17/10/2023, 13.47
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Parroco di Rameh: preghiera risposta alla ‘distruzione totale’ di Israele e Hamas

di Dario Salvi

Don Raed Abu Sahlieh parla di “forte tensione” anche nel nord del Paese, caccia e droni sorvolano i cieli. In 58 anni “mai visto tanta ira, odio, devastazione”. Israele impone la censura e il controllo dell’informazione, si può essere arrestati anche per un commento sui social. Parroco di Gaza: notte “migliore” nonostante i bombardamenti, che sono “meno intensi”. Per la paura delle bombe tornano le messe via Zoom. P. Szwed della comunità ebraofona di Jaffa: "Davanti all'Eucaristia perché possa tornare la pace per tutti".

Gerusalemme (AsiaNews) - La guerra fra Israele e Hamas è “quanto di più grave” mai visto prima, anche dei precedenti conflitti dei decenni scorsi per la portata delle violenze da “entrambe le parti” ed è forte il timore che l’esercito “non si fermerà” fino alla “distruzione totale” dei miliziani che controllano Gaza. I timori espressi da don Raed Abu Sahlieh, parroco della chiesa di Sant’Antonio a Rameh, nel nord di Israele e assistente della locale scuola del patriarcato latino, rendono ancora più importante e partecipata la giornata di preghiera e digiuno per la pace indetta per oggi dal primate di Gerusalemme dei latini, card. Pierbattista Pizzaballa. “Siamo a 15 km dal confine con il Libano - racconta ad AsiaNews il sacerdote palestinese - ed è forte la tensione, anche adesso si sentono i caccia che sorvolano la zona; giorno e notte i droni pattugliano l’area”. 

Il fronte nord

Israele ha perso nei primi giorni dell’attacco, e in maggioranza il 7 ottobre nella primissima fase dell’offensiva di Hamas, almeno 1500 persone, di cui 300 soldati e gli altri civili, cui si sommano oltre 3mila feriti e quasi 150 ostaggi nelle mani dei miliziani nella Striscia, ricorda il sacerdote. “Per loro - spiega - è un fallimento grave, perché nemmeno nella Guerra dei sei giorni con i suoi 800 morti ha pagato un tale tributo di sangue”. Anche nel nord si sono registrati almeno sette decessi negli scontri con Hezbollah. Tuttavia, prosegue, “puntare alla distruzione di Hamas con i bombardamenti dall’alto o penetrando nella Striscia presenta enormi rischi” perché, in questo caso, non sarà solo uno scontro di superficie ma la vera partita si gioca “nei tunnel sotterranei” e sarà “pericolosissimo”. Di certo vi è, aggiunge, che “in 58 anni di vita non mai visto così tanta ira, odio e devastazione, con Israele che vuole lavare la vergogna davanti al mondo” e il governo “dare una risposta ai cittadini” infuriati e impauriti per lo squarcio nel muro di difesa. 

Intanto la leadership israeliana ha già imposto un controllo serrato sull’informazione, facendo vasto ricorso alla censura anche preventiva. “Nessuno osa dire una parola sulla situazione - riferisce p. Raed - e anche sui media le notizie sono veicolate. Puoi essere richiamato e interrogato anche per un commento sui social, come avvenuto alla cantante palestinese Dalal Abu Amneh trattenuta una notte e interrogata per aver condiviso una frase [non vi è vincitore tranne Allah], che in realtà è un detto popolare senza nessun riferimento” jihadista. E oggi alla Knesset, il Parlamento israeliano, aggiunge, votano una legge “per mettere al bando al-Jazeera e vietarne le trasmissioni dalla Cisgiordania”. L’emittente è la stessa per la quale lavorata la giornalista cristiana Shireen Abu Akleh, uccisa in un raid dell’esercito a Jenin nel maggio 2022 e appartiene al Qatar che, da tempo, ospita il leader di Hamas Ismail Haniyeh. 

