15/02/2023, 13.14
TURCHIA
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Sisma, p. Francis: ad Antiochia ‘odore di morte, non è rimasto nulla’

di Dario Salvi

Il parroco racconta una realtà di distruzione: dal campanile al minareto, la sinagoga, tutto è stato distrutto. Il ricordo delle persone che non si sono salvate, come “una mamma col suo bambino” e che “fa ancora male”. L’ecumenismo nel dolore: “ Celebro riti funebri di cattolici, ortodossi, protestanti”.

Milano (AsiaNews) - Ad Antiochia “non è rimasto nulla, non abbiamo elettricità né acqua, dormiamo all’aperto”, in città “si respira odore di morte” e chi può “è fuggito” a Marsin o in altre località in cerca di riparo. È una testimonianza drammatica quella affidata ad AsiaNews da p. Francis Dondu, parroco della chiesa dei Santi Pietro e Paolo, in uno dei centri più colpiti dal devastante sisma in Turchia e Siria del 6 febbraio scorso. “Il campanile della chiesa, il minareto, la sinagoga - prosegue, non è rimasto più nulla. Io sono qui dal primo giorno, per cercare di aiutare in una situazione di estremo bisogno, anche per seppellire i morti che sono tantissimi”. 

Il bilancio delle vittime cresce ogni giorno: a oggi il conto è di 41.219 morti accertati, di cui 35.418 nella sola Turchia che parla già dell’evento naturale più catastrofico della storia moderna del Paese. Mai, in 100 anni, si era registrato un sisma dalla portata così devastante; tuttavia, anche in questi frangenti continuano ad emergere piccole storie di speranza. A 212 ore dalla scossa principale i soccorritori hanno estratto viva dalle macerie ad Adiyaman una donna di 77 anni, identificata col nome di Fatma Gungor e ora si trova ricoverata in ospedale. 

“Il terremoto - ricorda p. Francis, originario di Bangalore (India), missionario in Turchia dal 2007 su invito di mons. Luigi Padovese - ha colpito mentre tutti dormivano. Ricordo che la chiesa [la canonica, dove dormiva il sacerdote ndr] si muoveva come una barca in mare aperto. Siamo subito corsi fuori e ho iniziato ad accogliere e aiutare persone che urlavano. Ci siamo prodigati al servizio di tantissime persone, evacuandole dalle case in macerie o che rischiavano di crollare, ma alcuni non siamo riusciti a salvarli”. Come nel caso di una mamma con una bambina piccola “che gridava disperata in cerca di aiuto, ma non c’è stato nulla da fare. Questo ricordo fa ancora male”. 

“Come sacerdote - prosegue - ho preso l’ovvia decisione di restare, almeno fino a che tutti i parrocchiani non saranno al riparo. Ancora oggi vi sono macchine enormi che scavano fra i detriti, la polvere è dappertutto, da poco hanno riaperto alcune strade e vi è movimento di persone, molti cercano riparo fra le tende e iniziano ad arrivare gli aiuti dopo due o tre giorni di isolamento perché le strade erano chiuse o disastrate”.

“Siamo qui per aiutare - aggiunge - anche solo per seppellire tutte le vittime cristiane. Ora non si fanno distinzioni di confessioni, celebro riti funebri di cattolici, ortodossi, protestanti”. Fra le molte emergenze, spiega, vi è anche quella “di dover seppellire i morti, abbiamo aperto apposta un cimitero, troviamo salme deformate, l’odore della morte è intenso, anche uscire e girare per la città fa paura per il tanfo maleodorante che si respira”. 

I bisogni sono enormi, ma spesso “non si può fare molto” ed è forte in tutti “il desiderio di andare via”. “Abbiamo vissuto un trauma enorme anche dal punto di vista psicologico - ammette - e io stesso sono rimasto profondamente colpito. Durante la notte non si riesce a dormire, ogni tanto si sentono nuove scosse. Le ultime nella notte, fra le 3 e le 4, di magnitudo 4.2 e destano immediatamente grande paura”. “Ci vorranno anni, almeno cinque o più - conclude - per ricostruire tutto, ma ci sono simboli del passato che ormai sono andati perduti” per un danno complessivo enorme dal punto di vista umano, economico, storico e spirituale. 

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