Si annuncia una drastica riduzione del debito estero
Fra i più renitenti sono Francia e Russia. La storia del debito estero, eredità di Saddam, è un intreccio di complotti e alleanze.
Milano (AsiaNews) - Qualcosa sembra andare bene in Iraq: appare concreta la speranza di una drastica riduzione dell'ingente debito estero lasciato in eredità da Saddam Hussein, che era di 383 miliardi dollari e potrebbe scendere a circa 35. James Baker, al quale lo scorso 5 dicembre il presidente Bush aveva conferito l'incarico di negoziare con i vari creditori una riduzione del debito, è riuscito ad ottenere numerose risposte positive. Solo i Paesi che più furono beneficiati dal regime di Saddam oppongono delle resistenze.
Secondo il più accurato studio disponibile sul debito iracheno, quello del Centro di studi strategici ed internazionali Cssi, i debiti dell'Iraq alla caduta del regime ammontavano a 127 miliardi di dollari, 47 dei quali per interessi maturati. A tale cifra sono da aggiungere 199 miliardi di dollari per le compensazioni dovute per la Guerra del Golfo (a seguito dell'invasione del Kuwait nel 1990) e 57 miliardi di dollari per contratti in essere tra il regime di Saddam Hussein ed imprese private. Si ha un così il considerevole ammontare di 383 miliardi dollari. Se lo si paragona ad un Prodotto interno lordo (PIL) iracheno di 27 miliardi di dollari e lo si rapporta alla popolazione di 24 milioni di abitanti, si arriva ad un debito di 16.000 dollari a persona, 14 volte i 1125 dollari del reddito individuale annuo di prima del conflitto. Un onere finanziario che è 25 volte maggiore di quello del Brasile o dell'Argentina e che fa dell'Iraq il paese al mondo con il maggiore carico passivo. A tutto ciò si deve aggiungere non solo il costo della ricostruzione, ma anche delle infrastrutture mancanti già prima del conflitto perché la spesa pubblica irachena era in larga misura destinata a scopi militari e per la sicurezza.
Armi contro concessioni petrolifere
I maggiori creditori dell'Iraq sono i Paesi arabi del golfo Persico, la Russia e gli Stati che facevano parte del blocco sovietico, di cui Hussein era amico, il Giappone, la Cina ed alcuni Paesi europei, in primo luogo Francia e Germania. Ai suoi vicini arabi l'Iraq deve circa 45 miliardi di dollari (30 all'Arabia Saudita) ed in gran parte si tratta di prestiti concessi durante la guerra con l'Iran (1980-1988), il sanguinoso conflitto costato oltre un milione di morti. A proposito di questi crediti il regime iracheno ha sostenuto che in realtà non si sarebbe trattato di debiti, ma di fondi forniti come sostegno militare e politico, a fondo perduto. Sarebbe una conferma del sospetto che quella contro il regime integralista iraniano sia stata una guerra combattuta per conto dei potentati arabi del Golfo, produttori di petrolio. Dato però che molti documenti sono stati perduti per gli eventi bellici, è difficile pervenire a delle certezze. Il secondo singolo maggior creditore è la Federazione russa, che ha assunto debiti e crediti dell'Unione Sovietica. Vanta crediti per 12 miliardi di dollari (secondo Channell News Asia sarebbe 16, inclusi gli interessi) e si riferisce essenzialmente a forniture di caccia Mig, elicotteri e sistemi radar. I crediti di Bulgaria, Romania e Yugoslavia/Serbia, rispettivamente di 2 / 1,8 / e 1,7 miliardi di dollari, sono anch'essi in larga misura relativi a forniture militari, principalmente di armi leggere. La quota più consistente del contenzioso russo riguarda 52 miliardi di dollari per contratti dei quali si lamenta la mancata esecuzione. Si tratta di accordi stipulati soprattutto negli ultimi tempi del regime ed in gran parte relativi a forniture di impianti petroliferi ed alla gestione o acquisizione di giacimenti petroliferi (in violazione spesso dell'embargo ONU). Ad esempio nel 2002 la società russa Lukoil acquisì da Saddam a prezzi stracciati il gigantesco giacimento Kurna Ovest con riserve accertate per più di 20 miliardi di barili di petrolio. La Francia vanta ufficialmente crediti per 4 miliardi di dollari anche se, secondo Salah al-Shaikhly, ex governatore della banca centrale irachena che insegna ora ad Oxford, la cifra reale è di 8 miliardi di dollari. Il credito francese è relativo a forniture di aerei da caccia, missili Exocet, missili a guida laser, veicoli militari, elicotteri d'assalto e pezzi d'artiglieria. Anche la società petrolifera statale francese TotalFinaElf si era interessata ai giacimenti offerti in saldo dal regime, ma a differenza dei russi si era preoccupata di salvare le apparenze, firmando solo accordi che le consentivano la prelazione sui giacimenti dalla data in cui fosse stato levato l'embargo ONU. Altri maggiori creditori dell'Iraq sono il Giappone (7 miliardi di dollari), la Cina (svariati miliardi di dollari di crediti per forniture anche militari) la Germania (4,3 miliardi di dollari).
