13/07/2015, 00.00
VATICANO
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Papa: “tutto quello che ho detto è dottrina sociale della Chiesa”

Grecia, libertà religiosa, crisi della famiglia, sostegno ai movimenti popolari “che non significa per la Chiesa seguire una strada anarchica”, nuovo colonialismo e “mediazione” tra Cuba e Stati Uniti, gli argomenti sui quali papa Francesco ha risposto alle domande postegli per un’ora dai giornalisti durante il volo che da Asuncion lo ha riportato a Roma.

Roma (AsiaNews) – Grecia, libertà religiosa, crisi della famiglia, sostegno ai movimenti popolari “che non significa per la Chiesa seguire una strada anarchica”, nuovo colonialismo e “mediazione” tra Cuba e Stati Uniti. Moltissimi gli argomenti sui quali papa Francesco ha risposto alle domande postegli per un’ora dai giornalisti durante il volo che da Asuncion lo ha riportato a Roma. Un Papa in forma, “il mate mi aiuta. Ma non ho assaggiato la coca, questo è chiaro eh”, che ha anche fatto sapere che ha deciso di portare con sé l’ormai famoso crocifisso sulla falce e il martello, donatogli dal presidente Morales.

La Grecia

“Sulla Grecia e il sistema internazionale: io ho una grande allergia all’economia, perché papà era ragioniere e quando non finiva il lavoro in fabbrica lo portava a casa, il sabato e la domenica, con quei libri, di quei tempi, dove i titoli si facevano in gotico … e lavorava, e io vedevo papà …e ho un’allergia. Io non capisco bene com’è la cosa, ma certamente sarebbe semplice dire: la colpa è soltanto di questa parte. I governanti greci che hanno portato avanti questa situazione di debito internazionale, hanno anche una responsabilità. Col nuovo governo greco si è andati verso una revisione un po’ giusta. Io mi auguro - è l’unica cosa che posso dirti, perché non so bene … che trovino una strada per risolvere il problema greco e anche una strada di sorveglianza per non ricadere in altri Paesi nello stesso problema, e che questo ci aiuti ad andare avanti, perché quella strada del prestito e dei debiti alla fine non finisce mai. Mi hanno detto un anno fa più o meno, ma non so se … questa è una cosa che ho sentito, che c’era un progetto nelle Nazioni Unite (se qualcuno di voi sa questo sarebbe bene che lo spiegasse), c’era un progetto per il quale un Paese può dichiararsi in bancarotta, che non è lo stesso che il default, ma è un progetto che ho sentito e che non so come è andata, se era vero o no. Lo dico per illustrare come una cosa che ho sentito, ma se un’impresa può fare una dichiarazione di bancarotta, perché un Paese non può farla e così si va all’aiuto degli altri? Questi erano i fondamenti di questi progetto, ma di questo non posso dire niente di più”.

Il Sinodo sulla famiglia

Una domanda ha fatto riferimento alla frase pronunciata da Francesco durante la messa a Guayaquil, quando ha chiesto alla gente di pregare perché persino quello che a noi sembra impuro, ci scandalizza o ci spaventa, che Dio lo possa trasformare in miracolo.

“Anche qui farò l’ermeneutica del testo. Stavo parlando sul miracolo del buon vino e ho detto che le anfore di acqua erano piene, ma erano per la purificazione. Ossia ogni persona che entrava in quella festa faceva la sua purificazione e lasciava le sue sporcizie spirituali. E’ un rito di purificazione prima di entrare in una casa, o anche nel tempio. Un rito che noi adesso abbiamo nell’acqua benedetta: è rimasto questo di quel rito ebraico.  Ho detto che proprio Gesù fa il più buon vino con l’acqua delle sporcizie, del peggio. In genere, ho pensato di fare questo commento: la famiglia è in crisi, lo sappiamo tutti, basta leggere l’Instrumentum laboris che voi conoscete bene perché è stato presentato, è lì … A tutto questo io facevo riferimento, in genere: che il Signore ci purifichi da queste crisi, da tante cose che sono descritte in quel libro dell’Instrumentum laboris. E’ una cosa in genere, non ho pensato a nessun punto particolare: che ci faccia migliori, ci faccia famiglie più mature … migliori. La famiglia è in crisi, che il Signore ci purifichi e andiamo avanti. Ma le particolarità di questa crisi sono tutte nell’Instrumentum laboris del Sinodo, che è finito e voi lo avete”.

La libertà religiosa

Il Papa ha parlato di libertà religiosa rispondendo a una domanda che, a proposito dei nuovi rapporti tra Cuba e Usa chiedeva se L’Avana dovrà migliorare la sua reputazione sul rispetto dei diritti umani e compresa la libertà religiosa.

