06/03/2017, 13.37
PAKISTAN
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Pakistan, leader cristiani chiedono una nuova provincia per le aree tribali

di Kamran Chaudhry

Le autorità di Islamabad hanno deciso di unificare sette distretti tribali con la provincia di Khyber-Pakhtunkhwa. La zona è regolata da un sistema di norme di derivazione britannica. Stanziato un pacchetto di aiuti da 991 milioni di euro. Vescovo anglicano: “La popolazione è stata ignorata. Ci vorrà del tempo prima che comprenda in pieno il significato di nazione”.

Lahore (AsiaNews) – Leader cristiani del Pakistan chiedono la creazione di una zona amministrativa a sé stante, criticando la decisione di Islamabad di unire le aree tribali con la vicina provincia di Khyber-Pakhtunkhwa. Il rev. Jimmy Mathew, vescovo luterano di Mardan, spiega ad AsiaNews: “Sarebbe difficile controllare le aree tribali. Esse hanno bisogno di una disposizione separata. La popolazione locale è stata ignorata fin dal 1947, quando il Paese ha ottenuto l’indipendenza dal dominio coloniale britannico. Ci vorrà del tempo prima che essi comprendano in pieno il significato di nazione”.

Lo scorso 2 marzo il governo pakistano ha annunciato di voler includere le Federally Administered Tribal Areas [Fata, ossia sette distretti abitati in maggioranza da tribali di etnia pashtun – ndr] nella provincia attigua. Le cosiddette “agenzie” tribali si trovano nella parte settentrionale del Pakistan, al confine con l’Afghanistan, e sono considerate santuario di gruppi armati jihadisti come il Tehreek-e-Taliban Pakistan e al-Qaeda.

Le sette regioni semi-autonome sono regolate dal Frontier Crimes Regulation, di derivazione britannica, un sistema governativo che impedisce ai cittadini di ricorrere in tribunale e chiedere il giudizio per crimini commessi sul territorio. Qui si applicano ancora le punizioni collettive decise dagli anziani delle tribù; non esiste un sistema scolastico; non vi operano organizzazioni per lo sviluppo; i cittadini non hanno accesso alle prestazioni sanitarie; i residenti votano le leggi alla Camera bassa del Parlamento, ma poi le normative non si applicano nelle loro zone.

La decisione del governo dà avvio all’unificazione con la provincia vicina, da completare entro cinque anni. Da subito invece si potrebbero formare consigli elettivi provinciali che andrebbero a elezioni alla fine del 2017. Inoltre le autorità di Islamabad hanno stanziato un pacchetto di aiuti del valore di 110 miliardi di rupie [quasi 991 milioni di euro, ndr].

Negli anni scorsi diverse operazioni militari contro le roccaforti dei gruppi estremisti hanno provocato esodi di massa. Si calcola che almeno tre milioni di persone sono sfollati interni, costretti a scappare dalle proprie abitazioni per trovare rifugio nei campi profughi e nelle città. Zar Ali Khan Afridi, presidente dell’Ong tribale “Consortium”, riferisce: “Si tratta di una zona senza diritti umani. In assenza della legge, i locali non possono fare appello quando vengono arrestati. Molti languono in carcere per decenni. I jirgas (consigli di villaggio) non possono sostituire i tribunali”. “L’annuncio del governo dà un po’ di sollievo. Le persone chiedono giustizia e libertà da decenni. Ma è un processo che durerà a lungo”.

P. William Nasir, direttore delle comunicazioni sociali della diocesi di Islamabad-Rawalpindi, ritiene che unire le aree tribali sia una “decisione dannosa. Queste aree sembrano un set di film su Gesù. Ci sentiamo senza speranza, c’è così tanto da fare. I lavoratori sociali della Chiesa e lo staff della Caritas è invitato a visitare queste aree, ma solo se indossa abiti locali e porta la barba lunga. In mancanza di imprese, la popolazione commercia armi e coltiva oppio”. Secondo il sacerdote, “in questo modo il governo acquisirà nuovi territori, ma più province significa anche più sviluppo. Il passaggio completo può portare al lavoro di sviluppo per i locali abbandonati”.

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