22/11/2006, 00.00
VATICANO
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Papa: il Libano ferito rifiuti la violenza e cerchi giustizia e riconciliazione

Benedetto XVI al termine dell'udienza generale parla dell'assassinio di Pierre Gemayel. Appello alla comunità internazionale ad agire per eliminare dal Medio Oriente le tante situazioni di ingiustizia.

Città del Vaticano (AsiaNews) – L'assassinio del ministro cristiano Pierre Gemayel, ieri sera a Beirut, spinga i libanesi a lavorare insieme per costruire l'unità nazionale ed i Paesi che hanno a cuore le sorti del Medio Oriente ad agire per eliminare le ingiustizia che lo colpiscono. Del nuovo omicidio che ha insanguinato il Libano, ha parlato Benedetto XVI che, al termine dell'udienza generale, ha lanciato un appello per invitare i libanesi a rifiutare la violenza e la comunità internazionale ad affrontare la drammatica situazione mediorientale.

Il Papa ha espresso "profondo dolore" per il "brutale assassinio" di Gemayel che ha "fermamente condannato". "Assicuro – ha aggiunto - la mia preghiera e la mia vicinanza spirituale alla famiglia in lutto e all'amato popolo libanese". "Di fronte alle forze oscure che cercano di distruggere il Paese - ha proseguito - invito tutti i libanesi a non farsi vincere dall'odio ma a rinsaldare l'unità nazionale, la giustizia e la riconciliazione e a lavorare assieme per costruire assieme un futuro di pace". "Invito infine - ha concluso - i responsabili dei Paesi che hanno a cuore le sorti di quella Regione a contribuire ad una soluzione globale e negoziata delle diverse situazioni di ingiustizia che la segnano da ormai troppi anni".

Nella catechesi per l'udienza generale, Benedetto XVI aveva parlato dell'unità nella Chiesa, "corpo" e "sposa" di Cristo, pur nella molteplicità dei carismi che lo Spirito suscita, nasce dalla sua unione con il suo fondatore. La realtà della Chiesa nel pensiero di Paolo, "uno dei temi più importanti del suo pensiero" è stato l'argomento del quale Benedetto XVI ha parlato ai 20mila presenti all'udienza generale, malgrado la giornata segnata da una pioggia a tratti battente, che ha fatto riempire Piazza San Pietro di migliaia di ombrelli multicolori. "Speriamo che il Signore sia propizio e faccia finire questa pioggia", ha commentato in proposito lo stesso Papa, le parole del quale sono state seguite, dopo un po', dalla timida uscita di un raggio di sole. "Vorrei ringraziare il Signore che ci ha dato un momento di luce e di pausa nella pioggia", ha aggiunto scherzosamente al termine dell'udienza.

Rievocando il pensiero di Paolo, al quale oggi ha dedicato per la quarta volta la sua riflessione, il Papa ha detto che "il suo primo contatto con la persona di Gesù avvenne attraverso la comunità cristiana di Gerusalemme" della quale, per tre volte l'apostolo dice "ho perseguitato la Chiesa di Dio". Anche se nel caso di Paolo l'incontro non fu positivo, "la storia dimostra che a Gesù si arriva passando attraverso la Chiesa".

Per Paolo "l'adesione fu propiziata da un diretto intervento di Cristo" che sulla via di Damasco si impersonò nella Chiesa quando disse che perseguitando la Chiesa si perseguitava Lui. Così si comprende perché alla Chiesa sia stata così presente nel pensiero e nell'attività di Paolo, che fondò varie Chiese nelle città in cui fu evangelizzatore. Alcune, anzi, gli dettero qualche preoccupazione e dispiacere, ma mai egli cessò di amarle,

Paolo, ha proseguito Benedetto XVI,  "ci illustra la sua dottrina sulla Chiesa in quanto tale, come la definizione di Chiesa corpo di Cristo". La radice della sua "sorprendente definizione" la troviamo, ha sottolineato il Papa nella definizione stessa del corpo di Cristo ed anche dell'Eucaristia. "Tutti voi siete uno nel corpo di Cristo", scrive Paolo. "E' da qui – ha notato poi - che deriva la grandezza e la novità della Chiesa, di tutti noi che ne facciamo parte, essere parti, membra di Cristo".

Sottolineare l'esigenza dell'unità non significa però "sostenere che si debba uniformare e appiattire la vita cristiana secondo un unico modo di operare", ha rilevato Benedetto XVI, indicando che lo stesso Paolo cita le innumerevoli manifestazioni carismatiche dello Spirito. Per l'apostolo, insomma, tutto deve "concorrere a costruire il tessuto ecclesiale", "senza fughe e senza strappi". "E' in gioco dunque un rapporto di comunione", sia verticale, tra Gesù e i fedeli, che orizzontale tra "tutti coloro che si distinguono nel mondo per il fatto di invocare il nome del Signore nostro Gesù Cristo". "Si capisce bene - ha concluso - quanto sia auspicabile che si realizzi quello che San Paolo si augura".

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