“Ma, i diritti umani sono per tutti e non si rispettano i diritti umani soltanto in uno o due Paesi. Io dirò che in tanti Paesi del mondo non si rispettano i diritti umani, in tanti Paesi del mondo! E cosa perde Cuba e cosa perdono gli Stati Uniti? Tutti e due guadagneranno qualcosa e perderanno qualcosa, perché in un negoziato è così. Ma quello che guadagneranno tutti e due, è la pace. Questo è sicuro. L’incontro, l’amicizia, la collaborazione: questo è il guadagno. Ma cosa perderanno non riesco a pensarlo, saranno cose concrete, ma sempre in un negoziato si guadagna e si perde. Ma tornando sui diritti umani e sulla libertà religiosa, ma pensate nel mondo ci sono Paesi, anche qualche Paese europeo, che non ti lascia fare un segno religioso, no?, per diversi motivi, no? E in altri continenti lo stesso, no?  Sì, questo. La libertà religiosa non è rispettata in tutto il mondo, ci sono tanti Paesi in cui questo non avviene”.

Il sostegno ai movimenti popolari

L’argomento è stato ripreso più volte, in varie domande collegandolo al nuovo colonialismo, all’idolatria del denaro che sottomette l’economia, alle critiche venute negli Stati Uniti a tali affermazioni.

“Io sono vicino a questo, perché è un fenomeno in tutto il mondo, in tutto il mondo. Anche in Oriente, nelle Filippine, in India, in Tailandia. Sono movimenti che si organizzano fra loro non solo per fare una protesta, ma per andare avanti e poter vivere. E sono movimenti che hanno forza, e questa gente, che sono tanti e tanti, non si sente rappresentata dai sindacati, perché dicono che i sindacati adesso sono una corporazione, non lottano – adesso sto semplificando un po’ – ma l’idea di tanta gente questa gente è che non lottano per i diritti dei più poveri.  E la Chiesa non può essere indifferente. La Chiesa ha una Dottrina sociale e dialoga con questo movimento, e dialoga bene. Voi avete visto: avete visto l’entusiasmo di sentire che la Chiesa non è lontana da noi, la Chiesa ha una dottrina che ci aiuta a lottare per questo. E’ un dialogo. Non è che la Chiesa fa una opzione per la strada anarchica. No, non sono anarchici: questi lavorano, cercano di fare tanti lavori anche con gli scarti, le cose che avanzano; sono lavoratori davvero”.

“L’ho detto nella Evangelii Gaudium: questa economia uccide’.  Quella frase la ricordo bene, c’è un contesto. E l’ho detta nella Laudato si’, la critica è una cosa non nuova, si sa. Ho sentito che alcune critiche sono state fatte negli Stati Uniti. L’ho sentito. Ma non le ho lette e non ho avuto il tempo di studiarle bene, perché ogni critica dev’essere recepita e studiata per poi fare il dialogo. Lei mi chiederà, che cosa penso, ma se io non ho dialogato con quelli che fanno la critica non ho diritto di fare un pensiero così, isolato dal dialogo”.

“Il mondo dei Movimenti popolari è una realtà; é una realtà molto grande, in tutto il mondo. Io che ho fatto? Ciò che ho fatto è dare a loro la dottrina sociale della Chiesa, lo stesso che faccio con il mondo dell’impresa. C’è una Dottrina sociale della Chiesa. Se Lei legge quello che ho detto ai Movimenti popolari, che è un discorso abbastanza grande, è un riassunto della Dottrina sociale della Chiesa, ma applicata alla loro situazione. Ma è la Dottrina sociale della Chiesa. Tutto quello che ho detto è dottrina sociale della Chiesa, e quando devo parlare al mondo dell’impresa dico lo stesso, cioè che cosa dice del mondo dell’impresa la Dottrina sociale della Chiesa. Per esempio nella Laudato si’ c’è un pezzo sul bene comune e anche sul debito sociale della proprietà privata che va in quel senso; ma è applicare la Dottrina sociale della Chiesa”.

