06/10/2018, 09.20
IRAQ
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Mosul, universitarie cristiane: dopo l’Isis, rinasce dai libri la speranza di pace e unità

Rita e Maryam frequentano la facoltà di architettura dell’ateneo cittadino. Il ritorno sui banchi contraddistinto da “timore e paura”, ma dopo un primo periodo è tornata la “normalità”. Il dominio jihadista ha cambiato la mentalità e si avverte “la mancanza di spensieratezza”. In alcuni casi “migliorate” le relazioni con gli studenti musulmani.

Karamles (AsiaNews) - Dai momenti iniziali di timore e paura, alla gioia di tornare nelle aule dell’università dopo un periodo buio durato oltre tre anni. L’emozione di poter pensare di nuovo al proprio futuro, con la speranza che sia di pace, convivenza e unità per tutto l’Iraq. È quanto raccontano Rita e Maryam, due studentesse cristiane che nei mesi scorsi hanno ripreso a frequentare l’università di Mosul, anch’essa devastata dai jihadisti dello Stato islamico (SI, ex Isis) negli anni del loro dominio.

Per oltre quattro anni l’università di Mosul, metropoli del nord del Paese a lungo roccaforte dello Stato islamico, è rimasta sotto il controllo del gruppo jihadista. Oltre a seminare violenza e terrore, i fondamentalisti sunniti hanno di fatto bloccato molti corsi e devastato la sua prestigiosa biblioteca. La rinascita dell’ateneo e il ritorno degli studenti cristiani nel recente passato ha rappresentato uno dei primi passi verso la stabilizzazione della città, anche se permangono difficoltà e pericoli che mettono a rischio la vita delle persone.

Rita Saher Zora e Maryam Elias, nate entrambe nel 1995, frequentano la facoltà di architettura dell’ateneo. Rita è originaria proprio di Mosul, ma dal 2010 la famiglia ha deciso di trasferirsi a Karamles, per questioni di sicurezza. Maryam è nata a Karamles e lì vive ancora oggi, dopo aver trascorso (come centinaia di migliaia di altri profughi cristiani e non) diverso tempo nel Kurdistan irakeno nell’attesa della liberazione della piana di Ninive.

L’intervista è realizzata con la collaborazione di don Paolo Thabit Mekko, sacerdote caldeo e responsabile della comunità di Karamles. Ecco quanto hanno raccontato ad AsiaNews:

Come avete vissuto il ritorno in università, dopo le violenze dell’Isis?
Rita: All’inizio avvertito un senso di paura nel ritornare sui banchi dell’università. Tuttavia, trascorso un primo periodo tutto è tornato a essere normale, naturale. Tanto da poter dire che oggi la situazione sembra quasi quella di prima, del periodo che ha preceduto l’arrivo di Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico, SI].
Maryam: In un primo momento provavo un sentimento misto di timore e paura perché stavo tornando in una città abbandonata in tutta fretta tre anni prima. Tante cose sono cambiate, anche la stessa mentalità dei musulmani è cambiata. Non posso nascondere un moto iniziale di ansia, mi chiedevo come ci avrebbe accolta questa società, soprattutto i professori e i nostri colleghi studenti musulmani.

Quali sono le differenze rispetto al periodo che ha preceduto l’ascesa del movimento jihadista
Rita
: Cambiamenti ve ne sono stati, anche diversi e non solo da un punto di vista infrastrutturale. Molte aree, aule, la stessa biblioteca sono state danneggiate o distrutte. A essere colpito è stato anche lo stato d’animo e la psiche di alcuni degli abitanti di Mosul, che non sono più gli stessi e devono ancora riprendersi.
Maryam: Ho avvertito un cambiamento nella mentalità delle persone e molto spesso in chiave positiva. La maggior parte sembra disposta ad accettare meglio l’altro, anche se non è di fede islamica. E questo sarebbe davvero un grande risultato dopo gli anni duri vissuti sotto il controllo dell’Isis, per fornire una prova ulteriore del fatto che non tutti sono come loro, anzi.

