12/01/2021, 09.08
GRAN BRETAGNA-CINA
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Londra: Embargo ai prodotti da lavoro forzato dello Xinjiang

Saranno introdotti anche limiti all’export di tecnologia usata per reprimere musulmani uiguri e kazaki. Pechino nel mirino per il suo sistema di campi d’internamento e di lavoro. Relazioni tese tra i due Paesi anche per i fatti di Hong Kong. Il Regno Unito non è il primo Stato a imporre restrizioni per le violazioni dei diritti umani in Cina.

Londra (AsiaNews/Agenzie) – Il governo britannico annuncerà in settimana il bando alle importazioni di beni dallo Xinjiang che si sospetta siano prodotti dal lavoro forzato. Lo hanno rivelato oggi i media locali, secondo cui l’esecutivo di Boris Johnson introdurrà anche limiti all’export di tecnologia che potrebbe essere usata dal regime cinese per reprimere la minoranza musulmana. 

Recenti rivelazioni di stampa hanno messo in luce l’esistenza di campi di lavoro nello Xinjiang, dove centinaia di migliaia di musulmani sarebbero impiegati con la forza, soprattutto nella raccolta del cotone. La Cina produce il 20% del cotone mondiale, la maggior parte proprio nello Xinjiang.

Da più parti Pechino è accusata inoltre di aver organizzato un sistema di campi d’internamento per tenere sotto controllo la popolazione uigura e kazaka. Secondo dati degli esperti, confermati dalle Nazioni Unite, oltre un milione di uiguri e altre minoranze turcofone di fede islamica sono detenuti in modo arbitrario nello Xinjiang, che la locale popolazione chiama “Turkestan orientale”. I cinesi negano ogni accusa, sostenendo che si trattano di centri di avviamento professionale e progetti per la riduzione della povertà.

Il provvedimento preparato dal ministro britannico degli Esteri Dominic Raab prevede multe per le imprese che non verificheranno in modo adeguato l’origine delle proprie importazioni dallo Xinjiang. La legge non contempla però sanzioni per i leader cinesi collegati ai sistemi di prigionia, ai campi di lavoro e alle sterilizzazioni forzate.

La mossa di Londra è destinata a rendere ancor più tese le relazioni con il gigante asiatico. Da un paio d’anni il governo britannico è in rotta con quello cinese per la repressione del movimento pro-democrazia a Hong Kong. L’irritazione di Pechino è cresciuta soprattutto dopo che i britannici hanno offerto la cittadinanza ai residenti dell’ex colonia che intendono fuggire all’estero.

Ma il Regno Unito non è il primo Stato a imporre restrizioni al commercio con lo Xinjiang. In dicembre l’amministrazione Trump ha vietato le importazioni di cotone prodotto dalla Xinjiang Production and Construction Corps, un’organizzazione semi-militare che copre il 30% del mercato  cinese del settore.

Lo scorso settembre, il gigante svedese dell’abbigliamento H&M ha interrotto i rapporti con un produttore di cotone sospettato di sfruttare prigionieri uiguri. La compagnia di moda ha specificato che non prenderà più filati o materie prime dallo Xinjiang.

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