23/01/2013, 00.00
CINA
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Senza democrazia, Xi Jinping non può sconfiggere la corruzione

di Chen Weijun
Il nuovo leader comunista chiede alla Commissione centrale del Partito di creare insieme a lui una “gabbia di regole” in cui incastrare i funzionari corrotti. Ma gli analisti sottolineano che questi slogan, simili a quelli del suo predecessore Hu Jintao, non possono funzionare senza un sistema democratico di controllo e di supervisione. I dati parlano chiaro: nel 2012 sono usciti dal Paese 1000 miliardi di dollari rubati da funzionari corrotti, per il 2013 se ne attendono altri 1.500.

Pechino (AsiaNews) - Il nuovo leader cinese Xi Jinping ha chiesto ieri alla Commissione centrale del Partito comunista di sostenerlo nel creare una gabbia di regole" nella quale incastrare i funzionari corrotti che "con il loro comportamento creano una piaga nella vita ordinaria di tutti i giorni". Tuttavia questa campagna sembra destinata a fallire proprio come quelle lanciate dal suo predecessore Hu Jintao: gli ultimi dati relativi alla corruzione all'interno del Partito dimostrano infatti che il fenomeno è in forte crescita in termini sia di ufficiali corrotti che di denaro rubato dalle casse pubbliche e fatto uscire dalla Cina. Nel 2012 sono usciti 1000 miliardi di dollari.

La Xinhua definisce oggi "forte" il discorso pronunciato ieri da Xi alla Commissione centrale per l'ispezione e la disciplina del Partito: "Da un lato dobbiamo essere risoluti nell'investigare anche su quelle figure di spicco del Partito, se si dimostra che hanno violato la disciplina interna e le leggi nazionali. Dall'altro dobbiamo affrontare dal punto di vista pratico tutti quei comportamenti scorretti che creano piaghe nella vita ordinaria di tutti i giorni".

La lotta alla corruzione è uno dei vessilli con cui Xi Jinping ha puntellato la propria ascesa al potere. In Cina cresce di anno in anno la consapevolezza - anche nelle classi più basse del Paese - riguardo all'enorme giro di affari e di denaro che si nasconde dietro al mondo della politica, e questa consapevolezza (veicolata da internet) ha fatto aumentare le proteste e i disordini sociali. Alcune inchieste giornalistiche riguardo la ricchezza privata della famiglia dell'attuale primo ministro dimissionario Wen Jiabao (che vale 2,7 miliardi di dollari) e dello stesso Xi Jinping (che si ferma a 1 miliardo), condotte da media internazionali, hanno montato l'indignazione e creato persino problemi diplomatici.

La popolazione sembra essere disillusa riguardo l'efficacia reale di queste campagne. Quelle condotte dall'ormai ex presidente Hu Jintao, ad esempio, si sono dimostrate solo uno strumento con cui eliminare scomodi nemici politici. Per diversi analisti cinesi, questa battaglia anti-corruzione "non si è mai estesa all'interno delle mura di Zhongnanhai [il quartiere blindato nel cuore di Pechino che ospita la leadership al potere ndr] e quindi non può essere davvero efficace".

Secondo il professor Joseph Cheng Yu-shek, analista politico dell'Università di Hong Kong, quello che serve è un bilanciamento dei poteri: "Solo con la libertà di stampa e con la democrazia applicata a diversi livelli della vita politica si può sperare in una vittoria. Non vedo come Xi possa pensare di sconfiggere la corruzione senza una supervisione democratica che funzioni su tutti i piani della vita pubblica".

Il pessimismo si fonda su dati reali. L'Economic Observer cita un documento riservato inviato nel dicembre 2012 ai membri della Commissione centrale per l'ispezione e la disciplina del Partito comunista cinese: secondo i dati contenuti all'interno, nel 2012 i funzionari corrotti in fuga dal Paese hanno fatto uscire dalla Cina circa 1000 miliardi di dollari americani.

Si tratta, sempre secondo i dati ufficiali, di un trend in crescita: nel 2012 erano usciti 412 miliardi, mentre nel 2011 erano almeno 600 miliardi. Per il 2013 si prevede un altro aumento a 1.500 miliardi. Inoltre, un funzionario della Commissione sostiene che solo durante la Festa di metà autunno e il 1mo Ottobre sono fuggiti 714 funzionari.

La "linea dura" predicata dal governo non convince neanche gli esperti. Li Yongzhong, professore associato presso l'Accademia cinese per la supervisione e l'ispezione di Pechino, sostiene che sarebbe più utile un'amnistia per i corrotti - con ritorno delle bustarelle - in cambio di un sostegno attivo per le riforme politiche.

Per il docente "la popolazione vuole condanne indefinite e ritiene che debbano sempre esserci punizioni severe. Tuttavia in questo modo non si fa altro che creare maggiore resistenza alla lotta contro la corruzione". Invece il perdono da parte del governo "riduce la possibilità che avvengano nuovi casi e soprattutto porta alleati importanti per le riforme politiche".

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