04/03/2023, 09.00
MONDO RUSSO
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Ripensare il mondo secondo il Vangelo

di Stefano Caprio

Tutti desiderano la fine della guerra, ma non può essere solo una questione di resa o compromesso, identità e dominio sul campo di battaglia. È una guerra interiore, che si svolge nelle chiese e nelle coscienze, nelle università e nelle scuole, per le strade e nelle case di tutti i Paesi d’oriente e d’occidente.

Secondo le consuetudini russe, con il mese di marzo inizia la primavera, anche se i geli invernali possono continuare a coprire la terra fino a maggio. L’allungarsi delle giornate permette comunque di cominciare a pensare a come affrontare il nuovo anno, che finora rimaneva nascosto nel buio. E nelle circostanze attuali della guerra russa in Ucraina, congelata da novembre attorno alle rive del fiume Dnipro, gli animi si riscaldano per dare un senso alle immani distruzioni e alle inutili perdite di centinaia di migliaia di vite.

I grandi della terra s’incontrano e si sfiorano in India, dove sembra una notizia perfino uno scambio di sguardi tra il segretario americano Blinken e il ministro russo Lavrov. L’impotenza delle armi, sempre più invocate e sempre meno efficaci da una parte e dall’altra, si consuma nel balletto dei droni che vengono rinfacciati tra assalti alla popolazione inerme, e provocazioni per scatenare la rabbia bellicosa di chi vorrebbe infine consumare il massacro, e cancellare il nemico. Putin osserva tremebondo dal bunker l’ascesa irrefrenabile del “cuoco” Prigožin, l’anima nera della Russia mercenaria, che affascina perfino gli adolescenti in rivolta.

Mentre si attendono le mosse degli eserciti, anche gli ortodossi cominciano i digiuni e le preghiere quaresimali, recitando nelle chiese di Russia e Ucraina il Grande Canone penitenziale di Sant’Andrea di Creta. Il popolarissimo testo patristico è composto da nove cantici, che riassumono i racconti biblici cominciando dalla creazione del mondo fino all’Assunzione di Nostro Signore Gesù Cristo, riscrivendo così tutta la storia dell’umanità e prima di tutto la storia della salvezza. Viene cantato in quattro parti durante i vespri dei primi giorni di Quaresima, esprimendo il dolore provocato dai tanti peccati degli uomini: “Su quale gesto di mia vita darò inizio al pianto? / Quali note scriverò a preludio di questo mio lamento? / Non imitai la giustizia di Abele / Le ricchezze della mia vita ho dissipato nel vuoto senza fondo / Sono io il misero che i ladri assalirono / E ladri sono i miei pensieri, che mi colpiscono e mi feriscono”, concludendo sempre con l’invocazione “Chinati su di me, Cristo Salvatore”.

L’arcivescovo maggiore della Chiesa ucraina greco-cattolica, sua beatitudine  Svjatoslav Ševčuk, ha espresso il desiderio che “tutto il mondo cristiano dia una giusta valutazione dell’ideologia del Mondo Russo, perché se questa forma di genocidio è stata generata da una Chiesa cristiana, allora si può dubitare di tutta l’ecclesialità, della forma storica del cristianesimo”. Il patriarca degli uniati, come viene ricordato dai suoi fedeli nelle liturgie, paragona la propaganda bellico-religiosa dei moscoviti alle espressioni dell’islamismo radicale, laddove “perfino i sapienti musulmani hanno trovato la forza per rifiutare e condannare questa ideologia”.

Il richiamo di Ševčuk costituisce, secondo le sue parole, “una sfida del tempo attuale a tutto il mondo cristiano”, che non può essere sbrigativamente liquidata come una sottomissione della Chiesa russa al volere del dittatore, ma deve interrogare tutti sulla “autentica fedeltà al Vangelo di Cristo per l’uomo del terzo millennio, un compito che va al di là dei limiti delle singole Chiese”. Bisogna cercare insieme “gli anticorpi della coscienza cristiana”, cominciando nello spirito penitenziale della Quaresima a scrutare la propria stessa anima. Nel Discorso della Montagna, Gesù ammonisce: “Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare, e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello, e poi torna ad offrire il tuo dono” (Mt 5,23-24). Non se tu hai rancore verso di lui, ma se sei consapevole che lui è offeso da te.

Senza farsi attrarre nella polvere della propaganda di Stato, tra le “provocazioni della Nato e dell’Occidente” e “il dominio dei potentati economici nella globalizzazione”, o dai riflessi altrettanto grotteschi della propaganda patriarcale contro “il cedimento all’ideologia del gender” e la “distruzione dei valori tradizionali”, dobbiamo rispondere con sincerità alla sfida dell’arcivescovo di Kiev, nello spirito del Vangelo. Che cosa rende il fratello russo così adirato, nei confronti del fratello ucraino, o di quello occidentale? Come fare per riconciliarsi con lui, senza rendere ancora più tragico il conflitto?

