25/10/2016, 13.02
SRI LANKA
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Sri Lanka, al via raccolta firme per il rilascio di tutti i prigionieri politici

di Melani Manel Perera

La campagna è sostenuta dal Movimento nazionale per il rilascio dei prigionieri politici. In carcere si trovano ribelli tamil catturati prima e durante la guerra civile, ma anche alcuni singalesi. Attivisti contestano i metodi di detenzione e le accuse spesso estorte con la tortura.

Colombo (AsiaNews) – Gli attivisti del Movimento nazionale per il rilascio dei prigionieri politici hanno organizzato una raccolta firme in tutto lo Sri Lanka per chiedere la scarcerazione di tutti i detenuti ancora rinchiusi con false accuse e senza che sia stato condotto un processo a loro carico. Ad AsiaNews Marimuttu Sathivel, pastore anglicano che lavora per i diritti umani a Colombo, spiega il motivo dell’iniziativa: “Per il buddismo è una questione di ‘maithree’ [cordialità, bontà – ndr]. Per i cristiani una questione di amore e misericordia. Ma prima di tutto, è una questione di giustizia e pace”.

Secondo il pastore, che è membro del Christian Solidarity Movement (Csm), la detenzione dei contestatori in maggioranza tamil, incarcerati a più ondate prima e durante la trentennale guerra civile, “è diventata per la minoranza un motivo di profonda sfiducia nei confronti dei singalesi, e una barriera reale ai tentativi di riconciliazione nel Paese”. Secondo l’attivista, negli anni sono stati rinchiusi tutti coloro che “portavano avanti la lotta per una società giusta”. Di fronte alle accuse di terrorismo politico, spesso mosse contro questi prigionieri, egli replica: “Chi ha messo questa etichetta? È stata affissa dal governo, sostenuto dai media. Non dobbiamo dimenticare che il nostro Paese affrontava difficoltà politiche fin dagli anni Cinquanta, con una violazione continua dei diritti umani fondamentali e scontri etnici. È in questo contesto che i giovani tamil [i ribelli delle Tigri Tamil, Ltte – ndr] hanno abbracciato le armi. La reazione del governo è stata sopprimere questi giovani con una guerra, che ha strappato le vite di oltre 100mila persone”.

Il pastore anglicano ritiene che sia giusto arrestare i colpevoli delle violenze, ma “deve anche essere garantito loro un corretto percorso giudiziario. Questi prigionieri non sono stati arrestati in base alle leggi normali, ma con il Prevention of Terrorism Act (Pta), che consente alle forze dell’ordine di trattenere e compiere molestie fisiche e mentali senza formulare capi d’accusa”. In questo modo, denuncia, essi “possono essere detenuti per 10-15 anni, senza la possibilità di rilascio su cauzione”.

Per questo lo scorso 8 ottobre gli attivisti hanno iniziato una raccolta firme, che da Mannar (nel nord) si sposterà nella provincia occidentale di Negombo e poi nelle località settentrionali di Kilinochchi e Paranthan. La petizione pubblica terminerà a Colombo il prossimo 3 novembre e in seguito sarà presentata al presidente e al primo ministro.

Il Movimento si batte non solo per i tamil ma anche per i singalesi che si trovano in carcere, in numero del tutto inferiore. Il problema, conclude Marimuttu Sathivel, è che “i vertici dell’organizzazione [dei ribelli] sono stati presi in custodia, ma poi rilasciati subito dopo. Adesso in carcere si trovano solo gli innocenti, in totale mancanza di aiuto. Spesso le accuse sono controverse, oppure estorte con la tortura o altri metodi violenti, come lo strappo delle unghie o i colpi violenti ai genitali. Noi contestiamo la legalità di questi processi”.

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