30/01/2008, 00.00
INDIA
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Per commemorare Gandhi, bisogna tornare alla sua visione di pace

di Nirmala Carvalho
Il segretario esecutivo della Commissione episcopale Giustizia e pace, p. Nithiya Sagayam, spiega ad AsiaNews che è inutile commemorare il Mahatma se non si ricordano i motivi per cui è vissuto ed i valori che lo hanno mosso. Un invito alla pace fra India e Pakistan, unica strada per lo sviluppo delle due nazioni.
Mumbai (AsiaNews) – Invece di commemorare il martirio di Gandhi, la popolazione indiana e quella pakistana “dovrebbero riflettere sui suoi principi, sul valore della pace come unico strumento di sviluppo e sulla tragedia della povertà”. Soltanto in questo modo “si potrà onorare degnamente il Padre della patria, riuscendo nel contempo a fermare le minacce alla dignità umana”.
 
Lo dice ad AsiaNews p. Nithiya Sagayam, laureato in filosofia gandhiana e segretario esecutivo della Commissione episcopale Giustizia e pace, in occasione del 60mo anniversario della morte della “Grande Anima”, il leader che con la sua lotta non violenta è riuscito ad ottenere l’indipendenza dell’India.
 
La filosofia del Mahatma Gandhi, dice p. Sagayam, “è importante oggi come 60 anni fa. Siamo arrivati al punto di commemorare la tragica fine del Padre della patria, ma abbiamo scelto di dimenticare la ragione che lo ha mosso per tutta la vita. E’ triste pensare che oggi il motivo del martirio di Gandhi sia stato dimenticato: egli è morto per l’unità degli indù con i musulmani, per la solidarietà fra India e Pakistan. Sono questi i motivi che vanno ricordati, gli scopi per cui la popolazione dovrebbe lottare”.
 
Secondo il sacerdote, impegnato da anni nel dialogo interreligioso, “non basta pregare e cantare canzoni devozionali. Anche osservare due minuti di silenzio nel minuto esatto della sua morte non ha fatto altro che rendere le persone mute riguardo quei principi e quei valori che hanno permeato la vita del Mahatma. La pace, l’armonia e la solidarietà sono questioni oggi più pertinenti che mai, e riguardano l’India come il Pakistan”.
 
Il 15 agosto, per celebrare i 60 anni dell’indipendenza indiana, la Commissione Giustizia e pace ha lanciato diverse iniziative per la pace fra New Delhi ed Islamabad: secondo p. Sagayam, “è necessario prendere ad esempio l’Unione europea, dove le barriere sono state abolite, anche nel campo della moneta e dei visti,  per un miglioramento della vita dei popoli. L’economia europea è migliorata, e questo ha fatto molto per la pacifica coesistenza delle persone, l’unica strada per la giustizia e lo sviluppo”. La visione armonica indo-pakistana di Gandhi sembra essere però del tutto oscurata dal presente scenario. Lo stesso Mahatma, sottolinea ancora, “sarebbe traumatizzato dal vedere la situazione dei rapporti fra queste due nazioni, e dal sapere che chi ci guadagna da questa situazione sono soltanto le multinazionali estere. Infatti, entrambi i governi spendono miliardi di dollari per migliorare la loro situazione bellica, per continuare a competere, e questo crea profitto soltanto per chi vende armi”.
 
Attualmente, le spese militari di India e Pakistan “sono esorbitanti, mentre i poveri continuano a vivere ai margini della società. Gandhi, oggi, farebbe di tutto per salvare i nostri giovani dalla povertà; per cercare investimenti interni e per usare le tecnologie moderne per liberarci dalla disuguaglianza sociale. Sarebbe questo il suo messaggio. Oggi invece succedono cose diverse. I regolamenti per i visti sul nostro confine sono così severi che i parenti e le famiglie sono divise, da confini e religioni. L’economia serve a migliorare la vita di pochi, così che i prezzi salgono a scapito dei poveri. La dignità umana è sempre più spesso ostacolata da diversi, pericolosi fattori”.
 
In conclusione, p. Sagayam dice: “Oggi è necessario tornare a riflettere sui principi di Gandhi, sulla sua visione e su come si possa trasformarla in realtà. Sia l’India che il Pakistan devono capire cosa significano pace ed armonia, e si devono impegnare per portare la fine del conflitto ai nostri confini. Dobbiamo lavorare tutti verso un cammino di pace”.
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