23/01/2014, 00.00
VATICANO
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Papa: i social media, strumento per "dare forma alla vocazione missionaria di tutta la Chiesa"

Nel messaggio per la 48ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali Francesco scrive che i media possono facilitare la cultura dell'incontro e del farsi "prossimo". La Chiesa percorra anche le "strade" digitali per trasmettere "la bellezza di Dio".

Città del Vaticano (AsiaNews) - Lo sviluppo delle comunicazioni, in particolare dei social media, facilita la "cultura dell'incontro", è "un dono di Dio" e chi comunica "si fa prossimo". Ciò comporta disponibilità all'ascolto dell'altro, alla condivisione che, per il cristiano, diventa testimonianza di una Chiesa "dalle porte aperte" e che esce per le strade, "anche quelle digitali, affollate di umanità, spesso ferita: uomini e donne che cercano una salvezza o una speranza".

La comunicazione, così, "concorre a dare forma alla vocazione missionaria di tutta la Chiesa, e le reti sociali sono oggi uno dei luoghi in cui vivere questa vocazione a riscoprire la bellezza della fede, la bellezza dell'incontro con Cristo".

Lo scrive papa Francesco nel messaggio per la 48ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che quest'anno si celebra domenica 1 giugno, reso pubblico oggi e che ha per tema: Comunicazione al servizio di un'autentica cultura dell'incontro.

"Oggi - si legge nel documento - viviamo in un mondo che sta diventando sempre più 'piccolo' e dove, quindi, sembrerebbe essere facile farsi prossimi gli uni agli altri". Ma se sviluppo dei trasporti e delle comunicazioni rendono sempre più interdipendenti, "permangono divisioni, a volte molto marcate. A livello globale vediamo la scandalosa distanza tra il lusso dei più ricchi e la miseria dei più poveri". "Il mondo soffre di molteplici forme di esclusione, emarginazione e povertà; come pure di conflitti in cui si mescolano cause economiche, politiche, ideologiche e, purtroppo, anche religiose".

"In questo mondo, i media possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri; a farci percepire un rinnovato senso di unità della famiglia umana", ma "i muri che ci dividono possono essere superati solamente se siamo pronti ad ascoltarci e ad imparare gli uni dagli altri. Abbiamo bisogno di comporre le differenze attraverso forme di dialogo che ci permettano di crescere nella comprensione e nel rispetto. La cultura dell'incontro richiede che siamo disposti non soltanto a dare, ma anche a ricevere dagli altri. I media possono aiutarci in questo, particolarmente oggi, quando le reti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi. In particolare internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio".

Esistono però, osserva il Papa, "aspetti problematici: la velocità dell'informazione supera la nostra capacità di riflessione e giudizio" e la varietà delle opinioni espresse "può aiutarci a crescere o, al contrario, a disorientarci. Il desiderio di connessione digitale può finire per isolarci dal nostro prossimo, da chi ci sta più vicino. Senza dimenticare che chi, per diversi motivi, non ha accesso ai media sociali, rischia di essere escluso".

"Questi limiti sono reali, tuttavia non giustificano un rifiuto dei media sociali; piuttosto ci ricordano che la comunicazione è, in definitiva, una conquista più umana che tecnologica". Per "crescere in umanità e nella comprensione reciproca" occorre, ad esempio, "recuperare un certo senso di lentezza e di calma. Questo richiede tempo e capacità di fare silenzio per ascoltare. Abbiamo anche bisogno di essere pazienti se vogliamo capire chi è diverso da noi: la persona esprime pienamente se stessa non quando è semplicemente tollerata, ma quando sa di essere davvero accolta. Se siamo veramente desiderosi di ascoltare gli altri, allora impareremo a guardare il mondo con occhi diversi e ad apprezzare l'esperienza umana come si manifesta nelle varie culture e tradizioni. Ma sapremo anche meglio apprezzare i grandi valori ispirati dal Cristianesimo, ad esempio la visione dell'uomo come persona, il matrimonio e la famiglia, la distinzione tra sfera religiosa e sfera politica, i principi di solidarietà e sussidiarietà, e altri".

Per essere a servizio di un'autentica cultura dell'incontro la comunicazione allora va intesa "in termini di prossimità". "Chi comunica si fa prossimo". E come nella parabola del Buon samaritano, "Gesù inverte la prospettiva: non si tratta di riconoscere l'altro come un mio simile, ma della mia capacità di farmi simile all'altro. Comunicare significa quindi prendere consapevolezza di essere umani, figli di Dio. Mi piace definire questo potere della comunicazione come '"prossimità'".

