05/02/2019, 09.52
VATICANO -EMIRATI
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Papa negli Emirati: celebra la prima messa pubblica in terra d’Arabia

Rito nello Zayed Sports City di Abu Dhabi davanti a 120mila persone, cattolici di nazionalità e riti diversi. Le Beatitudini, modello ideale di vita cristiana “normale”, in realtà un “capovolgimento del pensare comune”, secondo cui i beati sono i ricchi, i potenti, chi ha successo.

Abu Dhabi (AsiaNews) – Messa del Papa in uno stadio: ci sono 120mila persone, dentro e fuori alla grande struttura. Ci sono migliaia di bandierine bianche e gialle, grida di gioia, saluti e commozione quando Francesco passa tra loro con l’auto. Tutto “normale” in una visita papale. Ma il tutto avviene, ed è la prima volta, nella penisola arabica, in un Paese musulmano. Sopra all’altare c’è una grande croce, in un Paese ove le chiese non possono averne una sul tetto.

Nella sua “normalità” è una Messa storica quella celebrata da Francesco stamani alle 10.30 locali (6.30 GMT), allo stadio Zayed Sports City di Abu Dhabi. Rito solenne per persone di 100 nazionalità e di riti diversi: caldei, copti, greco-cattolici, greco-melchiti, latini, maroniti, siro-cattolici, siro-malabaresi, siro-malancaresi.  Il Papa li elenca e li ringrazia alla fine della messa, ultimo atto di un viaggio segnato dal dialogo interreligioso.

Sono tutti migranti, per lo più asiatici, molti indiani e filippini, venuti nei ricchi Emirati arabi uniti per lavorare: minoranza che costituisce il 10% della popolazione. Non di rado vessati nel resto del mondo arabo.

Ci sono anche 4 mila musulmani e il ministro della Tolleranza, testimonianza della diversità degli Emirati rispetto agli altri Paesi della regione.

All’omelia della messa “Per la pace e la giustizia”, celebrata in inglese e latino, il Papa parla delle Beatitudini, modello ideale di vita cristiana “normale”. Ma in realtà sono un “capovolgimento del pensare comune”, secondo cui i beati sono i ricchi, i potenti, chi ha successo. Non così per Gesù, per il quale beati sono “i poveri, i miti, quanti restano giusti anche a costo di fare brutta figura, i perseguitati”.

“Beati: è la parola con cui Gesù comincia la sua predicazione nel Vangelo di Matteo. Ed è il ritornello che Egli ripete oggi, quasi a voler fissare nel nostro cuore, prima di tutto, un messaggio basilare: se stai con Gesù, se come i discepoli di allora ami ascoltare la sua parola, se cerchi di viverla ogni giorno, sei beato. Non sarai beato, ma sei beato: ecco la prima realtà della vita cristiana. Essa non si presenta come un elenco di prescrizioni esteriori da adempiere o come un complesso insieme di dottrine da conoscere. Anzitutto non è questo; è sapersi, in Gesù, figli amati del Padre. È vivere la gioia di questa beatitudine, è intendere la vita come una storia di amore, la storia dell’amore fedele di Dio che non ci abbandona mai e vuole fare comunione con noi sempre. Ecco il motivo della nostra gioia, di una gioia che nessuna persona al mondo e nessuna circostanza della vita possono toglierci. È una gioia che dà pace anche nel dolore, che già ora fa pregustare quella felicità che ci attende per sempre. Cari fratelli e sorelle, nella gioia di incontrarvi, questa è la parola che sono venuto a dirvi: beati!”.

Quella delle Beatitudini, aggiunge, è “una mappa di vita”, è “la santità del vivere quotidiano, che non ha bisogno di miracoli e di segni straordinari. Le Beatitudini non sono per superuomini, ma per chi affronta le sfide e le prove di ogni giorno. Chi le vive secondo Gesù rende pulito il mondo. È come un albero che, anche in terra arida, ogni giorno assorbe aria inquinata e restituisce ossigeno. Vi auguro di essere così, ben radicati in Gesù e pronti a fare del bene a chiunque vi sta vicino. Le vostre comunità siano oasi di pace”.

“Vivere da beati e seguire la via di Gesù – aggiunge - non significa tuttavia stare sempre allegri. Chi è afflitto, chi patisce ingiustizie, chi si prodiga per essere operatore di pace sa che cosa significa soffrire. Per voi non è certo facile vivere lontani da casa e sentire magari, oltre alla mancanza degli affetti più cari, l’incertezza del futuro. Ma il Signore è fedele e non abbandona i suoi”. “Il Signore è vicino. Può succedere, di fronte a una prova o ad un periodo difficile, di pensare di essere soli, anche dopo tanto tempo passato col Signore. Ma in quei momenti Egli, anche se non interviene subito, ci cammina a fianco e, se continuiamo ad andare avanti, aprirà una via nuova. Perché il Signore è specialista nel fare cose nuove, sa aprire vie anche nel deserto (cfr Is 43,19)”.

“Infine, vorrei soffermarmi brevemente su due Beatitudini. La prima: «Beati i miti» (Mt 5,5). Non è beato chi aggredisce o sopraffà, ma chi mantiene il comportamento di Gesù che ci ha salvato: mite anche di fronte ai suoi accusatori”. Ai suoi che partivano per “recarsi presso i Saraceni e i non cristiani” san Francesco disse: “Né liti né dispute, e questo vale anche per i preti; né liti né dispute: in quel tempo, mentre tanti partivano rivestiti di pesanti armature, san Francesco ricordò che il cristiano parte armato solo della sua fede umile e del suo amore concreto. È importante la mitezza: se vivremo nel mondo al modo di Dio, diventeremo canali della sua presenza; altrimenti, non porteremo frutto”.

“La seconda Beatitudine: «Beati gli operatori di pace» (v. 9). Il cristiano promuove la pace, a cominciare dalla comunità in cui vive”. “Chiedo per voi la grazia di custodire la pace, l’unità, di prendervi cura gli uni degli altri, con quella bella fraternità per cui non ci sono cristiani di prima e di seconda classe”.

“Chiedo per voi la grazia – ha concluso - di custodire la pace, l’unità, di prendervi cura gli uni degli altri, con quella bella fraternità per cui non ci sono cristiani di prima e di seconda classe. Gesù, che vi chiama beati, vi dia la grazia di andare sempre avanti senza scoraggiarvi, crescendo nell’amore «fra voi e verso tutti»”.

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