07/04/2007, 00.00
VATICANO
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Papa: Gesù porti alla luce anche chi è negli inferni di oggi

Nel corso della veglia di Pasqua, Benedetto XVI sottolinea che col battesimo l’uomo depone la sua vita nelle mani di Cristo. E’ una unità che l’unisce anche nella vittoria sulla morte.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Notte di Pasqua, veglia di tutte le veglie, vittoria della luce sulle tenebre, simboleggiata nell’esplosione di luce che accoglie il Papa che entra nella basilica di San Pietro dopo la benedizione del fuoco, la preparazione e l’accensione del cero pasquale. E’ il momento della risurrezione, dopo la discesa agli inferi, un momento che, nelle parole di Benedetto XVI, è sempre attuale: “Discendi – è la sua preghiera - anche nelle notti e negli inferi di questo nostro tempo moderno e prendi per mano coloro che aspettano. Portali alla luce!”
 
La lunga e splendida liturgia della notte di Pasqua è cominciata, come di consueto, nell’atrio della Basilica, con la benedizione del fuoco e l’accensione del cero pasquale. La successiva processione verso l’altare, al canto dell’Exsultet, è stata accompagnata dal passaggio della luce di mano in mano, da una candela all’altra. Tradizione vuole che la vigilia di Pasqua sia il giorno del battesimo ed infatti il Papa ha amministrato i sacramenti dell’iniziazione cristiana a sei catecumeni adulti - provenienti da diversi Paesi - ed il battesimo a due bambini.
 
E’ una cerimonia segnata dalla luce, che indica la risurrezione, e ad essa ha fatto riferimento il Papa in un’omelia centrata sulla risurrezione ed il battesimo.
 
“Il Battesimo – ha detto - è più di un lavacro, di una purificazione. È più dell’assunzione in una comunità. È una nuova nascita. Un nuovo inizio della vita”. “Nel Battesimo ci doniamo a Cristo – Egli ci assume in sé, affinché poi non viviamo più per noi stessi, ma grazie a Lui, con Lui e in Lui; affinché viviamo con Lui e così per gli altri”. “Se in questo modo ci doniamo, accettando una specie di morte del nostro io, allora ciò significa anche che il confine tra morte e vita diventa permeabile. Al di qua come al di là della morte siamo con Cristo e per questo, da quel momento in avanti, la morte non è più un vero confine”.
 
“E’ questa – ha detto ancora - la novità del Battesimo: la nostra vita appartiene a Cristo, non più a noi stessi. Ma proprio per questo non siamo soli neppure nella morte, ma siamo con Lui che vive sempre. Nel Battesimo, insieme con Cristo, abbiamo già fatto il viaggio cosmico fin nelle profondità della morte. Accompagnati da Lui, anzi, accolti da Lui nel suo amore, siamo liberi dalla paura”. “Nel Credo professiamo circa il cammino di Cristo: ‘Discese agli inferi’. Che cosa accadde allora? Poiché non conosciamo il mondo della morte, possiamo figurarci questo processo del superamento della morte solo mediante immagini che rimangono sempre poco adatte. Con tutta la loro insufficienza, tuttavia, esse ci aiutano a capire qualcosa del mistero. La liturgia applica alla discesa di Gesù nella notte della morte la parola del Salmo 23 [24]: “Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche!” La porta della morte è chiusa, nessuno può tornare indietro da lì. Non c’è una chiave per questa porta ferrea. Cristo, però, ne possiede la chiave. La sua Croce spalanca le porte della morte, le porte irrevocabili. Esse ora non sono più invalicabili. La sua Croce, la radicalità del suo amore è la chiave che apre questa porta. L’amore di Colui che, essendo Dio, si è fatto uomo per poter morire – questo amore ha la forza per aprire la porta. Questo amore è più forte della morte”.
 
“Il Figlio di Dio nell’incarnazione si è fatto una cosa sola con l’essere umano – con Adamo. Ma solo in quel momento, in cui compie l’atto estremo dell’amore discendendo nella notte della morte, Egli porta a compimento il cammino dell’incarnazione. Mediante il suo morire Egli prende per mano Adamo, tutti gli uomini in attesa e li porta alla luce. Ora, tuttavia, si può domandare: Ma che cosa significa questa immagine? Quale novità è lì realmente accaduta per mezzo di Cristo? L’anima dell’uomo, appunto, è di per sé immortale fin dalla creazione – che cosa di nuovo ha portato Cristo? Sì, l’anima è immortale, perché l’uomo in modo singolare sta nella memoria e nell’amore di Dio, anche dopo la sua caduta. Ma la sua forza non basta per elevarsi verso Dio”.
 
“L’uomo non riesce a giungere in alto, ma anela verso l’alto: ‘Dal profondo grido a te…’ Solo il Cristo risorto può portarci su fino all’unione con Dio, fin dove le nostre forze non possono arrivare”.
“Uniti col suo amore, portati sulle ali dell’amore, come persone che amano – ha concluso Benedetto XVI - scendiamo insieme con Lui nelle tenebre del mondo, sapendo che proprio così saliamo anche con Lui. Preghiamo quindi in questa notte: Signore, dimostra anche oggi che l’amore è più forte dell’odio. Che è più forte della morte. Discendi anche nelle notti e negli inferi di questo nostro tempo moderno e prendi per mano coloro che aspettano. Portali alla luce! Sii anche nelle mie notti oscure con me e conducimi fuori! Aiutami, aiutaci a scendere con te nel buio di coloro che sono in attesa, che gridano dal profondo verso di te! Aiutaci a portarvi la tua luce! Aiutaci ad arrivare al “sì” dell’amore, che ci fa discendere e proprio così salire insieme con te!”.
 
 
 
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