23/05/2023, 13.19
COREA DEL SUD
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Seoul: nuovo visto alle colf straniere per far fronte alla crisi demografica

di Alessandra Tamponi

Un progetto pilota sostenuto dal ministero del Lavoro prevede l’estensione del permesso di tipo E-9 per le collaboratrici domestiche provenienti dall’estero. La misura si inserisce tra le iniziative che la Corea de Sud sta mettendo in atto per incoraggiare le coppie ad avere più figli e mitigare il calo della natalità. Preoccupazioni sui rischi di sfruttamento.

Seoul (AsiaNews) - La municipalità di Seoul e il ministero del Lavoro sudcoreano hanno proposto un progetto pilota per estendere il visto di tipo E-9 alle collaboratrici domestiche straniere. Lo scopo dell’iniziativa è permettere alle famiglie di assumere più facilmente nuovi lavoratori - in particolare personale proveniente dai Paesi del sud-est asiatico - e ridurre i costi del lavoro di cura. Ma Seoul spera anche che, attirando lavoratrici più giovani e a basso costo, si ridurrà il numero delle donne sudcoreane costrette ad abbandonare il loro impiego per dedicarsi al lavoro di cura familiare, con ricadute positive sulla crisi demografica del Paese.

Durante il progetto, che potrebbe partire già dal prossimo autunno, le collaboratrici domestiche straniere percepiranno un salario minimo di circa sette dollari all’ora, una cifra nettamente inferiore a quella prevista per i lavoratori di nazionalità coreana. La questione ha sollevato dubbi di varia natura: da una parte le colf coreane temono di perdere il loro impiego, dall’altro le lavoratrici straniere rischiano invece di essere sottoposte ad abusi. Le lavoratrici provenienti dal sud-est asiatico sono sì più giovani di norma, ma anche meno scolarizzate e più vulnerabili. Secondo uno studio di Amnesty International il personale straniero in Corea del Sud - costituito in maggioranza da donne - deve far fronte a condizioni sfavorevoli legate a discriminazioni, anche salariali, difficoltà legate alla comunicazione e mancanza di un adeguato sistema di tutele.

Nonostante i dubbi, l’iniziativa ha riscosso l’approvazione del sindaco di Seoul Oh Se-hoon, che già lo scorso anno aveva proposto una simile soluzione ispirandosi a progetti attuati a Hong Kong e Singapore. L’estensione del visto E-9 va ad aggiungersi a una serie di misure varate per far fronte al calo della natalità. Tra questi c’è l'Happy Parents Project, per esempio, che, annunciato di recente, metterà in atto misure a sostegno delle famiglie con due o più figli. Dal 2017 i costi legati al mercato immobiliare - soprattutto a Seoul – hanno cominciato a diventare insostenibili, e la capitale, oltre al crollo della natalità, sta affrontando anche uno spopolamento che ha visto i suoi residenti passare da 10,97 milioni di abitanti nel 1992 a 9,49 milioni nel 2022.

Sebbene la popolazione coreana abbia iniziato a diminuire dal 2021, il tasso di fertilità del Paese ha iniziato a calare negli anni ‘60. Secondo gli ultimi dati rilasciati da Statistics Korea, nel 2022 il tasso di fertilità è sceso a 0,78 con una riduzione del 4,4% delle nascite rispetto all’anno precedente. Si tratta del valore più basso tra tutti i Paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). Dal 2005 la lotta al crollo della natalità è diventata una delle priorità politiche peri vari governi sudcoreani che si sono susseguiti e dal 2016 sono stati spesi oltre 200 miliardi di dollari in politiche che finora non hanno ancora dato i risultati sperati.

Le ragioni dietro al crollo della natalità sono molteplici ma legate soprattutto a una cultura del lavoro che non consente un corretto equilibrio tra vita professionale e familiare. Di conseguenza si è ridotto il desiderio da parte delle donne di sposarsi e mettere su famiglia sacrificando le proprie ambizioni professionali. A ciò si aggiungono i crescenti costi legati al mercato immobiliare e al mantenimento dei figli. Secondo uno studio condotto dal YuWa Population Research Institute, un think-tank situato a Pechino, la Corea del Sud sarebbe il Paese più caro al mondo per crescere un figlio fino ai diciotto anni a causa delle spese per l’educazione, che in un Paese noto per l'estrema competitività sono andate aumentando.

La crisi demografica potrebbe diventare la più grossa sfida per il governo di Yoon Suk-yeol: di recente il presidente ha ordinato una rivalutazione delle attuali politiche sulla natalità per scoprire le ragioni del loro fallimento. Tale riesame potrebbe però svelare la natura sfaccettata del crollo della natalità e portare a nuove soluzioni meno unidimensionali e più adatte a una nazione che sta rivalutando il suo rapporto con la pianificazione familiare sotto diversi aspetti.

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