11/11/2025, 12.32
INDIA
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New Delhi: attentato al Red Fort, l’ombra del terrorismo dal Kashmir

di Nirmala Carvalho

L’autobomba esplosa ieri davanti al Red Fort, storico simbolo dell’indipendenza indiana, ha causatoo 13 morti e oltre 20 feriti. Nessun gruppo ha rivendicato l'azione e le autorità sospettano un attentato di matrice jihadista legato al Kashmir, dopo il ritrovamento di tre tonnellate di esplosivi a Faridabad, ma restano aperte “tutte le piste” le piste secondo il ministro dell'Interno Amit Shah. La Conferenza episcopale cattolica indiana: "Continuiamo a pregare per la pace e la sicurezza nella nostra amata nazione".

New Delhi (AsiaNews) - Un’esplosione avvenuta nella serata di ieri lunedì 10 novembre nei pressi del Red Fort, lo storico complesso da cui ogni anno il primo ministro indiano rivolge il suo discorso alla nazione, ha causato 13 morti e oltre 20 feriti, gettando la capitale nel panico e spingendo le autorità a proclamare lo stato di massima allerta.

Secondo quanto ricostruito finora, la deflagrazione è avvenuta poco prima delle 19, vicino al Gate n. 1 della stazione metro del Red Fort, nella parte vecchia della città, una zona ad alta densità di traffico e considerata sensibile a livello di tensioni religiose per la presenza della moschea Jama e del mercato, spesso affollato, di Chandni Chowk. La detonazione è partita da un’auto in movimento, una Hyundai i20, che, secondo le indagini preliminari, era rimasta parcheggiata per oltre tre ore nei pressi del Red Fort prima di essere spostata. Il veicolo sarebbe esploso mentre si trovava fermo a un semaforo. L’esplosione ha distrutto sei auto, quattro motociclette e tre e-rickshaw, proiettando detriti e pezzi di metallo per decine di metri. 

Al momento nessun gruppo ha rivendicato l’attacco, ma le autorità indiane ritengono “elevata” la probabilità di una matrice terroristica. Il ministro dell’Interno, Amit Shah, ha dichiarato che le agenzie investigative stanno esaminando “tutte le piste” e “non escludono alcuna possibilità”. Un funzionario di polizia di Delhi ha aggiunto, in forma anonima, che “l’ago della bilancia punta verso gruppi con collegamenti internazionali”.

La polizia di Delhi ha aperto un fascicolo ai sensi dell’UAPA (Unlawful Activities Prevention Act) e dell’Explosives Act che riguardano gli atti terroristici. Gli inquirenti hanno già individuato il veicolo coinvolto: si tratta di una Hyundai i20 che aveva cambiato più volte proprietario, l’ultimo dei quali è stato identificato come un abitante di Pulwama, nel Jammu e Kashmir, una regione nota per l’instabilità e l’alto numero di attentati, l’ultimo dei quali avvenuto ad aprile di quest’anno a Pahalgam, in cui sono morti oltre 20 turisti indiani. 

Nelle ore successive all’attacco, le forze di sicurezza hanno posto sotto custodia la madre e i due fratelli del principale sospettato, per accertare eventuali legami con gruppi armati. Nel frattempo, l’Archaeological Survey of India (ASI) ha disposto la chiusura del Red Fort per tre giorni, fino al 13 novembre, per motivi di sicurezza e tutela del sito storico.

L’attentato arriva in un momento di forte tensione regionale. Solo il giorno prima, la polizia del Jammu e Kashmir aveva sequestrato circa 3 tonnellate di esplosivi in due edifici residenziali di Faridabad, nello Stato di Haryana, a sud di Delhi. Tra i materiali presi in custodia c’erano anche 350 kg di nitrato d’ammonio, un fertilizzante spesso usato per la fabbricazione di ordigni. Finora, tuttavia, non sono stati trovati collegamenti diretti tra il sequestro di Faridabad e l’attentato di Delhi.

Secondo gli analisti, la dinamica e il luogo dell’attacco indicano una chiara volontà di colpire un simbolo nazionale: il Red Fort è il sito da cui il primo ministro pronuncia il discorso annuale per l’Independence Day, e in passato è già stato bersaglio di gruppi armati. La sua posizione nel cuore della città vecchia, durante un orario di punta, avrebbe potuto provocare un numero di vittime molto più elevato.

Il contesto politico aggiunge ulteriore tensione: l’attacco avviene sette mesi dopo la strage di Pahalgam, in cui 26 civili indiani erano stati uccisi da militanti dal un gruppo chiamato “il Fronte della resistenza”. In seguito a quell’attacco, il governo guidato da Narendra Modi aveva lanciato la “Operation Sindoor”, una serie di raid aerei e missilistici su obiettivi in Pakistan. La nuova esplosione rischia di provocare una nuova escalation militare con Islamabad. Anche nella capitale pakistana oggi si è verificato un attentato terroristico su cui le autorità stanno indagando, mentre il Paese scivola verso un crescente militarismo. Negli ultimi mesi Delhi ha più volte ribadito che qualsiasi attacco terroristico condotto da gruppi con base in Pakistan sarà considerato “un atto di guerra”.

Anche la Conferenza episcopale cattolica ha espresso il proprio "shock" e "profonda tristezza" per l'accaduto, che getta "la nazione nel dolore". "Porgiamo le nostre più sentite condoglianze alle famiglie e ai cari di coloro che hanno perso la vita in questo sfortunato incidente", hanno scritto i vescovi indiani, che hanno lanciato un appello "a tutti i cittadini affinché rimangano vigili e segnalino tempestivamente alla polizia o alle autorità locali qualsiasi attività sospetta o oggetto incustodito".

"Uniamoci come un'unica comunità, difendiamo la pace e collaboriamo per garantire la sicurezza e il benessere di tutti i cittadini. Continuiamo a pregare per la pace e la sicurezza nella nostra amata nazione", conclude il comunicato.

 

 

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