La “bomba del ventre”

“La paura è grande - prosegue il parroco di Rameh - e le attività della parrocchia, come quelle della scuola, sono sospese e le lezioni vengono svolte a distanza via zoom” come ai tempi della pandemia di Covid-19. Ogni giorno “i bambini mandano video mentre pregano o cantano per la pace” aggiunge il sacerdote, ma la prospettiva resta quella del conflitto “cui seguirà un regolamento dei conti interno a Israele, perché tutti saranno giudicati” a partire dai responsabili di governo. Sul fronte palestinese, invece, emerge con crescente forza la retorica della “bomba demografica del ventre”, con almeno 50mila donne palestinesi incinte che esclamano: ‘Possiamo perdere 10mila combattenti, ma ne abbiamo già 50mila che andranno a sostituirli’. Anche questo - osserva il sacerdote palestinese, per anni attivo a Gaza con la Caritas - è un fenomeno nuovo a livello di slogan e rivendicazione, legato al conflitto in corso. Alle bombe, alla mancanza di acqua ed elettricità per mano israeliana rispondono con nuove nascite”.

In questo quadro di scontro frontale emerge ancor più netta la debolezza di Fatah e del suo anziano leader, Abu Mazen.“Vi è una separazione netta - sottolinea il parroco di Rameh - fra Gaza e i Territori occupati, poi Abbas è un leader anziano e debole, che non ha mai sostenuto la resistenza armata prediligendo la non violenza, ma questo sistema di contrapposizione necessità di un leader carismatico. E lui non lo può fare, non è in grado di attirare le folle e anche la condanna dei giorni scorsi di Hamas è stata fraintesa dal popolo palestinese. Chiede aiuti e dispone di 60mila poliziotti armati - conclude - ma non ha nessun peso ormai, né alcuna capacità di dialogo anche perché non ha nemmeno contatti diretti” con i vertici del movimento che controlla la Striscia.

I cristiani pregano per la pace

Alla follia della guerra, con il suo carico ulteriore di sangue e di vittime in una spirale di violenza senza fine, i cristiani rispondono con la preghiera e il digiuno. Raggiunto a Betlemme, dove è in contatto costante con le suore e i fedeli in attesa di poter tornare a Gaza previo permesso delle autorità israeliane, il parroco p. Gabriel Romanelli parla di una notte “migliore nonostante i bombardamenti” che nella zona dove stanno i cristiani “sono stati un po’ meno intensi”. La notte precedente invece, racconta ad AsiaNews, sono stati “terribili, mentre quest’ultima sono riusciti anche a riposare. Io spero di poter rientrare a breve - confessa - ma per ora opero da qui, dalla città della pace, sperando che possa estendersi a tutta la Terra Santa. Chiediamo con forza corridoi umanitari e ringrazio, a nome dei fedeli, papa Francesco e la Chiesa per la vicinanza verso tutti gli abitanti della Striscia, anche i musulmani che soffrono come noi”. Il parroco ha richiamato le parole del pontefice secondo cui “il terrore e la guerra non portano a nessuna soluzione”, ma solo altre morti di innocenti. Infine, egli ha auspicato la “liberazione dei civili in ostaggio”, la “sepoltura dei morti e la cura dei feriti”. 

In un messaggio diffuso ieri sul sito del patriarcato latino il card. Pizzaballa ha chiesto di unirsi e aderire “con noi a questa giornata di preghiera”, lavorando “per il bene della nostra comunità” e per “il bene della Terra Santa”. Rivolgendosi ai fratelli, alle sorelle, ai giovani il porporato ha parlato “con cuore pesante” per “questi terribili giorni di odio, violenza, guerra” davanti ai quali “dobbiamo essere uniti nella preghiera” che ci permette di essere più vicini a Gesù. La preghiera, ha concluso il primate latino, “non cambia la situazione ma dona luce al cuore e agli occhi per guardare alla realtà non con odio ma come esseri umani” e come cristiani serve trovare lo “spazio per la speranza” di fronte all’abisso della violenza. 

La giornata di digiuno e preghiera è vissuta con partecipazione, anche se è forte il timore di lasciare le proprie abitazioni e come ai tempi della pandemia le chiese della Terra Santa hanno deciso di ripiegare sulla rete per permettere al maggior numero di fedeli di seguire le funzioni. “In tutti i conventi della città - riferisce p. Apolinary Szwed, francescano, responsabile della comunità di lingua ebraica a Jaffa - abbiamo promosso momenti di preghiera. Oltre a questo vi sarà un momento speciale, l’adorazione del santissimo dalle 6 alle 8 di questa sera. Non abbiamo idea di quanti fedeli della comunità potranno partecipare, in questi giorni regnano timore e paura ad uscire di casa, per questo le funzioni sono trasmesse via Zoom. L’auspicio di tutti è che la guerra finisca e possa infine tornare la pace per tutti”. 

 

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