30/07/2025, 12.15
VATICANO
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Papa: stop alle violenze contro i cristiani, dialogo come a Helsinki per prevenire i conflitti

All'udienza generale la condanna di Leone XIV della strage terroristica che domenica ha ucciso 40 persone in una chiesa della Repubblica democratica del Congo. Il cinquantesimo anniversario degli accordi che riaprirono la cooperazione tra Est e Ovest rilanciando il tema dei diritti umani, lezione da "custodire oggi". Nella catechesi dedicata al brano evangelico della guarigione del sordomuto, lo sguardo sull'incomunicabilità e le chiusure in sé stessi come reazione alla "bulimia da social media".

Città del Vaticano (AsiaNews) - Il dolore e la vicinanza ai cristiani della Repubblica democratica del Congo, dove domenica scorsa oltre quaranta cristiani sono stati uccisi in un attacco terroristico a una chiesa durante una veglia di preghiera. Ma anche il ricordo di un anniversario importante e illuminante per il tempo che oggi stiamo vivendo: i 50 anni dalla firma dell’Atto finale di Helsinki, che il 1 agosto 1975 vide 35 Paesi “inaugurare una nuova stagione politica, favorendo un riavvicinamento tra Est e Ovest”.

Sono i due volti del mondo che Leone XIV ha voluto ricordare questa mattina al termine dell’udienza generale del mercoledì tenuta in piazza San Pietro. Si è trattato del primo incontro settimanale con i pellegrini dopo la pausa nelle settimane che il pontefice ha trascorso a Castel Gandolfo. E in piazza erano già presenti numerosi gruppi da tutto il mondo giunti a Roma per il Giubileo dei giovani che ieri sera ha avuto la sua messa di apertura con un saluto a sorpresa del pontefice stesso, sceso in piazza al termine della celebrazione.
Oggi dunque - affidando alla misericordia di Dio le vittime della nuova strage in Congo ed esprimendo vicinanza ai feriti – Leone XIV è tornato a pregare “per i cristiani che nel mondo continuano a soffrire violenze e persecuzione”. E ha esortato “quanti hanno responsabilità a livello locale e internazionale collaborare per prevenire simili tragedie”.

Sull’anniversario degli Accordi di Helsinki, invece, ha ricordato come quell’evento segnò anche “un rinnovato interesse per i diritti umani, con particolare attenzione alla libertà religiosa considerata come uno dei fondamenti dell’allora nascente architettura di cooperazione da Vancouver a Vladivostok”. A questo contribuì la partecipazione attiva della Santa Sede, rappresentata dall’allora arcivescovo Agostino Casaroli. “Oggi, più che mai – ha detto ancora il papa - è indispensabile custodire lo spirito di Helsinki: perseverare nel dialogo, rafforzare la cooperazione e fare della diplomazia la via privilegiata per prevenire e risolvere i conflitti”.

Nella catechesi che ha preceduto queste parole Leone XIV - proseguendo il ciclo di riflessioni giubilari su “Gesù Cristo nostra speranza” - aveva concluso la parte dedicata alla vita pubblica di Gesù soffermandosi sull’episodio evangelico della guarigione del sordomuto (Mc 7,31-37). “Anche questo tempo che stiamo vivendo – ha osservato il papa - ha bisogno di guarigione. Il nostro mondo è attraversato da un clima di violenza e di odio che mortifica la dignità umana. Viviamo in una società che si sta ammalando a causa di una ‘bulimia’ delle connessioni dei social media: siamo iperconnessi, bombardati da immagini, talvolta anche false o distorte. Siamo travolti da molteplici messaggi che suscitano in noi una tempesta di emozioni contraddittorie”.

“In questo scenario – ha proseguito - è possibile che nasca in noi il desiderio di spegnere tutto. Possiamo arrivare a preferire di non sentire più niente. Anche le nostre parole rischiano di essere fraintese e possiamo essere tentati di chiuderci nel silenzio, in una incomunicabilità dove, per quanto vicini, non riusciamo più a dirci le cose più semplici e profonde”.

Ed è anche di questo che parla il racconto evangelico della guarigione del sordomuto. “Il comportamento di Gesù – ha osservato Prevost - può apparire inizialmente strano, perché prende con sé questa persona e la porta in disparte. Sembra così accentuare il suo isolamento, ma a ben guardare ci aiuta a capire cosa si nasconde dietro il silenzio e la chiusura di quest’uomo, come se avesse colto il suo bisogno di intimità e di vicinanza”. Ed è questa “prossimità silenziosa” la premessa all’invito espresso con la parola aramaica effatà, cioè “Apriti”. “È come se Gesù – ha commentato il papa - gli dicesse: ‘Apriti a questo mondo che ti spaventa! Apriti alle relazioni che ti hanno deluso! Apriti alla vita che hai rinunciato ad affrontare’ Chiudersi, infatti, non è mai una soluzione”.

Il Vangelo dice che dopo questo incontro quella persona non solo torna a parlare, ma lo fa “correttamente”. “Forse quest’uomo aveva smesso di parlare perché gli sembrava di dire le cose in modo sbagliato, forse non si sentiva adeguato. Tutti noi facciamo esperienza di essere fraintesi e di non sentirci capiti. Tutti noi abbiamo bisogno di chiedere al Signore di guarire il nostro modo di comunicare, non solo per essere più efficaci, ma anche per evitare di fare male agli altri con le nostre parole”.
“Cari fratelli e sorelle – ha concluso il pontefice - chiediamo al Signore di poter imparare a comunicare in modo onesto e prudente. Preghiamo per tutti coloro che sono stati feriti dalle parole degli altri. Preghiamo per la Chiesa, perché non venga mai mano al suo compito di portare le persone a Gesù, affinché possano ascoltare la sua Parola, esserne guarite e farsi portatrici a loro volta del suo annuncio di salvezza”.

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