18/12/2014, 00.00
SIRIA
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Siria, oltre 230 cadaveri in una fossa comune: massacrati dallo Stato islamico

La carneficina è avvenuta ad agosto nel villaggio di Kashkiya, nella provincia orientale di Deir al-Zour. I corpi appartengono a membri della tribù Sheitat e sono in grande maggioranza non combattenti. I capi della tribù non hanno voluto allearsi alle milizie jihadiste; la vendetta dei terroristi ha causato la morte di almeno 900 persone.

Damasco (AsiaNews/Agenzie) - Le milizie dello Stato islamico (SI) hanno ucciso e gettato in una fossa comune nel villaggio di Kashkiya, nell'est della Siria, i corpi di oltre 230 persone "la maggior parte dei quali civili". È quanto riferiscono gli attivisti dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, gruppo con base in Gran Bretagna, secondo cui le vittime sarebbero membri di una tribù che ha combattuto la scorsa estate contro il movimento jihadista nella provincia di Deir al-Zour. La fossa comune è stata scoperta dopo che i vertici dello SI hanno concesso ai membri rimanenti della tribù Sheitat di fare rientro nelle loro case. Una concessione annunciata dal leader Abu Bakr al-Baghdadi, a condizione di una resa totale e con la minaccia di uccidere eventuali "traditori". 

Il mese scorso le Nazioni Unite avevano rilanciato alcuni rapporti provenienti da fonti interne al Paese, che parlavano di massacri avvenuti lo scorso mese di agosto nella zona. Per gli esperti la carneficina è frutto della rappresaglia messa in atto dai jihadisti contro quanti opponevano resistenza nella zona; l'area per i terroristi riveste un'importanza strategica, per il controllo delle fonti petrolifere attorno alla cittadina di Mohassan.

Un sopravvissuto ha raccontato gli orrori perpetrati dalle milizie islamiste, che hanno "appeso numerosi cadaveri ai muri, mentre io e la mia famiglia cercavamo con tutti i mezzi di scappare". A riprova delle violenze jihadiste vi sono anche diversi video pubblicati in rete, in cui emergono le decapitazioni di massa compiute ai danni dei membri della tribù Sheitat. 

Nelle immagini si vedono alcuni combattenti deridere le vittime, prima di ucciderle nel contesto di esecuzioni sommarie; in alcuni casi i terroristi avrebbero prelevato persone ferite dai letti di ospedale, per poi decapitarle. Le uccisioni di massa sarebbero una risposta all'interruzione dei negoziati fra i due fronti, per il rifiuto opposti dai capi e dagli anziani della tribù di fornire il loro sostegno ai miliziani.

Il ritrovamento di ieri porta a 900 il numero dei membri della tribù Sheitat uccisi nel corso dell'estate. 

Dall'inizio della rivolta contro il presidente siriano Bashar al Assad, nel 2011, oltre 3,2 milioni di persone hanno abbandonato la Siria e altri 7,6 milioni sono sfollati interni. Almeno 200mila le vittime del conflitto, molte delle quali civili. Proprio nel contesto del conflitto siriano è emerso per la prima volta, nella primavera del 2013, in tutta la sua violenza e brutalità lo Stato islamico; da quel momento ha iniziato una rapida avanzata nei territori della regione, strappando ampie porzioni di territorio a Damasco e Baghdad e imponendo un vero e proprio regno del terrore. 

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