Mosul ha rappresentato a lungo la capitale del “Califfato”. Quanto è cambiata e cosa si prova a tornare in città?
Rita
: In alcuni momenti mi sembra che la città di Mosul non sia cambiata affatto. Che una parte dei suoi abitanti continui a guardarci come nemici e siano ostili nei nostri riguardi. Tuttavia, una gran parte si mostra buona e desiderosa di instaurare (o riallacciare) legami. In generale si può dire che vi è libertà di movimento, possiamo andare e tornare, e vi è un clima generale di sicurezza e confort che ci permetterà di portare a termine i nostri studi.
Maryam: Certo, la gran parte dei membri del Califfato è andata via ma non credo che la mentalità che era alla base dello Stato islamico sia tramontata in modo definitivo, non è stata sradicata del tutto. Quando sarà fatto tutto questo, allora potremo dire davvero di aver superato il periodo dell’Isis; solo quando la nostra patria fonderà il proprio futuro sulla convivenza comune, potremo dire che l’Isis è finito.

Che atmosfera si respira, oggi, all’interno dell’università?
Rita: Oggi non si vive e non si respira più quel clima di paura che albergava a Mosul e in tutta la piana di Ninive sotto il gioco dell’Isis. Certo, per studiare l’ambiente non è ancora tranquillo e sicuro al cento per cento. In particolare si avverte la mancanza della gioia e della spensieratezza che, di solito, uniscono le università di tutto il mondo. E anche un po’ di serenità in più.
Maryam: C’era molta paura in tutti noi studenti, cristiani e non, perché dovevamo studiare in palazzi bruciati, distrutti o gravemente danneggiati. Malgrado ciò, gli studenti hanno insistito per continuare a frequentare le stesse aule, le stesse strutture e molta era la gioia per avere un posto all’interno dell’università, come se tutto fosse tornato come prima.

E come sono i rapporti con gli studenti musulmani?
Rita: Cerchiamo di instaurare buone relazioni, di ricostruire vecchi rapporti e intrecciarne di nuovi. Noi vogliamo dialogare con loro, creare delle relazioni che siano buone non solo per la vita in università, ma anche per il prosieguo, per il futuro.
Maryam: Noi cristiani non abbiamo alcun problema con loro, al contrario, le relazioni con i giovani musulmani sembrano essere molto migliorate. In un certo senso si sta meglio del periodo universitario pre-Isis. Penso che abbiano capito di aver sbagliato in passato, questo lo avvertono anche loro.

Quali sono le tue speranze per il futuro dell’Iraq?
Rita: Il desiderio e la speranza più grandi sono per un futuro di pace e di sicurezza, di bene comune. Vogliano che la situazione in Iraq migliori e che il nostro sforzo in questo senso, che il nostro contributo come cristiani e come cittadini non sia vano. Tuttavia, guardando alcune situazioni e leggendo certe notizie - anche negli ultimi tempi - ci facciamo prendere dallo sconforto e finiamo per scoraggiarci.
Maryam: Spero di poter finire i miei studi in pace e sicurezza. E per quanto concerne il mio Paese, l’Iraq, l’auspicio è che queste nuove generazioni possano cambiare la realtà e assicurare unità e convivenza.

La fede cristiana è stata un sostegno in questi anni difficili?
Rita: Vivo ogni giorno, anche in università, la mia fede cristiana e cerco di portare l’immagine di Cristo in ogni aspetto, anche e soprattutto nel rapporto con gli altri. Prima di tutto mostrando che noi cristiani non odiamo nessuno, che siamo un ponte di dialogo e di incontro. Certo, la mia fede mi aiuta in particolare nei momenti di difficoltà e ci aiuta a meglio sopportare i problemi per andare avanti e continuare nella nostra vita di tutti i giorni, dentro e fuori l’università.
Maryam: La mia fede cristiana è stata fondamentale per sopportare tutte le situazioni e tutti i momenti di difficoltà. Essa mi aiuta anche ad accettare tutti, a dispetto delle differenze religiose o etniche. E mi aiuta a non sentire i problemi, non farmi schiacciare da loro, ma vivere e agire secondo un principio di umanità.

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