22/01/2010, 00.00
COREA
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Pyongyang giustizia tre fuggitivi. Pene più severe per chi cerca rifugio

Una famiglia di profughi nord-coreani arrestata in Cina e rimpatriata. Il regime comunista ha condannato a morte marito e moglie. Giustiziato anche un amico che avrebbe favorito la fuga. I parenti rinchiusi nei campi per detenuti politici. Kim Jong-il inasprisce le pene per “ripristinare l’ordine nella società”.
Seoul (AsiaNews/Agenzie) – Le autorità nord-coreane hanno eseguito tre condanne a morte, spedito tre membri di una famiglia in un campo per detenuti politici e confinato un’altra famiglia nella provincia rurale di Yangkang, perché avrebbero tentato di fuggire dal Paese. È quanto rivela oggi il Daily NK – blog on-line, che raccoglie testimonianze degli esuli del Nord – secondo cui il giro di vite è parte della “Battaglia dei 50 giorni”, lanciata da Pyongyang per “ripristinare l’ordine nella società”.
 
Fonti nord-coreane rivelano che i giustiziati sono Jeong Dae Sung, 35 anni, la moglie Lee Ok Geum, 32 anni, e un amico di famiglia, Song Gwang Cheol, tutti originari di Hyesan, cittadina della provincia di Ryanggang, al confine con la Cina. Tre parenti della coppia sono rinchiusi in un campo di prigionia per detenuti politici; i familiari di Song, invece, hanno ricevuto il provvedimento di confino.  
 
Nel luglio scorso Jeong è scappato in Cina insieme alla moglie, la madre e le due figlie, di tre e sette anni. Un mese più tardi i fuggitivi sono stati intercettati dalla polizia cinese mentre cercavano di raggiungere la Mongolia, da dove sarebbero ripartiti alla volta della Corea del Sud. Scoperti dalle autorità, essi sono stati rimpatriati in Corea del Nord.
 
Jeong e la moglie sono finiti in una prigione, sotto la custodia degli agenti della National Security Agency (Nsa). La madre e le figlie hanno fatto ritorno a casa. In seguito alla confessione dell’uomo, gli agenti della Nsa hanno arrestato anche Song Gwang Cheol, perché avrebbe favorito la loro fuga.
 
L’esecuzione della condanna è avvenuta in una località segreta. Fonti interne al Paese spiegano che i giustiziati “sono uccisi a porte chiuse” e i cadaveri “non vengono restituiti alle famiglie”. Il 16 gennaio le forze di sicurezza della provincia di Yangkang hanno prelevato i parenti delle vittime: i familiari di Jeong sono finiti in una prigione per detenuti politici; i parenti di Song esiliati nell’area rurale di Gapsan.
 
Nelle ultime settimane Pyongyang ha inasprito le pene verso quanti cercano di fuggire dal Paese. Di norma le condanne variano da un minimo di sette a un massimo di 15 anni nei campi di “rieducazione”, delle vere e proprie prigioni. Fonti interne alla Corea del Nord rivelano che il governo ha lanciato la “Battaglia dei 50 giorni” per ripristinare l’ordine, sradicare possibili focolai di rivolte e impedire le fughe. L’ordine è stato emesso il 2 gennaio scorso dalla Commissione di difesa nazionale, presieduta dal “Caro leader” Kim Jong-il.
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