušanbe in Uzbekistan, secondo cui le storie narrate hanno lo scopo di diffamare gli organi delle forze dell’ordine tagiche, a cominciare proprio dalla procura generale con allusioni a episodi di corruzione. Secondo il poeta tagico Isfandiyori Nazar, che vive all’estero e la cui opinione è molto influente nel Paese, “l’imprenditore e scrittore è rimasto vittima della guerra interna ai vertici delle istituzioni”, e in realtà il libro non meritava l’incriminazione. Molti vogliono impadronirsi del business di Kholikzoda, ritiene Nazar, ed è “difficile credere che il presidente Emomali Rakhmon sia all’oscuro di queste trame”.

Il libro che ha creato tanto scandalo è stato ritirato da tutte le edicole e le librerie del Paese, e ora tutti stanno con il fiato sospeso per comprendere come finirà la vicenda, che potrebbe coinvolgere molte altre persone. Secondo alcuni ci sarebbero legami anche con gli oppositori tagichi all’estero, esponenti di gruppi islamici radicali da sempre in conflitto con Rakhmon, e le conseguenze potrebbero essere davvero imprevedibili.

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