24/06/2009, 00.00
VATICANO
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Papa: “ricorda sempre nella preghiera” tutti i bambini vittime “della violenza e delle armi”

Benedetto XVI all’udienza generale parla dello scopo dell’Anno sacerdotale: favorire la tensione di ogni presbitero verso la perfezione spirituale dalla quale soprattutto dipende l’efficacia del suo ministero. Il compito fondamentale dell’annuncio comprende, come fece Gesù, il gesto, la vita stessa. Appello per la liberazione di Eugenio Vagni, operatore della Croce Rossa rapito nelle Filippine
Città del Vaticano (AsiaNews) – Il Papa “ricorda sempre nella preghiera” tutti i bambini vittime “della violenza e delle armi” e tutti i bambini del mondo, in particolare a quelli che sono esposti alla paura, all’abbandono, alla fame, agli abusi, alla malattia, alla morte”. La presenza all’udienza generale di oggi di una delegazione guidata dalla sotto-segretario dell’ONU e rappresentante speciale per i bambini in situazione di conflitto armato ha dato oggi occasione a Benedetto XVI di tornare ad alzare la sua voce contro coloro che usano qualsiasi forma di violenza contro i più piccoli.
 
Lo stesso tema dell’assistenza alle vittime è stato evocato dal Papa che ha ricordato i 150 anni dell’istituzione della Croce Rossa. “Nel corso degli anni – ha detto in proposito -  i valori di universalità, neutralità, indipendenza del servizio, hanno suscitato l’adesione di milioni di volontari in ogni parte del mondo, formando un importante baluardo di umanità e di solidarietà in tanti contesti di guerra e di conflitto, come pure in molte emergenze. Nell’auspicare che la persona umana, nella sua dignità e nella sua interezza sia sempre al centro dell’impegno umanitario della Croce Rossa, incoraggio specialmente i giovani ad impegnarsi concretamente in questa benemerita Istituzione. Approfitto di questa circostanza – ha proseguito - per chiedere il rilascio di tutte le persone sequestrate in zone di confitto e nuovamente la liberazione di Eugenio Vagni, operatore della Croce Rossa nelle Filippine”.
 
Nel discorso precedentemente rivolto alle 30mila persone presenti all’udienza, Benedetto XVI ha spiegato l’obiettivo e il senso dell’Anno sacerdotale, da lui aperto lo scorso 19 giugno. Lo speciale giubileo, ha ricordato, è stato indetto in occasione del 150mo anniversario della morte di San Giovanni Maria Vianney. “La Provvidenza divina  - ha detto il Papa - ha fatto sì che la sua figura venisse accostata a quella di san Paolo. Mentre infatti si va concludendo l’Anno Paolino, dedicato all’Apostolo delle genti, modello di straordinario evangelizzatore che ha compiuto diversi viaggi missionari per diffondere il Vangelo, questo nuovo anno giubilare ci invita a guardare ad un povero contadino diventato umile parroco, che ha consumato il suo servizio pastorale in un piccolo villaggio. Se i due Santi differiscono molto per i percorsi di vita che li hanno caratterizzati – l’uno è passato di regione in regione per annunciare il Vangelo, l’altro ha accolto migliaia e migliaia di fedeli sempre restando nella sua piccola parrocchia -, c’è però qualcosa di fondamentale che li accomuna: ed è la loro identificazione totale col proprio ministero, la loro comunione con Cristo”.
 
Scopo dell’Anno sacerdotale è allora “favorire la tensione di ogni presbitero ‘verso la perfezione spirituale dalla quale soprattutto dipende l’efficacia del suo ministero’, e aiutare innanzitutto i sacerdoti, e con essi l’intero Popolo di Dio, a riscoprire e rinvigorire la coscienza dello straordinario ed indispensabile dono di Grazia che il ministero ordinato rappresenta per chi lo ha ricevuto, per la Chiesa intera e per il mondo, che senza la presenza reale di Cristo sarebbe perduto”.
 
Compito essenziale del sacerdote, nelle parole del Papa, è allora l’annuncio apostolico. Ma “Che cosa significa propriamente, per i sacerdoti, evangelizzare? In che consiste il cosiddetto primato dell’annuncio?. Gesù parla dell’annuncio del Regno di Dio come del vero scopo della sua venuta nel mondo e il suo annuncio non è solo un ‘discorso’. Include, nel medesimo tempo, il suo stesso agire: i segni e i miracoli che compie indicano che il Regno viene nel mondo come realtà presente, che coincide ultimamente con la sua stessa persona. In questo senso, è doveroso ricordare che, anche nel primato dell’annuncio, parola e segno sono indivisibili. La predicazione cristiana non proclama ‘parole’, ma la Parola, e l’annuncio coincide con la persona stessa di Cristo, ontologicamente aperta alla relazione con il Padre ed obbediente alla sua volontà”.
 
“Ora, essere ‘voce’ della Parola, non costituisce per il sacerdote un mero aspetto funzionale. Al contrario presuppone un sostanziale ‘perdersi’ in Cristo, partecipando al suo mistero di morte e di risurrezione con tutto il proprio io: intelligenza, libertà, volontà e offerta dei propri corpi, come sacrificio vivente (cfr Rm 12,1-2). Solo la partecipazione al sacrificio di Cristo, alla sua chènosi, rende autentico l’annuncio!”. “Proprio perché appartiene a Cristo, il presbitero è radicalmente al servizio degli uomini: è ministro della loro salvezza, della loro felicità, della loro autentica liberazione, maturando, in questa progressiva assunzione della volontà del Cristo, nella preghiera, nello ‘stare cuore a cuore’ con Lui. È questa allora la condizione imprescindibile di ogni annuncio, che comporta la partecipazione all’offerta sacramentale dell’Eucaristia e la docile obbedienza alla Chiesa”.
 
“Possa l’Anno sacerdotale – ha concluso - condurre tutti i sacerdoti ad immedesimarsi totalmente con Gesù crocifisso e risorto, perché, ad imitazione di san Giovanni Battista, siano pronti a "diminuire" perché Lui cresca; perché, seguendo l’esempio del Curato d’Ars, avvertano in maniera costante e profonda la responsabilità della loro missione, che è segno e presenza dell’infinita misericordia di Dio. Affidiamo alla Madonna, Madre della Chiesa, l’Anno Sacerdotale appena iniziato e tutti i sacerdoti del mondo”.
 
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