"Quando la comunicazione ha il prevalente scopo di indurre al consumo o alla manipolazione delle persone, ci troviamo di fronte a un'aggressione violenta come quella subita dall'uomo percosso dai briganti e abbandonato lungo la strada, come leggiamo nella parabola".

E come per il samaritano, "non basta passare lungo le 'strade' digitali, cioè semplicemente essere connessi: occorre che la connessione sia accompagnata dall'incontro vero. Non possiamo vivere da soli, rinchiusi in noi stessi. Abbiamo bisogno di amare ed essere amati. Abbiamo bisogno di tenerezza. Non sono le strategie comunicative a garantire la bellezza, la bontà e la verità della comunicazione. Anche il mondo dei media non può essere alieno dalla cura per l'umanità, ed è chiamato ad esprimere tenerezza. La rete digitale può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone umane. La neutralità dei media è solo apparente: solo chi comunica mettendo in gioco se stesso può rappresentare un punto di riferimento. Il coinvolgimento personale è la radice stessa dell'affidabilità di un comunicatore. Proprio per questo la testimonianza cristiana, grazie alla rete, può raggiungere le periferie esistenziali".

"Lo ripeto spesso: tra una Chiesa accidentata che esce per strada, e una Chiesa ammalata di autoreferenzialità, non ho dubbi nel preferire la prima. E le strade sono quelle del mondo dove la gente vive, dove è raggiungibile effettivamente e affettivamente. Tra queste strade ci sono anche quelle digitali, affollate di umanità, spesso ferita: uomini e donne che cercano una salvezza o una speranza. Anche grazie alla rete il messaggio cristiano può viaggiare «fino ai confini della terra» (At 1,8). Aprire le porte delle chiese significa anche aprirle nell'ambiente digitale, sia perché la gente entri, in qualunque condizione di vita essa si trovi, sia perché il Vangelo possa varcare le soglie del tempio e uscire incontro a tutti. Siamo chiamati a testimoniare una Chiesa che sia casa di tutti". "La comunicazione concorre a dare forma alla vocazione missionaria di tutta la Chiesa, e le reti sociali sono oggi uno dei luoghi in cui vivere questa vocazione a riscoprire la bellezza della fede, la bellezza dell'incontro con Cristo. Anche nel contesto della comunicazione serve una Chiesa che riesca a portare calore, ad accendere il cuore".

"La testimonianza cristiana non si fa con il bombardamento di messaggi religiosi, ma con la volontà di donare se stessi agli altri «attraverso la disponibilità a coinvolgersi pazientemente e con rispetto nelle loro domande e nei loro dubbi, nel cammino di ricerca della verità e del senso dell'esistenza umana» (Benedetto XVI, Messaggio per la XLVII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 2013). Pensiamo all'episodio dei discepoli di Emmaus. Occorre sapersi inserire nel dialogo con gli uomini e le donne di oggi, per comprenderne le attese, i dubbi, le speranze, e offrire loro il Vangelo, cioè Gesù Cristo, Dio fatto uomo, morto e risorto per liberarci dal peccato e dalla morte. La sfida richiede profondità, attenzione alla vita, sensibilità spirituale. Dialogare significa essere convinti che l'altro abbia qualcosa di buono da dire, fare spazio al suo punto di vista, alle sue proposte. Dialogare non significa rinunciare alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa che siano uniche ed assolute".

"L'icona del buon samaritano, che fascia le ferite dell'uomo percosso versandovi sopra olio e vino, ci sia di guida. La nostra comunicazione sia olio profumato per il dolore e vino buono per l'allegria. La nostra luminosità non provenga da trucchi o effetti speciali, ma dal nostro farci prossimo di chi incontriamo ferito lungo il cammino, con amore, con tenerezza. Non abbiate timore di farvi cittadini dell'ambiente digitale. È importante l'attenzione e la presenza della Chiesa nel mondo della comunicazione, per dialogare con l'uomo d'oggi e portarlo all'incontro con Cristo: una Chiesa che accompagna il cammino sa mettersi in cammino con tutti. In questo contesto la rivoluzione dei mezzi di comunicazione e dell'informazione è una grande e appassionante sfida, che richiede energie fresche e un'immaginazione nuova per trasmettere agli altri la bellezza di Dio".

 

 

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