07/08/2025, 11.45
MALAYSIA - ISLAM
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Ong e leader islamici in campo per sensibilizzare sui temi dell’Hiv e omosessualità

di Joseph Masilamany

L’obiettivo è di correggere rappresentazioni errate o distorte in materia di sessualità o di sieropositività. La vicenda di un incontro promosso da medici e professionisti in materia e scambiato per “festa gay”, con la polizia che ha compiuto venti arresti. Gruppi pro diritti avvertono: il rischio è di alimentare lo stigma, scoraggiare le cure e mettere in pericolo comunità vulnerabili.

Kuala Lumpur (AsiaNews) - Etichettare erroneamente - in modo più o meno consapevole - un programma di sensibilizzazione sull’Hiv come una “festa gay” rischia di alimentare lo stigma, scatenare il panico morale e dissuadere le persone dal cercare cure. È l’allarme lanciato da un gruppo malaysiano a difesa dei diritti delle donne, il SIS Forum (Malesia), meglio noto in passato col nome di “Sisters in Islam”, secondo cui “criminalizzare” queste iniziative di natura sanitaria “potrebbe creare un pericoloso precedente”. Il gruppo ha inoltre avvertito che quanti partecipano a eventi medici di sensibilizzazione dalla malattia e dal contagio, affermato che le persone che partecipano a eventi medici autorizzati e rigorosi sotto il profilo scientifico, nonostante tutto rischiano “l’arresto o la gogna pubblica”. 

La responsabile della comunicazione del gruppo, Ameena Siddiqi, spiega ad AsiaNews che i programmi di sensibilizzazione sull’Hiv che includono screening, educazione e consulenza sono strumenti essenziali per la salute pubblica. Una politica di prevenzione e tutela della salute pubblica risulta inoltre essere “in linea con i principi islamici di preservazione della vita”. “Ostacolare o criminalizzare tali iniziative - ha proseguito la responsabile di SIS - significa perpetuare consapevolmente il danno e va contro l’etica” promossa dalla religione musulmana. E ancora, caratterizzare in modo errato tali iniziative rischia di compromettere anni di collaborazione tra le organizzazioni umanitarie e le agenzie sanitarie governative.

La dichiarazione della SIS dei giorni scorsi fa seguito a un raid della polizia avvenuto a giugno in un bungalow privato a Kota Bharu, dove 20 uomini sono stati arrestati con l’accusa di aver partecipato a una “festa gay”. Diverse ong e professionisti del settore medico hanno contestato tale accusa, affermando che l’evento era incentrato sulla educazione alla salute sessuale e sulla sensibilizzazione sui temi della sieropositività e dell’Aids. Gli organizzatori hanno affermato che l’iniziativa includeva conferenze tenute da medici qualificati e non comportava alcuna attività sessuale illecita o di natura commerciale.

Ahmad Farouk Musa, del Fronte per la Rinascita Islamica, ha spiegato che l’etica islamica sostiene chiaramente la riduzione del danno e gli sforzi in materia di salute pubblica, compresi quelli rivolti ai gruppi ad alto rischio: in quest’ultima categoria sono compresi i i lavoratori del sesso, i tossicodipendenti e omosessuali. “Queste iniziative - ha sottolineato l’esperto musulmano - non solo sono etiche, ma soddisfano anche l’obbligo islamico di prevenire i danni e proteggere la vita”. Egli ha poi aggiunto che anche il Consiglio della Fatwa di Perlis aveva stabilito che gli sforzi per prevenire la diffusione dell’Hiv dovessero avere la precedenza sulle preoccupazioni relative al comportamento dei gruppi target.

Il caso ha suscitato preoccupazione tra i movimenti per i diritti umani riguardo al trattamento riservato alle iniziative di sensibilizzazione sul tema della sieropositività e delle comunità emarginate in Malaysia. Adrian Pereira, direttore esecutivo della North-South Initiative, ha dichiarato ad AsiaNews che la questione mette in luce problemi più profondi e interni alla società malese che definisce “molto conservatrice e chiusa. Possiamo attribuire questo fatto - aggiunge - al nostro patetico sistema educativo e alla visione ristretta del mondo instillata dal panorama politico”.

Pereira ha quindi aggiunto che le questioni che coinvolgono i gruppi vulnerabili e minoritari, in particolare le persone che vivono con l’Hiv (PLHIV) e la comunità LGBTQ, devono essere gestite con maggiore responsabilità. “Questi argomenti richiedono più discernimento, garanzie e dovere di diligenza. Le autorità - conclude il leader di North-South Initiative - devono prestare attenzione a non inviare messaggi confusi che possano essere distorti o fraintesi dal ‘tribunale dell’opinione pubblica’, che potrebbe privare le persone della loro dignità”.

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