03/06/2022, 12.52
CINA
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Senza lavoro milioni di migranti interni: la ‘prosperità comune’ di Xi è uno slogan

Quelli con più di 50 anni non trovano impiego e non ricevono alcun sussidio sociale. Chi rimane nelle campagne guadagna 1.400 euro l’anno a fronte del triplo di spese familiari. La crisi economica non aiuta. Il premier Li Keqiang chiamato a riparare i danni causati dal “mini Grande balzo avanti” di Xi.

Pechino (AsiaNews) – La “prosperità comune” invocata da Xi Jinping per ridistribuire la ricchezza nazionale sembra sempre più uno slogan, soprattutto per milioni di lavoratori migranti sopra i 50 anni. Molti di loro non riescono a trovare lavoro per le stringenti norme di assunzione e sicurezza nei posti di lavoro, soprattutto nell’industria manifatturiera e nel settore delle costruzioni. E senza nemmeno poter beneficiare degli ammortizzatori sociali.

Secondo dati pubblicati in aprile dall’Ufficio nazionale di statistica, 300 milioni di migranti interni si sono spostati in cerca di lavoro nel 2021: 80 milioni quelli con più di 50 anni, circa il 27% del totale.  Provengono in larga parte dalle aree rurali della Cina, e solo se si trasferiscono nelle città con meno di tre milioni di abitanti hanno la possibilità di ottenere la residenza, e dunque la possibilità di accedere alle locali strutture sanitarie e sociali.

Rimanere nei luoghi d’origine è per loro quasi impossibile. Come riporta Caixin, in media un contadino cinese ha un appezzamento di poco meno di un ettaro. Tolte le spese per la coltivazione, esso frutta circa 10mila yuan (1.400 euro) all’anno; una famiglia rurale di tre persone ha bisogno però di almeno 30mila yuan (4.200 euro) annui per vivere.

In fuga dalle campagne verso le città, i lavoratori migranti senior sono costretti spesso a lavorare con contratti a termine per piccoli impieghi a chiamata. Ancora peggio, molti di loro lavorano senza contratto, con il datore di lavoro che non gli fornisce alcuna assicurazione sociale. Sempre secondo cifre fornite da Caixin, a giugno 2020 solo 63,8 milioni di lavoratori migranti rientravano in schemi pensionistici aziendali (il 22% del totale).

Nel 2018 un sondaggio dell’università di Pechino ha rivelato che tra gli abitanti in età di pensione delle zone rurali solo il 6,3% degli intervistati poteva usufruire del piano pensionistico statale di base, contro un 77% dei residenti nelle città. Nelle campagne in media una pensione pubblica per un over 60 è di 100 yuan (14 euro) al mese, quando nei centri urbani è di 2.500 yuan (350 euro) per chi ha lavorato in una azienda.

Il problema per i migranti interni cinesi è che l’economia nazionale vacilla per effetto della politica “zero-Covid” di Xi e degli stretti controlli che il presidente ha imposto negli ultimi due anni al settore immobiliare, quello tecnologico e quello dell’istruzione privata.

Chiamato a riparare i danni causati dal “mini Grande balzo in avanti” di Xi, il premier Li Keqiang ha espresso timori per una possibile crescita negativa nei prossimi mesi – secondo alcuni esperti è già così. Lo direbbero gli indicatori al ribasso per l’occupazione, la produzione industriale, il consumo di energia e il trasporto merci.

La scorsa settimana in una grande videoconferenza con 100mila amministratori in rappresentanza di 2.800 municipalità, Li ha lanciato un piano di ripresa economica orientato alla crescita, che torna a essere il focus del governo, dopo l’enfasi posta da Xi sulla qualità della produzione economica. Intanto però il premier ha lanciato un nuovo monito contro le false statistiche presentate dalle autorità locali, che impedirebbero di raggiungere i risultati prefissati. Al riguardo Li ha istituito una task-force governativa per verificare che i dirigenti di 12 province non trucchino i conti (per tornaconto personale).

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