Raid israeliano su parrocchia Gaza, tre morti. Mons. Shomali: ‘Vogliono far fuggire i cristiani’
Un attacco questa mattina ha centrato la chiesa della Sacra Famiglia, almeno sei feriti gravi e danni all'edificio. Fra i colpiti anche il parroco p. Romanelli. Il vicario del Patriarcato per Israele e la Palestina: “Diranno che non era voluto, trovano sempre una scusa, ma la guerra fa danni e vittime”. Telegramma di cordoglio di Leone XIV: "Cessate il fuoco immediato". Intanto anche a Taybeh, in Cisgiordania, i coloni fanno pascolare le mucche alla chiesa di san Giorgio.
Milano (AsiaNews) - “Diranno che non era voluto, troveranno sempre una scusa, ma la guerra è così, fa sempre danni e vittime”, e quello che resta è l’attacco a una chiesa che è un fatto sempre terribile e scandaloso. È quanto sottolinea ad AsiaNews mons. William Shomali, vicario patriarcale per Gerusalemme e Palestina, commentando il raid di questa mattina dell’esercito israeliano che ha centrato la parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza, causando almeno tre vittime [fSaad Issa Kostandi Salameh, Foumia Issa Latif Ayyad e Najwa Abu Daoud), come riferisce il patriarcato latino] e sei feriti gravi fra i cristiani. Secondo le prime, sommarie informazioni sarebbe stato colpito anche il parroco p. Gabriel Romanelli, seppur in modo lieve a una gamba. Anche la chiesa, prosegue il prelato, “è stata colpita gravemente e ha riportato dei danni significativi”, in particolare “sul tetto dover era posizionata la croce”.
Di fronte a queste notizie drammatiche anche papa Leone XIV ha voluto far sentire immeditamente la sua vicinanza attraverso un telegramma inviato a suo nome dal cardinale segreario di Stato Pietro Parolin al patriarcato latino di Gerusalemme. "Leone XIV - vi si legge - ha appreso con profonda tristezza della perdita di vite umane e dei feriti causati dall'attacco militare alla chiesa e assicura al parroco, padre Gabriele Romanelli, e a tutta la comunità parrocchiale la sua vicinanza spirituale". Il papa affida alla misericordia di Dio le anime dei defunti e prega per il conforto di quanti sono nel dolore e per la guarigione dei feriti. "Sua Santità - conclude il telegramma - rinnova il suo appello a un cessate il fuoco immediato ed esprime la sua profonda speranza per un dialogo, una riconciliazione e una pace duratura nella regione".
La parrocchia della Sacra Famiglia in questi anni di guerra nella Striscia è diventata un simbolo di accoglienza e apertura verso tutta la popolazione, non solo i cristiani. E per questo era già finita nel mirino dell’esercito israeliano, che aveva bombardato in più occasioni l’area circostante il compound e centrato anche una scuola gestita dal patriarcato latino. A questo si aggiunge la morte di due donne cristiane fra cui un’anziana, avvenuta per mano di un cecchino israeliano che aveva colpito a sangue freddo. A inizio luglio lo stesso p. Romanelli aveva denunciato in una intervista ad AsiaNews le terribile condizioni in cui vivono i gazawi, in una realtà che il sacerdote definiva “una gabbia” in cui “le bombe uccidono anche la speranza”.
Parlando della parrocchia di Gaza colpita oggi dalle bombe israeliane sebbene al suo interno non vi siano né armi, né elementi riconducibili ad Hamas, il cosiddetto “obiettivo” della guerra di Benjamin Netanyahu nella Striscia, mons. Shomali vuole sottolineare “un elemento: è un luogo che ha accolto tantissimi, fino a 600 persone mentre ora erano poco più di 400, e che stava facendo tantissimo per la popolazione. Questo attacco è terribile. Al suo interno sono ospitati anche bambini disabili - prosegue il vicario patriarcale - affidati alle cure delle suore Missionarie della carità. Noi siamo responsabili del loro nutrimento”.
