08/11/2022, 10.36
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Siria, narco-Stato del Medio oriente: il Captagon unisce Assad e ribelli

di Dario Salvi

Affari per 10 miliardi di euro all’anno che alimentano le casse governative e degli oppositori, creando alleanze “impensabili”. Una sostanza universale e consumata da studenti e professionisti, ritenuta meno “proibita” di alcol o altre droghe. L’Arabia Saudita meta principale del mercato. 

Milano (AsiaNews) - Un commercio che unisce tutte le parti coinvolte nel conflitto siriano, dalla famiglia Assad all’opposizione, dai curdi ai gruppi ribelli e jihadisti che controllano ancora oggi una fetta consistente del territorio siriano. E che, negli anni, ha instaurato alleanze fra le parti ritenute sulla carta impensabili. Oltre un decennio di devastante guerra civile ha ridotto la Siria, un tempo fra i centri più avanzati sul piano economico e culturale di tutto il Medio oriente, a una distesa di macerie, frammenti e povertà. Vi è però un elemento che supera i confini e unisce fronti opposti: il Captagon, la droga che si è affermata di recente come la più usata in tutta la regione. Attorno allo stimolante, in passato famoso per essere diffuso fra i miliziani dello Stato islamico (SI, ex Isis), oggi è fiorita un’industria da oltre 10 miliardi di euro che alimenta le casse del governo (e dei congiunti del presidente Bashar al-Assad), come molti dei gruppi a lui contrapposti. 

La droga delle lune crescenti

Un traffico fiorente che ha trasformato la nazione araba nell’ultimo narco-Stato al mondo e ha allargato le maglie fino ad abbracciare il vicino Libano, anch’esso in preda a una gravissima crisi politica e istituzionale. Oggi il Captagon - anfetamina derivata da un trattamento legale della narcolessia e dei disturbi dell’attenzione - supera di gran lunga tutti gli altri prodotti di export legali sommati fra loro. Da Siria e Libano, principali produttori con centinaia di milioni di compresse all’anno, la droga varca i confini per soddisfare le enormi richieste dei Paesi del Golfo, in testa l’Arabia Saudita di Mohammed bin Salman (Mbs). Le compresse vengono ingerite ma possono essere anche frantumate e inalate. L’anfetamina contenuta all’interno stimola le attività cerebrali, facendo aumentare - almeno in un primo momento - il livello di attenzione, la fiducia in se stessi, diminuendo al contempo l’appetito e il bisogno di sonno. Caratteristiche che la rendono apprezzata da una vasta platea di consumatori, anche fra gli studenti che possono trascorrere intere nottate sui libri o gli autisti di taxi, senza trascurare i professionisti che vogliono restare concentrati per ore.

Il regno wahhabita è il principale mercato della droga, in particolare fra i giovani che possono sfruttare le aperture di bin Salman in tema di divertimenti - dai concerti ai cinema, passando per rave party e ora anche Halloween - per fare festa tutta la notte. Le ragazze la assumono in prevalenza, e in grandi quantità, per perdere peso perché abbatte il bisogno di cibo. Inoltre, vi è una ragione etica non solo a Riyadh, ma anche in altre nazioni musulmane del Golfo, dagli Emirati Arabi Uniti al Qatar a decretarne il successo: il Captagon è percepito come sostanza meno pericolosa e vietata rispetto a cocaina o alcool, il cui consumo è proibito (almeno a parole) nei Paesi islamici. Il consumo - e l’abuso - di metanfetamina comporta però dei danni seri all’organismo nel lungo periodo, con lesioni al sistema nervoso, muscolari e cardiache. Vi sono poi altre componenti all’interno delle pasticche - che si distinguono da altre droghe per la presenza della caratteristica “C” impressa sui due lati - che che risultano essere egualmente pericolose. Peraltro, il logo ha portato i consumatori nel mondo arabo a soprannominare la droga “Abou al-Hilalain” o “Padre delle due lune crescenti”.

