12/05/2016, 08.47
TAIWAN
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Raccogliere fondi “non è chiedere l’elemosina ma entrare nella sequela di Cristo”

di Xin Yage

Un incontro fra gli esponenti di diverse Ong cattoliche di Taiwan sottolinea l’importanza di vivere la raccolta fondi “attraverso una conversione personale”. La raccolta fondi è un ministero, “e ministero significa prima di tutto ‘ricevere la benedizione di Dio’ da coloro che serviamo”. Le fondazioni taiwanesi, insieme, erogano ogni anno servizi per un miliardo di dollari.

Taipei (AsiaNews) – La generosità “fa nascere altra generosità. E questo è vero in maniera particolare quando la generosità è radicata nel fertile suolo della relazione”. Lo ha detto il prof. Lin, segretario di una grande Fondazione che aiuta in non vedenti di Taiwan, aprendo un incontro informale a Taichung cui hanno preso parte i responsabili del fund-raising di alcune prominenti fondazioni cattoliche taiwanese, insieme a membri del clero e laici che volevano migliorare la propria attività di raccolta dei fondi necessari per la missione.

L’incontro si è svolto lo scorso 9 maggio: “Quando abbiamo aperto la nostra Fondazione – ha raccontato Lin – sembrava impossibile pensare a fare anche solo un decimo di tutto ciò che stiamo facendo ora. Grazie ad un atteggiamento aperto si possono sempre trovare punti in comune con la gente che incontriamo. La generosità dei donatori con il denaro sgorga da una generosità ancora più ampia che li caratterizza come persone”.

Il vice parroco della più grande parrocchia di Taipei, p. Wang, aggiunge: “Raccogliere fondi è proclamare ciò che crediamo in una maniera che ci permette di offrire ad altre persone l’opportunità di essere protagonisti della nostra visione e della nostra missione. Per questa ragione, raccogliere fondi è un invito quotidiano alla sequela di Gesù, per cui siamo chiamati ad avere una più grande autostima, sapendo di cooperare alla missione di Dio, e a farlo con gioia diventando ancora più contenti e convinti di noi stessi”.

Quello che risalta maggiormente dalla giornata di condivisione è il taglio spirituale dell’incontro. Fund-raising è un tema a cui raramente pensiamo in prospettiva spirituale. Nel susseguirsi  di alcuni interventi emergono anche dubbi e frustrazioni: “Possiamo pensare a raccogliere fondi come un’attività necessaria ma non piacevole, col fine di sostenere obiettivi spirituali. O possiamo pensare che raccogliere fondi rifletta un difetto nella pianificazione o nella fiducia nella provvidenza di Dio per i nostri bisogni. Sicuramente, molto spesso raccogliere soldi significa rispondere ad una situazione di crisi” afferma una signora che controlla un fondo di aiuto per persone anziane.

A questo proposito l’economo della diocesi orientale di Taiwan dice: “Se improvvisamente la nostra organizzazione o la nostra comunità non ha abbastanza denaro, allora incominciamo a dire: ‘Come possiamo raccogliere i soldi necessari? Dobbiamo cominciare a chiederli!’ In quel momento capiamo che non siamo abituati a fare ciò. Possiamo sentirci inadeguati o imbarazzati, non adatti a questa importante missione. E cominciamo a preoccuparci: ‘Chi ci darà i soldi? Come li chiederemo?’. In una prospettiva spirituale, dobbiamo invece pensare alla raccolta soldi come ministero. E ministero significa prima di tutto ‘ricevere la benedizione di Dio’ da coloro che serviamo”.

Il p. Chen, di una parrocchia del sud dell’isola, dice di aver imparato molto non solo dai generosi sostenitori della sua parrocchia, ma anche da un famoso libro del famoso scrittore americano Henri Nouwen, Spirituality of Fund-Raising, che spera sia tradotto al più presto anche in cinese. Egli afferma: “In una prospettiva evangelica, raccogliere soldi non significa rispondere ad una crisi. Raccogliere fondi è prima di tutto una forma di servizio, è una via per annunciare la nostra visione invitando altra gente a parteciparvi. Visione e missione sono così centrali nella vita del popolo di Dio che senza la visione moriamo e senza la missione ci perdiamo. Raccogliere fondi significa proclamare quanto crediamo in una maniera che riesca ad offrire agli altri l’opportunità di partecipare alla nostra visione e missione”.

Dall’assemblea parte una domanda: “Vuol dire ‘non aver paura ad elemosinare’ per un progetto?” Lui risponde: “Raccogliere soldi è precisamente l’opposto di chiedere l’elemosina. Quando ci prefiggiamo di raccogliere fondi, non stiamo dicendo: ‘Per favore, potete aiutarci dal momento che ultimamente è stata dura!’. Piuttosto, stiamo proclamando: ‘Abbiamo una visione che è incredibile ed eccitante. Vi stiamo invitando ad investire voi stessi attraverso le risorse che Dio vi ha dato - la vostra energia, le vostre preghiere, i vostri soldi - in questo lavoro al quale Dio stesso ci ha chiamati!”. Il suo intervento genera un forte applauso perché tocca il significato profondo di un fund-raising positivo per ogni progetto significativo.