In questi anni di guerra, ricorda, “abbiamo preparato anche camion di cibo, e speriamo che entro una settimana potremo inviarne a loro e ai vicini” nell’area in cui si trova la parrocchia, perché “hanno fame”. Tuttavia, avverte, la possibilità di portare aiuti “resta incerta, perché ogni minuto c’è una sorpresa”. La ragione dell’attacco alla parrocchia - da sempre nei pensieri e nelle preghiere di papa Francesco, che anche dal suo letto in ospedale nei giorni del ricovero e poco prima della morte chiamava p. Romanelli per testimoniare loro vicinanza - per il prelato è semplice e drammatica al tempo stesso: “Probabilmente [i militari israeliani] vogliono fare uscire tutti dal nord [della Striscia], inclusi i nostri cristiani che finora non hanno voluto muoversi. Perché - conclude - se lasciano il compound della chiesa si sentiranno più indifesi”.
Intanto “a pochi giorni dalla giornata internazionale di solidarietà, in cui abbiamo celebrato le sofferenze di Taybeh con vescovi, leader ecclesiastici e rappresentanti delle missione diplomatiche, il colono torna a pascolare le vacche sulle nostre terre, dove sorge la chiesa si al-Khader”. È quanto denuncia ad AsiaNews p. Bashar Fawadleh, parroco latino di Taybeh in Cisgiordania, località diventata suo malgrado simbolo delle violenze dei coloni nei Territori occupati con l’avallo, se non il sostegno, dei vertici dello Stato ebraico. Il 14 luglio scorso una delegazione guidata dal patriarca latino di Gerusalemme, il card. Pierbattista Pizzaballa, e dal primate greco ortodosso Teofilo III ha visitato l’area, portando la solidarietà delle Chiese di Terra Santa e denunciando le “gravi molestie, intimidazioni e danni ai terreni agricoli”. Attacchi, denunciano i capi cristiani, che le autorità israeliane hanno “facilitato” o quantomeno “favorito”.
Per i cristiani di Taybeh l’ennesimo gesto provocatorio di queste ore (nelle foto) rappresenta una “palese violazione della santità della chiesa storica di Al-Khader”, al cui interno “i coloni entrano con il bestiame”.“In una scena scioccante e dolorosa, oggi i coloni - racconta una fonte - hanno preso d’assalto la storica chiesa e hanno portato il loro bestiame - comprese le mucche - nel santuario, in palese violazione della santità del sito e della sacralità dei luoghi di culto”. Essa “è una delle più antiche chiese storiche della regione e riveste un grande significato religioso e storico per gli abitanti della città e per i cristiani di tutta la Palestina. Tuttavia, né la sua età né la sua sacralità - continua la fonte di AsiaNews - l’hanno risparmiata dal diventare un bersaglio degli attacchi dei coloni, che continuano come parte delle continue provocazioni e dei tentativi di imporre una realtà di insediamento attraverso la forza e il razzismo”.
Da almeno tre settimane un’escalation di attacchi ha coinvolto il villaggio di Taybeh, in Cisgiordania, composto da circa 1500 abitanti e tre chiese, situato 30 km a nord di Gerusalemme e a est di Ramallah, il solo abitato per intero da cristiani. Il caso più emblematico è avvenuto il 7 luglio, quando fanatici pro-occupazione hanno appiccato un incendio nei pressi del cimitero e della storica chiesa di san Giorgio (Al-Khadr) del V secolo, uno dei più antichi siti religiosi della Palestina.
Fra i residenti - oltre 600 sono latini, mentre i restanti greco-ortodossi e cattolici greco-melchiti - vi è preoccupazione per il futuro di una comunità nota sin dai tempi del Vangelo, in cui Gesù si è ritirato prima della Passione. Le violenze sono iniziate ben prima del 7 ottobre 2023 con l’attacco di Hamas a Israele e il conflitto a Gaza. Tuttavia, la guerra nella Striscia e quella dei 12 giorni con l’Iran hanno lasciato campo libero a coloni ed estremisti che operano nella più totale impunità.
“I residenti della città hanno espresso il loro shock e la loro indignazione per questo atto vergognoso, affermando - prosegue la fonte - che portare animali in chiesa non è solo un attacco alla proprietà religiosa, ma un deliberato insulto ai sentimenti dei credenti e una profanazione dei loro simboli sacri”. “Questo atto è considerato una grave escalation che non può essere ignorata, con l’invito alla comunità internazionale e agli organismi ecclesiastici di tutto il mondo ad agire immediatamente per proteggere i luoghi sacri da queste pratiche razziste che colpiscono i valori umani prima di ogni altra cosa. Quello che è accaduto oggi alla chiesa di Al-Khader non è solo un attacco, è una ferita aperta - conclude - nella coscienza dell’umanità”.
12/02/2024 10:14
27/12/2018 08:57