Seoul: mandato d’arresto per un giornalista, cresce la tensione pre-elettorale
Il reporter, di cui non è stata diffusa l'identità, è accusato di aver ostacolato le attività della Commissione elettorale con un articolo che diceva che 99 spie cinesi erano state trasferite dalla Corea al Giappone dopo la dichiarazione della legge marziale da parte dell'ex presidente Yoon. La vicenda si inserisce nel clima teso della campagna elettorale per le presidenziali, con il leader del Partito democratico Lee Jae-myung che continua a essere in vantaggio nei sondaggi.
Seoul (AsiaNews) - La polizia sudcoreana ha dichiarato di aver richiesto un mandato di arresto nei confronti di un giornalista che ha condiviso informazioni false nei giorni successivi alla proclamazione della legge marziale da parte dell’ex presidente Yoon Suk-yeol. Il reporter, di cui non è stata resa nota l’identità, aveva realizzato un servizio nel quale affermava che 99 spie cinesi erano state arrestate nel giorno in cui Yoon ha sospeso il governo civile.
Citando fonti anonime dell’intelligence statunitense, il giornalista aveva affermato che le spie erano state arrestate in una struttura legata alla Commissione elettorale nazionale e poi trasferite nella base militare americana di Okinawa, in Giappone. Il giornalista è accusato di “ostruzione dei doveri d'ufficio” della Commissione elettorale per aver pubblicato un “articolo falso che ha ostacolato” le operazioni dell’organo di controllo.
La notizia era già stata smentita dalla Commissione elettorale, dalle forze statunitensi e dalle agenzie di informazione internazionali, ma era comunque circolata molto online, alimentando diverse teorie del complotto e la polarizzazione all’interno della società sudcoreana, mentre si avvicinano le prossime elezioni presidenziali per scegliere il successore di Yoon.
I cittadini coreani residenti all’estero hanno cominciato a votare oggi, secondo quanto comunicato dai funzionari di ambasciata. Le votazioni all’estero, che coinvolgeranno 258mila cittadini presenti in 118 Paesi, dureranno sei giorni, mentre per i residenti in Corea del Sud le elezioni si svolgeranno il 3 giugno. Lee Jae-myung, leader del Partito democratico di Corea (DPK) ha diffuso un videomessaggio in cui invita i coreani all’estero a votare. “In una repubblica democratica, il potere è determinato dai voti delle persone, eppure molti scelgono di astenersi dal voto”, ha affermato, aggiungendo che un voto è “più forte di un proiettile”.
Anche secondo i più recenti sondaggi d’opinione, Lee continua a essere il favorito, con il 50,2% delle preferenze, in base a un’indagine di Realmeter. Kim Moon-soo, candidato del Partito del potere popolare (PPP), resta fermo al 35,6% nei sondaggi, mentre Lee Jun-seok del Reform Party raccoglierebbe l’8,7% delle votazioni in base alle attuali previsioni. Nei giorni scorsi, Lee Jun-seok, che ha fondato il partito dopo essere fuoriuscito dal PPP, ha dichiarato che non si sarebbe unito al partito conservatore nella corsa elettorale. È anche questo l’ennesimo segno di un’ulteriore spaccatura all’interno del PPP, dove alcuni dei maggiori esponenti si stanno sempre più avvicinando a posizioni di estrema destra.
Riguardo alla possibilità di unire le liste del Reform Party a quelle delle PPP, Lee ha risposto, durante un’intervista alla radio locale SBS: “Il processo e la procedura in sé sembrerebbero molto antiquati, quindi non ho alcuna intenzione di farlo”. Il leader del Reform Party ha poi detto che non rivedrebbe la sua decisione nemmeno se i principali collaboratori dell’ex presidente Yoon porgessero le loro scuse: “Non ho mai posto tali precondizioni, né mi aspetto delle scuse”.
“Se non raccogliamo i voti dei giovani e non facciamo scendere l’indice di gradimento di Lee Jae-myung sotto il 45%, tutto il resto non ha senso”, ha spiegato poi, sottolineando che Kim Moon-soo, non ha possibilità di battere il DPK in questo momento.
10/05/2022 13:43
01/07/2022 13:13