Dallo “sballo” allo studio, un uso universale

Le compresse di qualità migliore, destinate al Golfo, sono bianche, ma ve ne sono anche di colore giallo, beige e persino rosa e sono confezionate in bustine da 200 pillole ciascuna. Non solo sballo e divertimento più o meno “halal” perché per qualcuno, soprattutto fra i lavoratori migranti, la droga è anche il modo per lavorare, e guadagnare. A buon mercato, discreta e meno tabù dell’alcol, per molti sauditi poveri e quanti vengono dalle altre nazioni dell’Asia (o dell’Africa), il Captagon è una iniezione di forza come emerge da una inchiesta dell’Afp. “Posso lavorare per due o tre giorni senza sosta - racconta il 20enne operaio Faisal, che spende fino a 40 euro alla settimana in pillole - il che mi ha permesso di raddoppiare i guadagni e ripianare i debiti. “Finisco il mio primo lavoro esausto la mattina presto - osserva il giovane - ma la droga mi permette di svolgere un secondo impiego come autista di mezzi in condivisione”. Un immigrato egiziano attivo nel comparto edile rivela di aver iniziato ad assumere le pillole perché il suo capo gliele metteva di nascosto nel caffè, perché lavorasse più velocemente  e a lungo, “In poco tempo - ammette - io e i miei colleghi siamo diventati dipendenti”. Il prezzo può variare anche di molto, dai 25 euro delle compresse premium vendute ai ricchi sauditi fino a quelle adulterate e di bassa qualità a circa un euro. 

Assad e ribelli, affari per tutti

Quanti operano nel commercio illegale confermano, dietro anonimato, che i costi sono bassi e i profitti alti, tanto che se un solo trasporto su 10 va a buon fine l’operazione resta comunque un successo. Ai vertici del narcotraffico regionale vi è una rete formata da una cinquantina di persone di nazionalità siriana, libanese e saudita. Alcuni hanno forti legami con le popolazioni tribali dell’area, in particolare con la confederazione beduina di Bani Khaled, che dalla Siria e dal Libano estende i suoi tentacoli di legami e interessi a Giordania, Iraq e Arabia Saudita. Anche i numeri relativi ai sequestri, seppure una minima parte del traffico, sono consistenti: lo scorso anno le Forze dell’ordine hanno bloccato almeno 400 milioni di pillole in tutto il Medio oriente. Agenti della dogana e dell’anti-droga riferiscono che per ogni spedizione che sequestrano, altre nove vanno a buon fine. Ciò significa che anche con un prezzo medio contenuto di 5 euro per confezione e solo quattro su cinque che passano i controlli, il Captagon è diventato una industria da oltre 10 miliardi, con la Siria che vanta l’80% dell’offerta mondiale, almeno tre volte il bilancio nazionale. 

Nell’affare, inoltre, sarebbero coinvolti tanto la famiglia del presidente siriano quanto i gruppi ribelli e jihadisti. L’oscura rete di signori della guerra e profittatori che Assad si è comprato per combattere ne ha beneficiato in modo enorme, compresi gli Hezbollah libanesi che svolgerebbero un ruolo “significativo” nella protezione del commercio, anche e soprattutto lungo il confine. Rami Abdel Rahman, direttore dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, ong con base nel Regno Unito e una fitta rete di informatori sul territorio, sottolinea che “Maher al-Assad è uno dei principali beneficiari del commercio di Captagon”. Egli riceverebbe “una quota” a titolo personale, mentre il denaro ricavato dal traffico è usato anche per pagare i gruppi armati impegnati nelle diverse zone dove sono in atto focolai di conflitto, come Idlib. A volte la materia prima viene fornita in sacchi con gli stemmi dell’esercito, ma gli stessi gruppi ribelli sono inseriti a pieno titolo nel traffico sfruttando la via che dalle province di Sweida e Daraa, confinati con la Giordania, portano in Arabia Saudita.

“Il Captagon ha riunito tutte le parti in conflitto... Il governo, l’opposizione, i curdi e l’Isis” afferma un ex alto funzionario di Damasco. Anche in quest’area la droga “ha forgiato alleanze sulla carta impensabili”. Intanto, in Siria e Libano non si vedono prospettive di miglioramento e le crisi politiche, economiche e istituzionali sembrano destinate a durare nel tempo, consentendo alla droga di affermarsi come pilastro indispensabile per sostenere le casse due Paesi. “La Siria è diventata l’epicentro globale della produzione per scelta consapevole” conferma Ian Larson, esperto del settore e a capo della società di consulenza COAR. “Con la sua economia paralizzata dalla guerra e dalle sanzioni - aggiunge - Damasco ha poche altre opzioni sul piatto” mentre per produttori e trafficanti prevale la convinzione che si sia “solo all’inizio”.

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