06/05/2015, 00.00
ITALIA - LAOS
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Papa Francesco proclama martire p. Borzaga. Missionario Omi: Festa per la Chiesa del Laos

Ucciso nel 1960 a 28 anni dai guerriglieri comunisti, p. Borzaga è oggi esempio di fede e dedizione. P. Castrilli parla di “giornata di festa” per i missionari e per tutta la famiglia degli Oblati, “in particolare per i giovani”. Fonte di incoraggiamento per una Chiesa di minoranza che “va avanti nonostante le difficoltà”.

Roma (AsiaNews) - Papa Francesco ha proclamato il martirio dei Servi di Dio Mario Borzaga, sacerdote professo della Congregazione dei Missionari Oblati della Beata Maria Vergine Immacolata (Omi), e del catechista Paolo Thoj Xyooj, uccisi in Laos nella primavera del 1960. Per la piccola Chiesa del Paese asiatico, retto da un governo comunista che ancora oggi limita la libertà religiosa e la pratica del culto, è una giornata di festa così come per i confratelli del missionario morto a causa della fede. “È una notizia che il nostro ordine aspettava da tempo - commenta ad AsiaNews p. Pasquale Castrilli, sacerdote Omi e scrittore - e ci auguravamo che potesse esserci questo pronunciamento proprio a maggio, in concomitanza con l’anniversario della sua scomparsa”. 

Nell’aprile del 1960 p. Borzaga e Paolo Thoj Xyooj erano partiti, a piedi, per un giro missionario di alcune settimane nel nord del Laos, sulle piste montagnose della foresta tropicale. I due avevano risposto a una chiamata degli Hmong - minoranza cristiana, perseguitata dalle autorità di Vientiane - del villaggio di Pha Xoua, quasi ai confini con la Cina. Il sacerdote aveva solo 28 anni e Paolo era un giovane catechista, molto valido e competente a dispetto dei suoi 19 anni.

Secondo le cronache, i due sono stati intercettati dai guerriglieri comunisti del Pathet Lao, che li hanno uccisi senza pietà. I loro corpi, gettati in una fossa comune nella zona di Muong Met, sulla pista verso Muong Kassy, non sono mai stati ritrovati. I confratelli hanno scelto il primo maggio come data convenzionale della sua morte, perché - spiega p. Castrilli - le ultime pagine del diario “risalgono alla fine di aprile”. 

“È una giornata di festa non solo per i missionari - prosegue - ma per tutti quelli che hanno a che fare con la famiglia degli Oblati, in particolare i laici e i giovani. Il movimento giovanile missionario che si ispira agli Oblati ha fatto di Mario Borzaga la sua bandiera. Perché è morto giovane, per gli ideali con cui ha vissuto, per le frasi e i racconti raccolti nel suo diario”. Alcuni anni fa, ricorda p. Castrilli, in occasione della Quaresima “i giovani hanno promosso una catena di sms prendendo spunto dalle frasi contenute nel suo diario”. 

Il riconoscimento del martirio è un evento significativo anche per la Chiesa del Laos, aggiunge il missionario Omi, dove ancora oggi vi sono limiti evidenti alla pratica del culto e alla libertà religiosa. “Quella del Laos, per noi, è una ferita ancora aperta - conclude p. Castrilli - il fatto di essere stati cacciati nel 1975 è fonte ancora oggi di dolore, a 40 anni di distanza. È una pagina di vita missionaria molto difficile, ma il riconoscimento del martirio è fonte di incoraggiamento per questa Chiesa di minoranza, che va avanti nonostante le difficoltà”. 

Padre Borzaga era nato a Trento il 27 agosto 1932. A 11 anni, entra nel Seminario minore, prima a Drena, a causa della guerra e due anni dopo a Trento, dove prosegue gli studi fino alla prima teologia. A 20 anni entra nella Congregazione dei Missionari Oblati di Maria Immacolata. Il 24 febbraio 1957 è ordinato sacerdote. Riceve l'Obbedienza per il Laos il 2 luglio 1957 e il 31 ottobre salpa da Napoli con il primo gruppo di Missionari Oblati italiani. P. Mario, con i suoi 25 anni, è il più giovane della spedizione. 

Dopo un mese di viaggio arrivano nel Laos. A Paksane, piccola città in riva al fiume Mekong, non lontana dalla capitale Vientiane, il Servo di Dio trascorre il primo anno dedicandosi allo studio del laotiano, per entrare il più presto possibile in contatto con la gente cui poter annunciare la Buona Notizia. Verso la fine del '58 raggiunge la comunità cristiana del piccolo villaggio Hmong di Kiucatiàm. Egli si adopera per formare i catechisti, visita le famiglie, accoglie e cura gli ammalati, che si affollano quotidianamente alla sua porta.

Domenica 24 aprile 1960, dopo la Messa, alcuni Hmong gli si fanno incontro rinnovandogli la richiesta di recarsi al loro villaggio di Pha Xoua, che è a tre giorni di marcia. Il giorno dopo, lunedì,  p. Mario s'incammina accompagnato dal catechista Thoj Xyooj Paolo. Da quel viaggio non faranno più ritorno. Le ricerche intraprese in seguito alla scomparsa non daranno alcuna risposta. Le testimonianze raccolte fin dall'inizio, con quelle pervenute  soprattutto in questi ultimi mesi, confermano l'uccisione dei due per mano del Pathet Lao.

Era laotiano il catechista Thoj  Xyooj  Paolo, nato a Kiukatiàm, nel Nord, nel 1941. Era stato battezzato dal p. Yves Bertrais OMI. Nel 1955, a 14 anni, entra al seminario di Paksane, dove riceve il nome laotiano di Khamsé. Lascia il seminario anche per motivi di salute. Tornato a Kiukatiàm, nel 1958 va a Na Vam (Nord Laos, ai confini con la Cina) con il p. Luigi Sion OMI.  Le testimonianze lo descrivono come catechista zelante e disponibile. Insegna bene e grazie a lui, si ottengono molte conversioni. Lascia Na Vam per la Scuola dei catechisti di Louang Prabang, dove resta poco tempo e rientra al villaggio. Lo troviamo negli ultimi tre mesi accanto a p. Mario, che di lui parla spesso nel suo "Diario". 

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