Nella parata di Xi Jinping il simbolo del nazionalismo cinese di oggi
La celebrazione con lo sfoggio dell'arsenale cinese per gli 80 anni della "vittoria sul Giappone" sono l'altro volto del "multilateralismo" di Pechino. Nel 2024 la Cina ha speso 314 miliardi di dollari in nuove armi, seconda solo agli Stati Uniti. E anche Tokyo ora schiera i missili a lunga gittata.
Milano (AsiaNews) – L’attesa parata di domani a Pechino, fortemente voluta da Xi Jinping, è l’altra faccia del “multilateralismo” alla cinese indicato in questi giorni al mondo come un “modello” durante il vertice dell’Organismo per la Cooperazione di Shanghai tenutosi a Tianjing. Parata che non celebra affatto gli 80 anni dalla fine della Seconda Guerra mondiale, ma quella che la retorica ufficiale cinese descrive come la Vittoria sul Giappone. E lo fa proiettando fortemente il nazionalismo di oggi sui fatti di allora, a punto da spostare indietro l’inizio della Seconda Guerra mondiale al 1931, data molto più funzionale alla narrazione anti-giapponese. E presentandola come la Vittoria della Cina popolare, glissando sul fatto che a combattere contro i giapponesi c’erano anche i nazionalisti del Kuomintang, che dopo il 1949 sarebbero poi ripiegati su quella che oggi è la “provincia ribelle” di Taiwan.
Non sorprende, dunque, che proprio in questo momento storico Xi Jinping si prepari a sfoggiare tutta la potenza del suo arsenale. Secondo i dati del Sipri di Stoccolma – il più autorevole osservatorio internazionale sulla spesa militare - la Cina, che subito dopo gli Stati Uniti è il secondo maggior Paese al mondo per spesa militare, nel 2024 ha aumentato la sua spesa militare del 7,0% raggiungendo una stima di 314 miliardi di dollari. Ed è ormai dagli anni Novanta che l’aumento della sua spesa militare non si ferma. L’anno scorso la Cina ha rappresentato il 50% di tutta la spesa militare in Asia e Oceania, con investimenti in particolare nella continua modernizzazione delle sue forze armate, ma anche nell’espansione delle sue capacità di guerra cibernetica e del suo arsenale nucleare (giunto a quota 600 testate).
Ma questa corsa alle armi di Pechino sta innescando le reazioni dei Paesi che maggiormente la avvertono come una minaccia. Sempre nel 2024 proprio il Giappone abbia aumentato fino a 55,3 miliardi di dollari la spesa in armamenti, con un incremento del 21% che è il più alto a livello annuale dal 1952. E proprio alla vigilia della parata di Pechino il ministero della Difesa giapponese ha annunciato in questi giorni piani per schierare entro la fine dell’anno missili a lungo raggio in una base militare nel sud del Giappone, come parte della sua capacità di contrattacco. Questi missili hanno una gittata di circa 1000 chilometri e sarebbero in grado di colpire da fuori dalla portata dei sistemi radar e missili di “forze nemiche” (che non ci vuole molto a capire di che Paese sarebbero). Possono essere lanciati da siti e veicoli terrestri, oltre che da navi e cacciatorpediniere. I primi missili terrestri saranno schierati a Camp Kengun nella prefettura di Kumamoto.
Il dispiegamento di queste armi segna una rottura radicale rispetto alla politica esclusivamente difensiva adottata dal Giappone durante tutto il periodo postbellico ed è stata resa possibile solo dalla revisione dei documenti di sicurezza nazionale nel 2022. Gruppi civici a Kumamoto hanno già espresso timori che le loro comunità possano diventare bersagli durante un conflitto militare.
“I principali Paesi nella regione Asia-Pacifico stanno investendo sempre più risorse in capacità militari avanzate - commentava già nella primavera scorsa Nan Tian, il direttore del Programma sulla Spesa Militare e Produzione di Armi del Sipri -. Con diverse dispute irrisolte e crescenti tensioni, questi investimenti rischiano di far precipitare la regione in una pericolosa spirale di corsa agli armamenti”.
09/05/2022 08:44