22/05/2025, 18.32
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Pechino: la protesta degli sfollati del nuovo aeroporto di Xi Jinping

Il futuristico scalo internazionale di Daxing inaugurato nel 2019 continua a crescere come la "nuova porta di ingresso in Cina". Ma centinaia di famiglie costrette a lasciare i loro villaggi per fare posto alle infrastrutture si sono ritrovate con case più piccole di quelle che erano state loro promesse. E ora si stanno mobilitando per ottenere indennizzi sulla base dei valori di mercato delle proprietà perdute.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Un fiore all’occhiello dell’efficienza della Cina di Xi Jinping. Di cui però centinaia di famiglie che vivono in alcuni villaggi al confine tra la periferia della capitale Pechino e la provincia dell’Hebei non vogliono dover accollarsi da sole il costo. Nell’area dell’aeroporto di Pechino Daxing si stanno facendo insistenti le proteste tra i cittadini cinesi scontenti per i risultati delle “ricollocazioni forzate” imposte per lasciare spazio allo sviluppo del futuristico nuovo scalo internazionale.

L’aeroporto di Pechino Daxing è un progetto chiave del governo cinese, deciso personalmente da Xi Jinping. È nato per decongestionare quello di Pechino-Capitale nel distretto di Chaoyang, che è considerato uno dei più affollati al mondo. Situato a una cinquantina di chilometri dal centro, in direzione sud ai confini con la provincia dell’Hebei, l’aeroporto di Daixing ha aperto i battenti nel 2019 e una volta a pieno regime dovrebbe arrivare a coprire con le sue infrastrutture una superficie di ben 150 chilometri quadrati.

Presentato dal Partito comunista cinese come la “nuova porta d’accesso nazionale”, lo scalo è una struttura simbolo delle opere pubbliche cinesi e dei loro servizi d’avanguardia dal punto di vista tecnologico. L’altra faccia della medaglia – però – sono le 20mila persone sgomberate dai villaggi del distretto di Langfang per fare spazio a questa grande opera. Un’operazione realizzata a tempi di record e non senza traumi: nell’area di Guangyang nel 2020 l’acquisizione e il trasferimento dei terreni necessari per l’ulteriore sviluppo del progetto avvenne in appena 10 giorni. Agli abitanti dei villaggi venne promesso che sarebbero state costruite le nuove case dove sarebbero stati reinsediati, con tanto di contratti fatti firmare in fretta e furia a 2.773 famiglie per un totale di 12.660 abitanti.

Il mese scorso è iniziata la consegna di questi appartamenti, ma gli interessati hanno scoperto che in realtà la superficie degli alloggi per il reinsediamento è stata notevolmente ridotta rispetto a quella che era stata promessa. Le stanze - denunciano gli abitanti - sono talmente piccole che molti elettrodomestici e mobili dei vecchi appartamenti non entrano nei nuovi locali, il che sta suscitando rabbia negli abitanti di villaggi come Fashang, Beiwangli e Huotouying, che hanno avviato azioni di tutela dei propri diritti. Non volendo entrare in queste case, infatti, ora chiedono di essere risarciti in base al valore commerciale delle case che sono costretti ad abbandonare.

Gli abitanti di Guangyang denunciano anche forti pressioni da parte delle autorità locali. Le loro proteste sarebbero state rapidamente fatte sparire dai social network cinesi e alcuni manifestanti sarebbero anche stati arrestati. Ma questo non avrebbe fatto altro che aumentare il malcontento tra gli abitanti dei villaggi. Il loro obiettivo ora è coinvolgere nella loro battaglia altri settori della società per ottenere sostegno e solidarietà.

 

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