13/12/2016, 08.55
QATAR
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Qatar: cancellato il sistema di sponsorizzazione, resta lo sfruttamento in materia di lavoro

L’attuale sistema, detto “kafala” costringeva gli immigrati a chiedere il permesso del datore di lavoro per accettare una nuova occupazione o lasciare il Paese. Per le autorità una nuova legge garantirà “i diritti del lavoratori”. Critiche da attivisti e ong pro diritti umani: il quadro di sfruttamento per gli stranieri resta immutato. E non aumenta le tutele per i lavoratori domestici.

 

Doha (AsiaNews/Agenzie) - Il Qatar è pronto a cancellare il sistema di “sponsorizzazione” che regola l’occupazione fra i lavoratori migranti e che ha costretto a lungo gli stranieri a chiedere il “permesso” del proprio padrone per “cambiare impiego o lasciare il Paese”. Secondo le autorità una nuova legge è pronta a sostituire l’attuale sistema denominato “kafala”, assicurando una maggiore “flessibilità” e più “protezione” e tutele per gli immigrati.

Tuttavia attivisti pro diritti umani ed esperti di lavoro affermano che il cambiamento è solo di facciata. In realtà, le modifiche proposte lasciano di fatto “immutata” [nella sostanza] la legge sul lavoro, che essi definiscono una “forma moderna e attuale di schiavitù”.

Negli ultimi anni il Qatar ha attirato centinaia di migliaia di lavoratori dall’estero per i molti cantieri avviati nel Paese; opere legate, in particolare, ai mondiali di calcio che si disputeranno nel Paese arabo nel 2022.

Già nel recente passato sono emerse denunce di sfruttamento del lavoro, riduzione in stato di schiavitù e decessi fra i lavoratori stranieri impiegati nei cantieri mondiali. Milioni di moderni schiavi sfruttati fino al prezzo della vita per la costruzione di stadi, hotel, strade e altre infrastrutture necessarie a ospitare la massima competizione calcistica.

Sindacalisti, giuslavoristi e attivisti affermano che dietro molti decessi vi sono condizioni lavorative che essi definiscono “spaventose”.

Le autorità del Qatar affermano che la nuova legge in materia di lavoro entra in vigore oggi e “garantirà il rispetto dei diritti dei lavoratori in tutto il percorso” professionale, dal Paese di origine sino alla terra di immigrazione. Diversa l’opinione di Amnesty International secondo cui le misure non forniranno “cambiamenti significativi”. Potrebbe venire meno l’obbligo di tutela, aggiungono gli attivisti, ma “lascia intatto il sistema generale”.

Fra i punti critici presenti anche nella nuova legge il fatto che i migranti devono sempre chiedere al datore di lavoro il permesso per tornare a casa. Ancora, per cambiare impiego nel contesto di un contratto quinquennale sarà sempre obbligatorio il nulla osta del padrone. Infine, i datori di lavoro potranno trattenere i passaporti dei lavoratori, un’azione in precedenza illegale che si presta a perpetrare la condizione di sfruttamento. A questo si aggiunge il fatto che la normativa non cambia la situazione di migliaia di lavoratori e lavoratrici domestici, esclusi dalle protezioni basilari dalla legislazione sul lavoro del Qatar.

Nel marzo 2017 l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) deciderà se la nazione araba avrà fatto abbastanza per impedire il lavoro forzato.

 

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