La “mediazione” tra Cuba e Usa

2Il processo fra Cuba e Stati Uniti non è stato mediazione. Non ha avuto il carattere di mediazione. C’era un desiderio che era arrivato. Dall’altra parte anche, desiderio,… E poi, dico la verità, questo è stato a gennaio dell’anno scorso, e poi sono passati tre mesi in cui soltanto ho pregato su questo, non mi sono deciso: ma che cosa si può fare con questi due, dopo più di cinquant’anni che stanno così? Ma poi il Signore mi ha fatto pensare a un cardinale. Lui è andato lì, ha parlato, e poi non ho saputo niente, sono passati mesi e un giorno il Segretario di Stato (che è qui) mi ha detto: ‘Domani avremo la seconda riunione con le due équipe …’ – ‘Ma come?’ – ‘Sì, si parlano, fra i due gruppi si parlano e stanno facendo …’.  Da solo è andato, non è stato mediazione, è stata la buona volontà dei due Paesi: il merito è loro, sono loro che hanno fatto questo. Noi non abbiamo fatto quasi nulla, soltanto piccole cose, e a metà dicembre è stato annunziato. Questa è la storia, davvero, non c’è di più. A me preoccupa in questo momento che non si fermi il processo di pace in Colombia. Questo devo dirlo e io mi auguro che questo processo vada avanti e in questo senso noi siamo sempre disposti ad aiutare, in tanti modi di aiuto. Ma sarebbe una cosa brutta che non possa andare avanti. Nel Venezuela, la Conferenza episcopale lavora per fare un po’ di pace, ma anche lì non c’è nessuna mediazione. In quello degli Stati Uniti è stato il Signore e due cose per caso, e poi è andato avanti da solo; per la Colombia mi auguro e prego e dobbiamo pregare perché non si fermi questo processo; è un processo che dura da più di cinquant’anni anche lì, e quanti morti! Ho sentito che sono milioni; sul Venezuela non ho niente di più da dirti”.

Il Crocifisso sulla falce e martello

Cosa ha provato il Papa quando ha visto quella falce e martello con Cristo sopra, offerto dal Presidente Morales.

“Io – è curioso – non conoscevo questo, e neppure sapevo che Padre Espinal era scultore e poeta anche.  L’ho saputo in questi giorni. L’ho visto e per me è stata una sorpresa. Secondo: lo si può qualificare come il genere dell’arte di protesta. Per esempio, a Buenos Aires alcuni anni fa è stata fatta una mostra di uno scultore bravo, creativo, argentino. Adesso è morto. Era arte di protesta, e io ricordo un’opera che era un Cristo crocifisso che era su un bombardiere che veniva giù. Era una critica del cristianesimo che è alleato con l’imperialismo che era il bombardiere. Primo punto, quindi, non sapevo, secondo, io lo qualifico come arte di protesta che in alcuni casi può essere offensiva, in alcuni casi. Terzo, in  questo caso concreto: Padre Espinal è stato ucciso nell’anno 80. Era un tempo in cui la teologia della liberazione aveva tanti filoni diversi, uno di questi era con l’analisi marxista della realtà, e Padre Espinal apparteneva a questo. Questo sì, lo sapevo, perché in quel tempo io ero rettore della facoltà teologica e si parlava tanto di questo, dei diversi filoni e di quali ne erano i rappresentanti. Nello stesso anno, il Padre Generale della Compagnia di Gesù, Padre Arrupe, fece una lettera a tutta la Compagnia sull’analisi marxista della realtà nella teologia, un po’ fermando questo, dicendo: no, non va. Sono cose diverse, non va, non è giusto. E quattro anni dopo, nell’84, la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblica il primo volumetto piccolino, la prima dichiarazione sulla Teologia della liberazione, che critica questo. Poi viene il secondo, che apre le prospettive più cristiane. Sto semplificando, no? Facciamo l’ermeneutica di quell’epoca. Espinal è un entusiasta di questa analisi della realtà marxista, ma anche della teologia, usando il marxismo. Da questo è venuta quest’opera. Anche le poesie di Espinal sono di quel genere di protesta, ma era la sua vita, era il suo pensiero, era un uomo speciale, con tanta genialità umana, e che lottava in buona fede. Facendo un’ermeneutica del genere io capisco quest’opera. Per me non è stata un’offesa. Ma ho dovuto fare questa ermeneutica e la dico a voi perché non ci siano opinioni sbagliate. Quest’oggetto ora lo porto con me, viene con me. Lei ha sentito forse che il Presidente Morales ha voluto darmi due onorificenze, la più importante della Bolivia, e l’altra, l’Ordine del Padre Espinal, un nuovo Ordine. Ora, io non ho mai accettato un’onorificenza, non mi viene… Ma lui lo ha fatto con tanta buona volontà e con il desiderio di farmi piacere. E ho pensato che questo viene dal popolo della Bolivia – ho pregato su questo, e ho pensato: se lo porto in Vaticano questo andrà in un museo e nessuno lo vedrà. Allora ho pensato di lasciarlo alla Madonna di Copacabana, la Madre della Bolivia, e andrà al Santuario: sarà nel Santuario di Copacabana la Madonna con queste due onorificenze che ho consegnato. Invece il Cristo lo porto con me”.

 

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