Condannare il “mondo russo” non provoca altro che una sua ulteriore affermazione, insistendo sulla incompatibilità tra i cristiani delle due sponde. La “civiltà cristiana tradizionale” di Mosca non può e non deve essere incompatibile con la “decadenza” dell’Europa e dell’America, prede del liberalismo secolarista: è un quadro offuscato dalla violenza del potere e dalle manie di grandezza delle caste intoccabili, di oligarchi e funzionari dei regimi politici, o delle pretese di successo dei padroni dei mercati. Non esiste una “Russia senza peccato” contro un “Occidente immorale”, ma bisogna tornare all’ammissione di Sant’Andrea di Creta, “ladri sono i miei pensieri”, siamo tutti ugualmente colpevoli davanti a Dio.

Se non vi sono dubbi sui ruoli dell’aggredito e dell’aggressore, dell’invasore e del resistente, oltre a queste considerazioni militari e geopolitiche, alla coscienza cristiana serve soprattutto la demitizzazione della colpa e dell’innocenza, quella che lo storico e teologo inglese Joshua T. Searle chiama una “operazione teologica speciale”. Bisogna chiedersi se davvero l’ortodossia cristiana, e non solo quella dei russi, sia così incompatibile con il liberalismo occidentale, e si tratta di un tema che non può essere definito dagli assalti bellici del 2022, ma impone una sintesi del rapporto tra il cristianesimo e il mondo moderno.

Tutti desiderano la fine della guerra, ma non può essere solo una questione di resa o compromesso, identità e dominio sul campo di battaglia. È una guerra interiore, che si svolge nelle chiese e nelle coscienze, nelle università e nelle scuole, per le strade e nelle case di tutti i Paesi d’oriente e d’occidente. Searle lancia la provocazione per cui “l’umanesimo laico dell’Europa contemporanea è in buona sostanza più cristiano, rispetto al nazionalismo religioso del Cremlino”, e di tanti altri regimi teocratici o “sinfonici”. L’ateismo latente del laicismo, a cui sembrano adeguarsi protestanti e cattolici, si scontra con l’ateismo sacrilego di chi piega Dio a un progetto politico e di potere, o soltanto a un’affermazione di sé contro il mondo intero. Come spiega il professore del multietnico Sturgeon College, “il nazionalismo cristiano non ha nulla a che spartire con l’autentica dottrina cristiana ortodossa, e deve la sua apparizione a un rigurgito di miti pagani sul sangue e sulla terra, non certo alla tradizione biblica della dignità e della libertà dell’uomo e del popolo”.

In molti hanno contribuito ad alimentare il mito della “santa Russia” e della “rinascita religiosa” anche in Occidente, magari ispirandosi alle profezie della Madonna di Fatima. È giunto il momento di riconoscere anche questa colpa, che accomuna russi e ucraini, europei e americani: voler reintrodurre la religione nel mondo attuale come un fattore di conflitto con altre ideologie e stili di vita, oppure omologarla ad essi, nelle due facce della stessa medaglia. Le riletture della storia antica e medievale, che stanno alla base delle giustificazioni morali delle azioni belliche, possono anche lasciare il tempo che trovano, pur ammettendo che sulla storia è sempre necessario un confronto non improvvisato. Serve piuttosto un’attitudine reale a interrogarsi sul presente, a partire dalla propria condizione e dalla propria identità, prima di puntare il dito contro il presunto o inevitabile avversario.

La Santa Russia Putiniana è un ideale che attrae e soggioga, in diverse versioni, tanti settori conservativi della Chiesa cattolica e delle comunità evangeliche, sparsi in tutto il globo. Si potrà dialogare con la Russia, al di là degli esiti della guerra, solo quando si sarà capaci di confrontarsi su queste dimensioni dell’anima. Nel 2014 il famoso predicatore americano Pat Buchanan, ispiratore di tanta politica occidentale, dopo l’annessione della Crimea definì Putin “un vero crociato cristiano”, che aveva saputo “innalzare la bandiera russa sui principi del cristianesimo tradizionale”, e non si possono sottovalutare i flussi più o meno reconditi di questa mentalità tipica della “Chiesa militante”, che accomunava nello scorso secolo i cristiani e i comunisti.

Non c’è da stupirsi se la propaganda putiniana fa breccia tanto facilmente nelle società occidentali, a partire dalle frange estreme della politica di destra e di sinistra, accomunate nella nostalgia delle barricate studentesche, o degli scontri di piazza dei tempi giovanili. Il substrato religioso-ideologico è altrettanto evidente in quella che i russi chiamano con disprezzo la “propaganda Lgbt”, cioè nelle rivendicazioni di diritti intese come vittorie di guerra, più che riconoscimento della realtà personale e comunitaria. Il vero liberalismo non disprezza e non offende le tradizioni, il vero tradizionalismo non opprime le coscienze e le comunità, e quindi non invade i Paesi vicini.

 

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