31/08/2011, 00.00
LIBIA
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Lo spettro della sharia dietro la nuova Libia democratica

Le prime bozze della nuova costituzione libica ispirate alle legge islamica. Il Cnt rifiuta l’invio di forze straniere di pace proposto dall’Onu. Inquietanti presenze jihadiste fra i ribelli.
Tripoli (AsiaNews/ Agenzie) – La Libia del dopo Gheddafi rischia una deriva fondamentalista. Osservatori fanno notare che le bozze della nuova costituzione preparate dal Consiglio nazionale di transizione proclamano il Paese come Stato islamico fondato sulla sharia. A ciò si aggiunge il rifiuto categorico del Cnt ad accettare la presenza di forze internazionali sul suolo libico, compresi i caschi blu Onu. Secondo gli analisti molti dei “ribelli” appartengono a gruppi estremisti islamici, il cui fine principale è la creazione di uno Stato islamico e non la democrazia e i diritti umani.

L’articolo 1 della bozza della futura costituzione afferma che “la Libia è uno Stato indipendente democratico in cui il popolo è la fonte dell’autorità…L'islam è la religione dello Stato ed è la principale fonte per la legge e la giurisprudenza”. Su esempio di altri Paesi islamici subito dopo il testo recita che “lo Stato garantisce per i non musulmani la libertà di praticare i diritti religiosi e garantisce il rispetto dei loro sistemi di status personale”. Nonostante sia ancora una bozza senza valore, molti analisti fanno notare la contraddittorietà e l’ambiguità del testo, che insinua la sharia nascondendola dietro termini cari alla cultura occidentale come “libertà” e “diritti”. Secondo osservatori, ciò sarebbe un passo indietro rispetto alle aperture di Gheddafi che negli anni aveva concesso spazio alle religioni non islamiche, distaccandosi dai rigidi precetti della legge coranica.

Nonostante i proclami a favore della democrazia e le pressanti richieste di fondi per ricostruire la nuova Libia, il Cnt non vuole l’interferenza di forze straniere per mantenere la sicurezza e portare il Paese alle elezioni. Oggi, il consiglio dei ribelli ha rifiutato in modo categorico l’invio di forze straniere sul territorio libico, compresi i caschi blu dell’Onu. Tuttavia Ian Martin, consigliere speciale Onu, sottolinea la proposta di organizzare una forza internazionale di istruttori di polizia e osservatori per ripristinare quanto prima la sicurezza nel Paese prima delle elezioni. "A tutt’oggi – afferma Martin – in Libia non c'è nessun meccanismo elettorale, nessuna commissione, nessuna storia di partiti politici indipendenti”.

A complicare la futura svolta democratica del Paese, vi è la presenza sul territorio di gruppi jihadisti al soldo delle forze speciali inviate da alcuni Paesi Nato. Fra tutti il Libyan Islamic Fighting Group (LIFG), gruppo estremista guidato da Abdelhakim Belhaj, libico di origine berbera cresciuto fra i mujahideen di al Qaeda durante la guerra in Afghanistan contro i sovietici. Dopo la cattura nel 2003, questi è divenuto collaboratore del regime libico e oggi è al servizio degli Stati Uniti.

Intanto, a Sirte continuano i combattimenti contro i lealisti. Dopo l’offerta di una resa pacifica, il Cnt ha posto l’ultimatum alle tribù ancora fedeli al rais: entro il 1 settembre essi dovranno consegnare le armi e arrendersi.

Oggi, migliaia di persone hanno partecipato alla festa per la fine del Ramadan nella rinominata piazza dei Martiri a Tripoli, presidiata da milizie armate per il timore di attacchi. Nel sermone per la tradizionale festa dell’Eid al Fitr, l’imam locale ha ricordato coloro che hanno sacrificato la vita per cacciare Gheddafi. (S.C.)
 
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