28/12/2022, 10.36
LIBANO
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Saranno santi i fratelli Massabki: il regalo di Natale alla Chiesa maronita

di Fady Noun

Vittime dei massacri del 1860 sul Monte-Libano e a Damasco. Esempio di “martiri della fede” in una fase storica di crescente persecuzione, prova ulteriore dell’importanza dell’ecumenismo dei santi, morti donando la loro vita per “lo stesso Cristo”. Come diceva Giovanni Paolo II l’unità dei cristiani non è da costruire, ma solo da ampliare. 

Beirut (AsiaNews) - La Chiesa maronita ha da poco ufficializzato, attraverso il proprio patriarca card. Beshara Raï, che papa Francesco ha approvato il decreto che proclama i tre fratelli Francis, Abdel Mohti e Raphaël Massabki “martiri della fede”. Morti nel corso dei tristemente noti massacri del 1860 a Damasco (una delle pagine più buie per i cristiani d’Oriente), i tre fratelli saranno assunti nell’assemblea dei santi della Chiesa universale, a prescindere dal riconoscimento di un miracolo che sarebbe avvenuto mediante la loro intercessione. Un passaggio fondamentale nelle cause di canonizzazione dei futuri santi. 

“Questo è il nostro regalo di Natale” ha affermato il capo della Chiesa maronita, parlando dell’onore reso, per mezzo di loro, alla sua comunità. La data della cerimonia di canonizzazione, che si celebra normalmente a Roma, non è stata ancora fissata e ufficializzata.

I fratelli Massabki hanno incontrato la morte a Damasco, nei massacri le cui cause storiche risalgono ad alcune rivalità nel Monte-Libano fra drusi e maroniti, fomentate da interferenze straniere e di cui il governatore ottomano Ahmad Pasha è stato uno dei protagonisti chiave. I tre uomini sono stati uccisi il 10 luglio 1860, all’interno del convento dei francescani, dopo essersi rifiutati di rinnegare la loro fede cristiana. La vicenda è occorsa all’interno di una sommossa di popolo che è proseguita dal 9 al 18 luglio, e che nella sola Damasco ha mietuto fra 4mila e 6mila vittime cristiane, e che poi si è estera anche alla Békaa, in particolare a Zahlé. 

Durante i nove giorni in cui si sono succeduti i massacri, circa 20mila cristiani sono stati assassinati a Damasco e nella Békaa. Al contempo sono andati distrutti almeno11 chiese e tre conventi nella capitale siriana, oltre a contare fra le 1500 e le 2mila case e le 200 circa attività commerciali che sono state incendiate o rase al suolo. I consolati russo, olandese, belga, americano e greco sono stati all’epoca saccheggiati e dati alle fiamme. 

Musulmani salvano l’onore

Alcuni musulmani pii hanno salvato l’onore della comunità, fra i quali l’emiro algerino Abdel Kader, esiliato dalla Francia a Damasco, grazie al quale moti dei cristiani sono stati salvati e hanno potuto raggiungere regioni sicure del Libano. 

Come è ovvio, le notizie dei massacri perpetrati nel 1860 hanno terrorizzato un Occidente che si vantava di essere protettore dei cristiani d’Oriente. I passi delle potenze occidentali presso la Sublime [porta, il sultano ottomano] hanno sortito l’effetto desiderato. Ahmad Basha viene giustiziato, insieme ad altri funzionari dell’impero che erano coinvolti nel massacro, e altrettante centinaia di complici imprigionati o esiliati.

Nel 1926, a 66 anni di distanza dai massacri, grazie a una decisione comune dell’allora nunzio apostolico a Damasco e dell’arcivescovo maronita della capitale siriana, mons. Beshara Chémali (il cui territorio si estendeva fino a Sarba, in Libano), i tre fratelli Massabki vengono dichiarati beati da papa Pio XI il 7 ottobre 1926, Da allora, la Chiesa maronita festeggia ogni anno i beati fratelli Massabki la domenica successiva al 12 luglio.

Ecumenismo dei martiri

Al giorno d’oggi, secondo lo spirito di unità promosso da san Giovanni Paolo II e portato avanti dai suoi successori al soglio petrino, si levano voci che chiedono che la cerimonia di canonizzazione dei beati sia anche occasione per meglio evidenziare il cosiddetto “ecumenismo dei martiri”. 

Si considera ormai come fatto compiuto che, fra le vittime dei massacri del 1860, vi sia anche Youssef Mehanna-Haddad, un sacerdote della Chiesa ortodossa di Antiochia. Quest’ultimo, mentre usciva dalla propria casa in incognito e vesti laicali, insieme alla nuora (è consuetudine per la Chiesa orientale che i preti si possano sposare) viene riconosciuti da un gruppo di rivoltosi, sequestrato e ucciso. Una memoria ancora viva, tanto che la sua Chiesa ne celebra ancora oggi in modo solenne la memoria. Tuttavia, sino ad ora la Chiesa latina, maronita e ortodossa hanno commemorato la memoria e il ricordo dei martiri del 1860 in modo indipendente l’una dalle altre. Ciononostante, bisogna essere altrettanto consapevoli che questi cristiani di confessioni diverse hanno tutti testimoniano la loro vita donandola per il medesimo Cristo. 

Quello che Giovanni Paolo II voleva dire, spiegano in sostanza alcuni ambienti della Chiesa, è che l‘unità dei cristiani non è da cercare; che non è da costruire ex novo come se non esistesse, ma è solo da ampliare. Anche perché essa è già realizzata nei martiri e nei santi delle diverse Chiese che hanno testimoniato la loro fede, fino al dono ultimo della loro vita.

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