20/06/2022, 11.02
LIBANO
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Patriarca Raï al sinodo maronita: da chiesa e governo risposte ai bisogni dei cittadini

di Fady Noun

Il monito del primate ai prelati: siate uomini di preghiera e di misericordia, esempio e riferimento per i fedeli. I timori per la ripresa dell’anno scolastico e la mancanza di fondi. La questione irrisolta dei rifugiati palestinesi e siriani. Il 23 giugno iniziano le consultazioni per la nomina del prossimo premier; probabile conferma nel ruolo del leader uscente Mikati. 

 

Beirut (AsiaNews) - “Il nostro modo pessimo di governare disgusta chiunque. Ormai è giunto il tempo di decidere davanti agli occhi del mondo se meritiamo o meno questo Paese e la sua anima pluralista”. È usando parole forti che il patriarca maronita, il card. Beshara Raï, si è rivolto alla classe politica a conclusione del sinodo annuale della Chiesa maronita, che si è protratto per due settimane, e che si è concluso il 18 giungo scorso. Sul piano politico, il primate ha rivolto una supplica in termini molto chiari affinché il Libano si doti di un governo e che la scadenza presidenziale si tenga entro i tempi previsti dalla Costituzione. Le consultazioni con il capo dello Stato per la nomina della nuova guida del governo iniziano il prossimo 23 giugno e, fanno notare ambienti bene informati, vi sono buone possibilità che l’attuale primo ministro Nagib Mikati venga riconfermato nell’incarico. 

Il sinodo si era aperto con una esortazione particolarmente incisiva, rivolta in questo caso ai vescovi presenti. “Il nostro popolo ci critica, ha perso il suo rispetto per noi e si allontana dalla Chiesa per colpa nostra” ha accusato il capo della Chiesa maronita, invitando i prelati a essere uomini di preghiera e di misericordia. “Non dobbiamo - ha aggiunto - incolpare i nostri sacerdoti e il nostro popolo, ma noi stessi”. 

Secondo mons. Mounir Khairallah, vescovo di Batroun, questo avvertimento deve suonare come un campanello di allarme per i vescovi, in riferimento ai rischi che corrono “di minare la fiducia dei fedeli, già traditi dalla classe politica”. Una fonte diplomatica europea riferisce che “l’appello a un esame di coscienza e a un rinnovamento interiore della Chiesa non è mai di troppo, ma l’importante è prima di tutto ciò che facciamo”.

Il disgusto che prova il patriarca nell’osservare “la cattiva gestione” del governo del Paese è condiviso dalla popolazione. Esso si somma a una ira montante, solo in parte raddolcita dalla prospettiva di una promettente stagione turistica, dal momento che in Libano sono previsti quasi un milione di visitatori entro l’estate. Si tratta in larga maggioranza di libanesi espatriati che fanno ritorno a casa nella stagione estiva per una visita alle famiglie, ma il cui contributo finanziario risulta essere fondamentale per la sopravvivenza di una nazione allo stremo.

Tuttavia, questo contributo rimane insufficiente per il prossimo anno scolastico, che già preoccupa moltissimo il sinodo dei vescovi maroniti. “La missione educativa della Chiesa - ha sottolineato il vescovo Khairallah - è in pericolo, essa va salvata a tutti i costi”. Per il momento non è dato sapere come essa si svilupperà, se non grazie agli aiuti internazionali, privati e pubblici, e con il sostegno di alcune importanti ong cristiane, fra cui L’Œuvre d'Orient e il governo francese. La stessa AsiaNews ha promosso nei mesi scorsi una campagna di sostegno per le scuole libanesi. L’impegno delle organizzazioni non governative è fondamentale, ben sapendo che tre famiglie libanesi su quattro sono costrette a scegliere fra il mangiare, prendersi cura di se stessi, riscaldarsi, disporre di corrente elettrica o pagare la retta scolastica per i propri figli.

Il comunicato finale, diffuso a conclusione del sinodo, pone una grande responsabilità in questo ambito sulle spalle delle associazioni bancarie ritenute “responsabili del sequestro di fondi” dei correntisti. Sul banco degli imputati anche lo stesso Parlamento, che è chiamato a legiferare in tutta fretta perché questi depositi “diventino accessibili il prima possibile”.

Inoltre, il capo della Chiesa maronita ha invitato la comunità internazionale e le Nazioni Unite a trovare “una soluzione definitiva alla presenza di rifugiati e sfollati, palestinesi e siriani, sul suolo libanese”. Il porporato ha poi denunciato i progetti di “integrazione, installazione e naturalizzazione” alimentati da qualcuno, credendo che ciò possa essere utile “all’indipendenza alla stabilità e all’unità del Libano” e al “patto di vita comune che ne funge da fondamento”.

Il patriarca ha poi accolto con favore la ripresa delle attività e dei finanziamenti dell’agenzia Onu per i rifugiati (Unrwa), ma li considera “insufficienti” per il fabbisogno dello Stato. In riferimento alla politica di Israele, ha poi proseguito, “che causa sempre più sfollati fra i palestinesi che vivono in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza”, lo Stato libanese deve negoziare con l’Autorità palestinese, la Lega araba, le Nazioni Unite e le grandi potenze “la ridistribuzione dei rifugiati in nazioni in grado di assorbirli demograficamente e garantire loro una vita personale e sociale degna”.

Inoltre, i vescovi maroniti hanno rivisto la situazione degli episcopati maroniti all’estero, in relazione al fatto che sempre più libanesi soprattutto fra neo-laureati e giovani coppie, scelgono di lasciare il Paese, almeno in via temporanea, sino a che la crisi non sarà alle spalle. Secondo una fonte ecclesiastica, l’emigrazione dei libanesi è rivolta, al momento, alle nazioni del Golfo dove ci sono offerte di lavoro, così come, sebbene di natura più modesta, in Canada e Australia. “Ma è soprattutto nel Golfo - sottolinea la fonte - che li dobbiamo seguire sul piano pastorale”.

In linea di principio, il sinodo maronita avrebbe dovuto prendere posizione su nuovi movimenti, gruppi, comunità emersi negli ultimi anni e che vivono senza una chiara guida pastorale, che non hanno un vescovo di riferimento e senza uno statuto ben definito. Tuttavia, il comunicato finale non menziona questo aspetto. La Chiesa maronita e il Vaticano temono che a causa di una insufficiente formazione spirituale, questi gruppi si congelino in ideologie o visioni ristrette della Chiesa, mentre desiderano che sia loro data una adeguata attenzione sul piano della pastorale.

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