Suor Tsai invece sta girando l’isola alla ricerca di casi da raccontare, ovvero quelli che lei chiama veri e propri ‘miracoli’ compiuti dalla Chiesa cattolica negli ultimi decenni a Taiwan: “Sono incredibili le opere di assistenza sconosciute compiute dalla comunità cristiana su quest’isola. Ricordo che quando ho chiesto a suor Elena Chen come aveva potuto costruire un asilo per i bambini delle famiglie aborigene, lei mi ha detto: ‘Per me, quando anni fa sono arrivata in questo villaggio, c’è stata una vera e propria conversione. Avevamo bisogno di fondi. Allora ho sentito che raccogliere soldi è stata una chiamata alla conversione’. Secondo suor Elena convertirsi significa sperimentare un cambiamento profondo nella nostra maniera di vedere, di pensare e di agire. Raccogliere soldi, come servizio, presuppone una conversione reale”.

Simpatica è stata la breve relazione di un parroco di campagna, nel cui villaggio vivono molti anziani che hanno il solo bisogno di essere ascoltati. Padre Gou racconta: “Raccogliere soldi deve sempre mirare a creare una nuova durevole relazione tra chi dona e chi riceve. Una volta un generoso donatore mi ha detto: ‘Ti do soldi se accetti la sfida di essere un pastore migliore, se la smetti di essere così occupato e ti dedichi con più calma alla tua vocazione, se puoi ascoltare di più la gente intorno a te!’. Questa è stata una lezione importantissima, ho smesso di fare il tipo sempre impegnato e – sorpresa! – ho visto con mano la generosità moltiplicarsi nei mesi seguenti”.

Il sig. Wang, ragioniere di professione, assiste una fondazione di medie dimensioni nella contabilità. Il suo intervento parte da un paragone: “Nel raccogliere fondi, la gente che lo fa come professione è spesso molto più saggia della gente che lo fa per la comunità ecclesiale. Coloro che sono coinvolti nella grande attività commerciale sanno che non si ricava mai una grande quantità di denaro se si chiede come carità. Ricordo di aver visitato un famoso fund-raiser a Shanghai, uno di quelli che può far entrare milioni di dollari in un solo giorno, il cui ufficio era decorato con oggetti molto belli. Gli ho detto: ‘Come puoi avere il coraggio di chiedere soldi in questo ufficio?’ Mi ha risposto: ‘Il mio ufficio è parte della mia maniera di avvicinare la gente. Vuole comunicare che sono cosciente di come si devono investire i soldi, che so come far crescere il capitale. Questo ispira fiducia nella gente che incontro qui in questo ufficio, perché sanno che il loro denaro sarà investito nella maniera migliore’. Quello che mi ha insegnato l’incontro con quel professionista (anche se lo sfarzo a mio avviso può diventare controproducente) è stato lo spirito di fondo: ‘Chiediamo fondi fiduciosi in ciò che facciamo, non chiedendo scusa, ma al contrario perché siamo convinti che possiamo offrire qualcosa di importante’. Quel professionista chiedeva alla gente di condividere la sua visione senza remore, senza doverne chiedere scusa”.

La presidente della fondazione per cui lui lavora probono, rafforza questo messaggio: “Esatto! Se non possediamo questo approccio fiducioso, allora siamo sconnessi dalla nostra visione e abbiamo perso la direzione della nostra missione. Saremo inoltre tagliati fuori dai nostri donatori perché alla fine ci ritroveremo a chiedere l’elemosina e loro si troveranno solamente nella posizione di firmare un assegno senza comprendere il significato del loro apporto. Non ci sarà connessione reale e unione di intenti, perché non avremo modo di comunicare loro lo spirito della missione. Avremo realizzato un trasferimento di soldi ma non avremo creato una relazione ricca di significato”.

Alla fine viene letto anche un messaggio informale da un documento della Conferenza episcopale circa i punti su cui fare attenzione in questo lavoro di raccolta fondi. Siccome due anni fa era scoppiato uno scandalo legato all’uso di fondi portato avanti da una fondazione buddista, si insiste sulla trasparenza totale per quanto riguarda entrate e spese: “Serve estrema trasparenza nell’uso dei fondi, dobbiamo sempre usarli per lo scopo accordato con il donatore, che si fida di noi nel compiere una missione che lui da solo non potrebbe portare a termine. Per questo è importante un profondo atteggiamento derivante dalla preghiera: se poniamo la nostra fiducia in Dio e non nei soldi che stiamo chiedendo, possiamo anzitutto creare una relazione di intenti con chi sta donando i soldi, e chiarire ulteriormente il senso della missione. Dio benedica il vostro lavoro”.

Il lavoro di molte fondazioni taiwanesi, non solo cattoliche, è fondamentale nell’aiutare persone in estrema difficoltà. A titolo statistico, Tzu Chi (慈濟), la più grande organizzazione buddista, raccoglie più di 300 milioni di dollari americani ogni anno per emergenze e per bisogni ordinari in diversi progetti sull’isola e a livello internazionale. Tutte insieme, le fondazioni taiwanesi raggiungono quasi il miliardo di dollari americani in servizi erogati ogni anno.

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