James Baker, che con George Bush senior, padre dell'attuale presidente, era stato Segretario di Stato, ha ottenuto finora risposte positive da molti Paesi. La Cina il Giappone e l'Iran (che vanta crediti per circa un miliardo di dollari) hanno dichiarato che sono disponibili a condonare la maggior parte dei propri crediti. Risposte positive sono venute anche dall'Arabia Saudita che detiene il grosso dei crediti dei paesi arabi del Golfo. Il Kuwait, anche se appare tiepido in merito al debito, potrebbe condonare parte delle compensazioni per i danni connessi all'invasione subita.
La Russia vuole che si rispettino gli accordi stipulati con Saddam
Le maggiori resistenze vengono dalla Francia e dalla Russia. Il 25 aprile il ministro delle finanze francesi Sarkozy ha dichiarato che la Francia è disposta a cancellare una parte dei propri crediti ma non nella misura auspicata dagli Stati Uniti ed ha fatto significativamente notare che l'Iraq è il secondo Paese al mondo per riserve petrolifere. Anche la Russia potrebbe condonare una parte del debito iracheno, ma vuole che i contratti firmati dalle società russe siano pienamente onorati. Si tratta infatti di accordi molto vantaggiosi per i russi. Ciò soprattutto per i bassi costi d i estrazione del petrolio iracheno: ad esempio si calcola che nei giacimenti dell'Iraq meridionale tali costi siano intorno a 2 dollari al barile (a titolo di raffronto, nel Mar del Nord variano dai 12 ai 18 dollari al barile ed in alcuni casi oltrepassano i 20 / 25, a fronte di quotazioni internazionali che attualmente sperano i 35 dollari). Alle attuali quotazioni, per la Lukoil significherebbe rinunciare, per il solo giacimento Kurna Ovest, ad un utile stimabile, in venti anni, a circa 160 miliardi di dollari, calcolato sulla base di una suddivisione 70 / 30, cioè 70 % per l'Iraq e 30 % per la Lukoil. È quindi comprensibile, anche se forse poco condivisibile, l'insistenza russa che gli accordi stipulati con Saddam siano rispettati.
Se però si potesse trovare anche l'accordo russo e francese, il debito iracheno sulla base delle promesse e delle ipotesi di Baker potrebbe ridursi a circa 35 miliardi di dollari. Sommando a tale cifra un nuovo prestito della Banca mondiale di 5 miliardi dollari, il debito estero pro capite iracheno diventerebbe di circa 1.650 dollari ed il rapporto tra debito estero e PIL sarebbe inferiore al 150 %. Per altri Paesi in via di sviluppo si tratterebbe di un'esposizione finanziaria elevata: quando il sistema finanziario argentino entrò in collasso per la sospensione del pagamento delle rate del debito il rapporto tra debito pubblico e PIL era del 54 %. Ciononostante per un Paese come l'Iraq con una riduzione del debito estero a 40 miliardi di dollari la situazione tornerebbe indiscutibilmente sotto controllo. Le riserve accertate sono infatti di 112 miliardi di barili di petrolio estraibile e potrebbero facilmente diventare 250 miliardi se venissero ripresi ricerca e sviluppo che decenni di nazionalismo prima e poi di embargo hanno impedito.
Da ultimo, anche per il problema delle compensazioni per i danni della guerra del 1991 una soluzione potrebbe essere in vista. Attualmente, in base alla risoluzione 1330 dell'ONU, una percentuale del 25 % degli introiti petroliferi è destinata al saldo delle compensazioni di guerra. Si ipotizza che in futuro i pagamenti possano limitarsi ad un miliardo di dollari all'anno per i prossimi 20 - 30 anni, diventando anche in questo caso una cifra ampiamente gestibile per il paese.
03/11/2022 12:55
21/02/2022 08:54