30/03/2023, 10.34
MALAYSIA
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Pahang: convertiti a forza all'islam, gli indigeni rivogliono la loro identità

di Steve Suwannarat

Si tratta di 137 persone che non comprendevano il malaysiano e sono stati associati alla comunità musulamna del Paese anche nei piani governativi e nei censimenti. Il caso ha riacceso l'attenzione sugli Orang Asli, le popolazioni indigene che però restano emarginate in alcuni settori. Calano le iscrizioni dei bambini nelle loro scuole.

Kuala Lumpur (AsiaNews) - Il caso di presunta conversione forzata di una piccola comunità tribale nello Stato malaysiano di Pahang ha riacceso l’attenzione sugli Orang Asli, gruppi etnici minoritari che a volte sono associati alla comunità musulmana e considerati come convertiti all’islam nei piani governativi e nei censimenti anche quando non lo sono. Sono 137 gli individui che hanno denunciato una conversione di massa nel Pahang avvenuta nell’aprile 1993. Si tratta di appartenenti all’etnia Bateq Mayah, di credo animista, che con la loro azione civile mirano a ripristinare la loro identità originaria. 

Secondo gli avvocati che si occupano della loro tutela legale, la conversione sarebbe stata estorta puntando sulla loro mancanza di comprensione, anche della lingua, al punto che solo molti anni dopo – quando alcuni hanno cominciato a leggere il malaysiano – si sarebbero resi conto della loro condizione, in violazione della legge per la tutela delle popolazioni aborigene (Aboriginal Peoples Act) del 1954 che punta alla tutela delle loro tradizioni e a proteggere gli indigeni da sfruttamento e discriminazione.

Della questione, che coinvolgerebbe altri gruppi della stessa zona, sono stati chiamati a rispondere in corresponsabilità il Dipartimento per lo sviluppo degli Orang Asli (Jakoa, dalle iniziali in malaysiano), il Consiglio per le tradizioni islamiche, religiose e della tradizione malese di Pahang, il governo locale e quello federale.

Ma il dibattito sugli Orang Asli è acceso da tempo e gioca un ruolo importante anche la politica, a volte a favore della loro integrazione (e che li vede come un serbatoio di voti) oppure, al contrario, volta a promuoverne la diversità.

Le conseguenze dell’integrazione parziale delle popolazioni autoctone si vedono soprattutto nel campo dell’istruzione: tra gli studenti che dovrebbero cominciare la scuola secondaria, la percentuale di Orang Asli nel 2016 è scesa dal 20% al 17%, arrivando tra il 13% e il 15% solo due anni dopo, segnando un trend negativo anche negli anni successivi. Il Dipartimento per lo sviluppo degli Orang Asli ha confermato che nelle 99 scuole specifiche per questi gruppi, di cui 97 elementari, su 3.200 studenti iscritti al primo anno solo 2.062 sono arrivati al quinto nel 2021, con un tasso di abbandono del 42%. Migliore la situazione dei giovani indigeni che studiano nelle scuole governative con 27.326 e 12.980 studenti rispettivamente per le elementari e le medie.  

Il fenomeno è in parte spiegato con il bullismo nei confronti delle popolazioni autoctone, mentre il progetto di inserire insegnanti provenienti dai gruppi aborigeni, e le iniziative che diano maggiore motivazione alla loro permanenza a scuola vanno nella direzione di fermare un trend preoccupante, ma non l’unico: anche sul piano occupazionale, del reddito e delle opportunità la realtà degli Orang Asli vede parecchie criticità. Sul piano dell’integrazione, secondo gli esperti resta cruciale diffondere la conoscenza della comunità tra i malaysiani, anche con l’inserimento di adeguate informazioni nei corsi di storia e di cultura.

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