Nuova barriera corallina a Colombo, rifugio per la biodiversità minacciata
Un gruppo di ricercatori dello Sri Lanka Blue Resources Trust ha individuato una nuova cresta che collega i reef di Yakampita e Gingiripita. La scoperta rivela la sorprendente ricchezza dell’ecosistema marino urbano nei pressi della capitale, dove alcune aree mostrano oltre il 50% di copertura corallina viva. Ma gli studiosi avvertono: i reef restano fuori dalle aree protette e sono minacciati da inquinamento e pesca illegale.
Colombo (AsiaNews) - Una nuova cresta corallina è stata scoperta al largo della costa di Colombo, capitale dello Sri Lanka. La ricerca, condotta dal Blue Resources Trust e finanziata dal Lanka Environment Fund, ha rivelato che le barriere di Yakampita e Gingiripita, situate a pochi chilometri dalla costa, sono in realtà collegate tra loro da una formazione sottomarina continua.
La scoperta è avvenuta nell’ambito dell’Urban Reef Biodiversity Mapping Project, un programma di mappatura delle barriere coralline vicino alle aree urbane che ha interessato cinque siti al largo della città. Secondo i ricercatori, si tratta della prima rappresentazione completa dell’ecosistema costiero della capitale.
“Abbiamo utilizzato una telecamera subacquea e un ecoscandaglio per verificare la connessione tra le due barriere”, ha spiegato Chanaka Sooriyabandara, ricercatore senior del Blue Resources Trust, durante una conferenza stampa. “Il sistema corallino di Gingiripita si estende in realtà per circa 130 ettari, risultando molto più grande di quanto finora documentato”.
Gli studiosi hanno sottolineato che le sezioni più profonde della barriera possono svolgere un ruolo fondamentale come rifugi naturali per coralli e pesci, fungendo da “serbatoi larvali” per la rigenerazione degli ecosistemi più superficiali, oggi sempre più danneggiati dal surriscaldamento delle acque. Al contrario, il reef di Palagala, più vicino alla costa, ha mostrato il peggior stato di salute, con appena il 2,3% di copertura corallina viva e gravi segni di inquinamento dovuti allo scarico di acque reflue e all’elevata torbidità.
La parte nord-orientale del sistema, Yakampita, finora mai studiata, si è rivelata sorprendentemente ricca di vita: in alcune aree la copertura di coralli duri supera il 50%, dominata da specie come l’acropora aculeus e la turbinaria mesenterina. Per questa ragione, i ricercatori hanno deciso di considerare Yakampita e Gingiripita come un unico ecosistema.
“Queste barriere – ha spiegato a AsiaNews la biologa marina Niroshini Galappatti – svolgono una funzione vitale nella protezione costiera, agendo come prima linea di difesa contro tempeste e tsunami. Pur essendo più piatte e meno spettacolari rispetto ai reef del sud o dell’est dell’isola, ospitano una sorprendente varietà di coralli che, visti dall’alto, sembrano un campo di fiori sommerso”.
Lo Sri Lanka possiede un’area marittima oltre tre volte più estesa del suo territorio terrestre, con una zona economica esclusiva di 230mila km² e una piattaforma continentale di 31mila km². Tuttavia, negli ultimi decenni, la pesca intensiva, il turismo e l’espansione portuale hanno provocato un forte degrado ecologico.
Gli ecologi Ravihari Wickramasinghe e Oshantha Rajapaksha sottolineano che questo nuovo studio “porta finalmente l’attenzione su un ecosistema ignorato troppo a lungo”. La nuova mappatura, spiegano, “dimostra che la natura può resistere anche in spazi urbani densamente abitati e costringe il Paese a ripensare i suoi modelli di conservazione: non solo aree protette remote, ma anche ecosistemi integrati nella vita cittadina”.
Nonostante la scoperta, i ricercatori avvertono che Yakampita e Gingiripita restano fuori dai confini delle aree marine protette e sono esposte a molteplici minacce, tra cui l’ancoraggio delle navi commerciali dirette al porto di Colombo e la pesca illegale con reti a strascico, che provoca gravi danni fisici al fondale. Sebbene la pesca con dinamite sia ormai rara grazie ai sistemi radar del porto, “le ancore e le reti continuano a rappresentare la minaccia più immediata”, avvertono i ricercatori.




