16/02/2022, 11.02
VATICANO
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Papa: Amare la Chiesa, prima di criticarla

Concludendo il ciclo di catechesi su san Giuseppe, nell'udienza generale di oggi Francesco si è soffermato sul titolo di patrono della Chiesa universale a lui attribuito 150 anni fa. "Quando ho un problema con qualcuno, cerco di custodirlo o lo condanno subito?". Il ricordo del religioso ucciso nella Repubblica democratica del Congo il 2 febbraio, dopo aver celebrato la Messa.

Città del Vaticano (AsiaNews) - “Viviamo in un tempo in cui è comune criticare la Chiesa”, ma solo amarla così com’è – senza chiamarsi fuori - ci rende capaci “di dire quello che non va” e “riconoscerne tutto il bene”. Lo ha detto oggi papa Francesco nell’udienza generale del mercoledì, rivolgendosi ai fedeli presenti nell’Aula Paolo VI.

Concludendo il ciclo di catechesi dedicato alla figura di san Giuseppe, papa Francesco si è soffermato sul significato del titolo “patrono della Chiesa cattolica” a lui attribuito dal beato Pio IX 150 anni fa. “Giuseppe - ha spiegato - ha il compito di proteggere Gesù e Maria” e insieme formano “il nucleo primordiale della Chiesa”. “Il Figlio dell’Altissimo è venuto nel mondo in una condizione di grande debolezza - ha osservato ancora il pontefice -. Ha voluto aver bisogno di essere difeso, protetto, accudito. Dio si è fidato di Giuseppe, come ha fatto Maria, che in lui ha trovato lo sposo che l’ha amata e rispettata e si è sempre preso cura di lei e del Bambino”. “Ogni persona che ha fame e sete, ogni straniero, ogni persona senza vestiti, ogni malato, ogni carcerato è il “Bambino” che Giuseppe custodisce. E anche noi dobbiamo imparare da Giuseppe a “custodire” questi beni: amare il Bambino e sua madre; amare i Sacramenti e il popolo di Dio; amare i poveri e la nostra parrocchia. Ognuna di queste realtà è sempre il Bambino e sua madre”.

Questo implica anche un modo preciso di guardare alla Chiesa: “Viviamo un tempo - ha osservato Francesco - in cui è comune criticarla, sottolinearne le incoerenze, i peccati, che in realtà sono le nostre incoerenze, i nostri peccati, perché da sempre la Chiesa è un popolo di peccatori che incontrano la misericordia di Dio. Domandiamoci se, in fondo al cuore, noi amiamo la Chiesa. Infatti, solo l’amore ci rende capaci di dire pienamente la verità, in maniera non parziale; di dire quello che non va, ma anche di riconoscere tutto il bene e la santità che sono presenti nella Chiesa”.

“La Chiesa – ha detto ancora il pontefice - non è quel gruppetto che è vicino al prete e comanda tutti. La Chiesa siamo tutti. In cammino. Custodirci uno l’altro, custodirci a vicenda. È una bella domanda, questa: io, quando ho un problema con qualcuno, cerco di custodirlo o lo condanno subito, sparlo di lui, lo distruggo?

Di qui l’invito a “chiedere l’intercessione di san Giuseppe proprio nei momenti più difficili della vita vostra e delle vostre comunità. Lì dove i nostri errori diventano scandalo - ha concluso il papa - chiediamo a San Giuseppe di avere il coraggio di fare verità, chiedere perdono e ricominciare umilmente. Lì dove la persecuzione impedisce che il Vangelo sia annunciato, chiediamo a San Giuseppe la forza e la pazienza di saper sopportare soprusi e sofferenze per amore del Vangelo. Lì dove i mezzi materiali e umani scarseggiano e ci fanno fare l’esperienza della povertà, soprattutto quando siamo chiamati a servire gli ultimi, gli indifesi, gli orfani, i malati, gli scartati della società, preghiamo san Giuseppe perché sia per noi Provvidenza”.

Rivolgendosi poi nelle diverse lingue ai pellegrini presenti, nel saluto a un gruppo dei religiosi dell’Ordine dei Chierici regolari minori, il papa ha ricordato giovane confratello p Richard Masivi Kasereka, ucciso nella Repubblica Democratica del Congo il 2 febbraio dopo aver celebrato la Messa nella Giornata della vita consacrata. La sua morte - ha commentato Francesco - “non scoraggi i suoi familiari, la sua famiglia religiosa e l’intera comunità cristiana di quella nazione ad essere annunciatori e testimoni di bontà e di fraternità, nonostante le difficoltà, imitando l’esempio di Gesù, Buon pastore”. Infine, rivolgendosi come di consueto agli anziani, agli ammalati, ai giovani e agli sposi novelli, ha detto loro: “In un mondo che continua ad essere lacerato da contrasti profondi e apparentemente insanabili, ciascuno di voi sia, per parte propria, segno di riconciliazione che affonda le sue radici nella Parola del Vangelo”.

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